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Parli di economia e lui ... impara la matematica

di Angela Bisceglia - 06.03.2009 - Scrivici

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Come parlare di economia ai bambini? Qual è l’età giusta per far conoscere i soldi ai nostri figli? E la ‘paghetta’ è bene darla o no? Ne abbiamo parlato insieme ad Enza Autolitano, insegnante ed autrice del libro “Parlare di economia ai bambini… a partire dai soldi”.

Parlare di economia ai bambini

Come parlare di economia ai bambini? Qual è l’età giusta per far conoscere i soldi ai nostri figli? E la ‘paghetta’ è bene darla o no? Ne abbiamo parlato insieme ad Enza Autolitano, insegnante ed autrice del libro “Parlare di economia ai bambini… a partire dai soldi”, che ci ha dato qualche ‘dritta’ sull’argomento. “Difficile dare una risposta univoca ai vari quesiti” premette Enza Autolitano: “ogni genitore ha un proprio approccio con i figli, che potrebbe essere ugualmente giusto. Ci sono però alcuni aspetti da tenere in considerazione”.

Far conoscere i soldi? Un’ottima occasione di apprendimento! Quando iniziare a parlare di soldi? Teoricamente il prima possibile: è stato dimostrato che i bambini che già in casa hanno cominciato a fare operazioni semplici relative agli acquisti quotidiani della famiglia, una volta a scuola hanno avuto minori difficoltà nell’apprendimento della matematica.

Meglio con la fiaba. Per rendere più facile ed efficace l’apprendimento del concetto dei soldi, è molto utile ricorrere allo strumento della fiaba, che ai bambini piace sempre tanto. “Alcuni anni fa abbiamo ideato per le scuole la storia del principe Pepe, che aveva una montagna d’oro ma non poteva comprare nulla perché non aveva soldi” racconta la Autolitano. “E così Pepe decise di trasformare un po’ dell’oro della montagna in una pasta morbida da tagliare a pezzetti per ricavarne delle monete, con le quali fare i suoi acquisti. Ad un certo punto del racconto, Pepe deve compiere un viaggio e porta con sé una certa quantità di denaro. Come spenderlo? I bambini provano ognuno ad immaginare quali siano le spese necessarie e quelle superflue e come far bastare i soldi fino alla fine del viaggio. È stato interessante scoprire come ogni bambino cercava di calarsi nella situazione e faceva le sue operazioni, orgoglioso di gestire autonomamente un ‘budget’ senza ricorrere a mamma e papà”.

Il concetto del risparmio. Ma nella realtà, quando cominciare a ‘dare in mano’ i soldi ai bambini? “Anche verso i 5-6 anni” risponde l’esperta. “Naturalmente la quantità di denaro che daremo ai nostri figli sarà commisurata alla loro età, ma può essere un sistema valido per inculcare da subito alcuni concetti, come il senso del risparmio, perché fa capire che riempire il salvadanaio può servire per comprare in futuro qualcosa che piace”.

Il valore della rinuncia Avere dei soldi tutti per sé insegna anche a fare delle scelte e delle rinunce. A volte i bambini si incapricciano perché desiderano cose futili. Piuttosto che fargliele comprare subito o rispondergli un categorico no, riflettiamo insieme a loro: l’oggetto che tu vorresti è molto caro, vale davvero la pena di spendere tanti soldi per una cosa che non ti è necessaria e dopo un po’ non userai più? Insomma, meglio rinunciare ad un oggetto futile o ad una parte dei risparmi? Facendo questi ragionamenti, i bambini si responsabilizzano e diventano molto più attenti nelle loro spese, imparano a saper rinunciare, un aspetto non trascurabile in una società come la nostra, in cui a volte i bambini hanno troppo e subito, spesso ancor prima che lo chiedano.

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Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte… Per far prendere dimestichezza con il denaro, è utile anche abituare il bambino a fare piccole compere per la mamma o il papà. Mandarli all’edicola a prendere il giornale o al chiosco della spiaggia a comprare un gelato (sempre che ci siano le condizioni di sicurezza!) sono piccole azioni che aiutano a prendere dimestichezza con i soldi, responsabilizzano e consentono ai nostri figli di fare le loro operazioni matematiche immersi nella vita quotidiana.

La paghetta quando? Come la mettiamo con la paghetta, che, giunti ad una certa età, spesso i ragazzi chiedono ai loro genitori? “Ogni famiglia deve fare le sue scelte e decidere se e quando dare la famigerata paghetta, l’importante è far transitare il messaggio giusto” chiarisce la Autolitano.

“Se propende per il sì, è opportuno far capire al figlio che non è una cosa scontata e automatica, che gli spetta ‘di diritto’ ad una cadenza ben precisa, altrimenti il genitore rischia di diventare vittima della situazione (cosa succederebbe se una volta gli dicesse di no?). Il messaggio che deve arrivare è: “sono io genitore che decido che, siccome questa settimana ti sei comportato bene, hai aiutato la mamma, hai preso un bel voto a scuola ecc, voglio gratificarti, ma questo non significa che dovrà essere per forza così tutte le settimane”. Allo stesso modo, se i genitori non sono d’accordo a dare la paghetta, possono spiegare al figlio che loro ritengono opportuno dargli dei soldi in occasione di ricorrenze speciali o per gratificarli di qualcosa che hanno fatto in un determinato momento e non come appuntamento fisso. In ogni caso, la paghetta ha valore solo se il bambino o il ragazzo riesce a gestirla autonomamente. Non ha senso chiedergli di mettere i soldi in un libretto in banca, meglio dare un importo minore ma lasciarlo libero di autogestirsi. Più è piccolo, meno gli si darà, ma è importante offrirgli la possibilità di fare le sue valutazioni e le sue scelte.

Spendere… il tempo. “Mi si passi un’ultima considerazione” conclude Enza Autolitano. “È giusto parlare di economia ai nostri figli, ma la prima economia che dobbiamo imparare a gestire con loro è l’economia… del tempo! Un esempio? A volte i genitori spendono parecchi soldi per comprare costosi giochi elettronici ai loro figli, giochi che sicuramente li tengono impegnati in un’attività mentre mamma e papà possono occupare in altro modo il loro (pur prezioso!) tempo.

Perché non spendere molto di meno per fare un’attività insieme, come frequentare un corso in piscina? Sicuramente da un punto di vista organizzativo è più faticoso e ci sottrae del tempo, ma è molto più gratificante, perché è l’occasione per fare qualcosa insieme e, perché no, scambiare quattro chiacchiere durante il tragitto.

Ci sono attività che hanno un costo inferiore ma hanno un valore ben più grande!”

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