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Salento e bambini: in viaggio per la costa adriatica

di Nostrofiglio Redazione - 14.03.2013 - Scrivici

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In viaggio per la costa adriatica salentina insieme a Eleonora, cinque anni, e la sua famiglia

Oggi decidiamo di portare Eleonora a vedere la costa adriatica del Salento, scegliendo delle località adatte alla curiosità e alle esigenze dei suoi cinque anni.

La leggenda di Torre dell’Orso

La nostra prima metà è il mare di Torre dell’Orso, località che fa parte del comune di Melendugno e che è stata più volte premiata con la Bandiera Blu per la trasparenza del mare. Appena trovato parcheggio ci regaliamo una ricca colazione salentina al bar con terrazza vista mare e ammiriamo subito la celebrità di questa spiaggia: i due faraglioni, così vicini e simili, che si stagliano a pochi metri dalla costa noti come “Le due sorelle”. “Perché si chiamano così?” mi chiede la bambina.

Le racconto che secondo la leggenda il nome deriva da due sorelle che un giorno decisero di sottrarsi alle fatiche quotidiane in campagna cercando refrigerio nel mare. Giunte a Torre dell’Orso, si tuffarono da una rupe nel mare in tempesta e non riuscirono più a ritornare a riva. Ma gli dei, mossi a compassione, le tramutarono in questi due suggestivi faraglioni.

In effetti anche oggi soffia un vento di tramontana che agita parecchio il mare e lo rende pericoloso.

Il bagnino, che fischia in continuazione ai bagnanti che si avventurano verso i faraglioni, ci spiega che sull’Adriatico il mare è calmo quando spira lo scirocco: praticamente il contrario di quanto succede sulla costa ionica. La prossima volta staremo più attenti… nel frattempo facciamo un bagnetto tranquillo vicino alla riva.

Il pranzo? Si fa un pic-nic in pineta!

All’ora di pranzo ci fermiamo al fresco di una pineta nei pressi dei Laghi Alimini, un’oasi protetta tra Torre dell’Orso e Otranto, e facciamo vivere a Eleonora l’emozione del suo primo pic-nic: ne ha sempre sentito parlare ma non aveva mai capito con precisione cosa fosse. Chissà cosa immaginava e soprattutto se la realtà corrisponde alle sue fantasie…

Proseguiamo la nostra gita verso sud ma decidiamo di tralasciare Otranto: fa troppo caldo a quest’ora ed Eleonora si annoierebbe a morte a girare per i vicoletti di questa cittadina che, pur deliziosa, è più adatta a coppiette romantiche o a famiglie con figli adolescenti.

I dolmen e i menhir del Salento: come spiegarli a un bambino

Preferiamo farle scoprire un Salento meno conosciuto, cioè quello dei dolmen e dei menhir sparsi nelle campagne a un pugno di chilometri da Otranto: ce ne sono talmente tanti che questa zona è stata ribattezzata il Giardino Megalitico d’Europa. Almeno 18 menhir e 5 dolmen, più uno scomparso, sono il curriculum d’eccezione di Giurdignano, paese contadino soprannominato la piccola Stonehenge pugliese, mentre a Martano si trova il menhir de Santu Totaru, uno dei più alti d’Italia, che raggiunge i 4,70 metri d’altezza.

Eleonora, che va ancora alla materna, mi chiede cosa siano “queste colonne e queste strane case di pietra”: le spiego che si tratta di costruzioni megalitiche (cioè fatte con grandi pietre) dell’età della pietra, mentre i dolmen sono delle tombe costituite da due o più piedritti verticali che sorreggono uno o più lastroni orizzontali. “Ah, sì, quelli che trasporta Obelix, l’amico di Asterix!” si ricorda la bambina. È vero, infatti le ho letto vari episodi dei fumetti degli eroi Galli che resistono all’invasione dei Romani, che ho amato così tanto durante la mia infanzia.

La storia e la paleontologia non sanno ancora dare una spiegazione precisa sull’uso di questi monumenti megalitici, ma qualsiasi fosse il loro ruolo questa zona doveva esserne protagonista. I menhir del Salento nel medioevo furono cristianizzati incidendo sulla pietra delle croci e ancora oggi in alcuni paesi vi è l’usanza, la Domenica della Palme, di fare delle processioni che terminano nelle vicinanze dei menhir dove vengono benedetti i ramoscelli di olivo.

Le torri e le masserie sulla cosa adriatica

Riprendiamo il nostro viaggio lungo la costa adriatica, disseminata di torri costiere, qualcuna ridotta a rudere, altre ancora fieramente in piedi, altre ancora ben restaurate: si tratta di torri di avvistamento, quasi tutte del XV-XVI secolo, spesso provviste di catapulte e armi da fuoco, erette a difesa delle incursioni di pirati e invasori provenienti dal mare.

Pare che ce ne fossero oltre 400, ma oggi se ne contano 58.

Anche le masserie hanno la stessa funzione: nate come insediamenti rurali nel medioevo, furono poi fortificate spostando l’ingresso al piano superiore con una ripida scalinata e con delle caditoie, cioè grossi fori che permettevano di difendersi con pietre e olio bollente in attesa di aiuti. Ma siccome non sembrano abitazioni degne di ospitare principesse, Eleonora non ne rimane affascinata più di tanto.

La grotta Zinzulusa a Castro e la leggenda

In pochi chilometri raggiungiamo Castro, suggestiva cittadina nota soprattutto per la grotta Zinzulusa, una delle più interessanti manifestazioni del fenomeno carsico, cioè l’erosione dell’acqua. Il nome Zinzulusa deriva dalla presenza, al suo interno, di numerose stalattiti e stalagmiti che alla luce del sole ricordano tanti panni appesi (detti zinzuli in dialetto salentino). Ma secondo l’immancabile leggenda il nome deriva dalla figlia di un barone crudele costretta a vivere di stenti vestita di stracci; una fata impietositasi la diede in sposa a un principe e le sue vesti furono gettate al vento e si pietrificarono all’ingresso della grotta nel cui interno fu rinchiuso il padre malvagio.

La grotta, che è lunga circa 150 metri, è invasa da acque sia marine che dolci, limpidissime e fredde. Per fortuna ho portato dei k-way perché all’interno la temperatura è di 20/22 gradi e anche se il fresco all’inizio è davvero piacevole perché contrasta con la calura estiva, dopo un po’ si avverte un’umidità terribile e più pericolosa dell’aria condizionata sparata al massimo in auto.

La Zinzulusa, la cui visita dura circa 20 minuti, è aperta dalle 9.30 alle 19 in estate (dalle 10 alle 16.30 in inverno) e il biglietto, comprensivo di guida, costa 5 euro (2 euro per i bambini da 3 a 11 anni).,

Eleonora è molto emozionata perché non è mai entrata in una grotta… Scendiamo delle scale che seguono la scogliera e arriviamo all’apertura della grotta e al suo ingresso; qui abbiamo trovato la nostra guida che insieme ad altre 6/7 persone ci ha condotto all’interno in un percorso tra stalattiti e stalagmiti fino a raggiungere l’ultimo salone, chiamato Duomo, alto circa 20 metri e abitato da pipistrelli, e un laghetto sotterraneo, dove in passato furono scoperti dei piccoli crostacei che si erano riparati nella grotta e vi rimasero all’interno per interi millenni.

Da questo punto non si può più proseguire. Un’esperienza davvero suggestiva che fa apprezzare sempre di più lo spettacolo della natura.

Tricase e la quercia vallonea, albero di 900 anni

Ritorniamo all’aperto alla calura estiva e ci dirigiamo verso Tricase alla volta della quercia vallonea: voglio mostrare a Eleonora questo straordinario albero di circa 900 anni, alto 19 metri e il cui tronco misura 4,25 metri di circonferenza, la chioma è larga 25 metri e copre una superficie di circa 700 metri quadrati. Un colossale monumento della natura, chiamata anche Quercia dei cento cavalieri perché secondo la leggenda offrì riparo durante un temporale a Federico II e ai suoi cento cavalieri armati alla fine del XII secolo. Secondo altre leggende la quercia sarebbe stato un centro di divinazione: alcuni oracoli greci, infatti, interrogavano il rumore delle fronde al vento per poter prevedere il futuro.

La bambina non crede ai suoi occhi: la quercia è davvero mastodontica e non vede l’ora di raccontare ai suoi compagni cosa ha visto durante questa vacanza salentina.

L’ultima meta salentina: Leuca, dove Mar Ionio e Mar Adriatico si incontrano

Dopo la foto di rito e un po’ di meritato relax al fresco della vallonea, riprendiamo l’auto e, mentre Ele fa i suoi microriposini nel suo seggiolino, ci avviamo verso l’ultima meta di questa intensa giornata: Leuca, l’ultimo lembo della nostra penisola che sembra si sporga sospeso sull’acqua là dove si uniscono il Mar Ionio e il Mar Adriatico. Il tacco d’Italia è un luogo davvero magico.

Saliamo sul promontorio di Punta Meliso dove sono situati il faro, secondo in Italia per importanza e la cui luce si vede fino a 50 km di distanza, e il santuario di Santa Maria di Leuca, costruito lì dove sorgeva il tempio dedicato alla dea Minerva: all’interno della chiesa, infatti, sul lato destro dell’ingresso, si trova un grosso masso monolitico, l’Ara di Minerva, a testimonianza dell’antico culto.

Da qui il panorama è davvero uno spettacolo: le case bianche, il vecchio porto con i pescherecci, il nuovo porto turistico con tutte le sue barche a vela, le spiaggette sabbiose alternate alle grotte che punteggiano la costa. Nelle giornate particolarmente limpide si vedono addirittura Corfù e le montagne della Calabria. “Sembra di stare sull’aereo…” dice entusiasta Eleonora.

Una scalinata di 284 gradini collega la basilica al sottostante porto facendo da cornice all’Acquedotto Pugliese che, terminando a Leuca, sfocia in mare.

La bambina insiste per capire dov’è la linea che separa i due mari, le spiego che le acque si confondono senza lasciare nessuna traccia. Ma poi osserviamo un leggero movimento di correnti e colori.... ci avviciniamo a un gruppo di turisti inglesi e la loro guida indica un punto sul mare dicendo che siamo davvero fortunati: in certi giorni come oggi, grazie alle correnti, quei movimenti di colori e di mescolio, visti dall’alto, creano un effetto ottico di tali proporzioni che ti fanno vedere una linea, ben distinguibile cromaticamente, di separazione tra le acque che assumono colori diversi nel punto di incontro, proprio in corrispondenza di Punta Meliso.

Il fenomeno è dovuto all’incontro tra le correnti provenienti dal Golfo di Taranto e quelle del Canale d’Otranto e ha da sempre suggerito alla fantasia popolare un confine fisico fra i due mari. Non si tratta allora di semplici convenzioni geografiche o nautiche, o di una trovata turistica! Insomma, grazie alla curiosità dei bambini siamo riusciti anche noi a vedere la linea dove “si incontrano” i due mari.

Il nostro viaggio si conclude qui, con questa magia all’estremo sud d’Italia. È tardi, siamo carichi di emozioni ed è ora di ritornare a casa. Domani relax totale in spiaggia.

La famiglia reporter

Ciao a tutti! Siamo la famiglia De Paolis: mamma M.Cristina, giornalista professionista di 46 anni, papà Giuseppe, ingegnere di 45 ed Eleonora, aspirante principessa di 5 anni e mezzo. Abitiamo a Milano ma abbiamo origini salentine e trascorriamo gran parte di ogni estate in questa meravigliosa zona che vanta due mari e una terra rossa come in nessun altro posto: ma anche se la conosciamo in ogni angolo, ci piace ogni volta riscoprirne luoghi, sapori e tradizioni. Da ricordare e riassaporare durante il grigio e lungo inverno milanese…

Leggi gli itinerari della famiglia in Salento

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