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Imparare le tabelline

di Maria Cristina Renis - 01.02.2012 - Scrivici

tabelline-bimbo
Fonte: Shutterstock
Chi non ricorda la prima, grande fatica sui banchi di scuola, imparare le tabelline? Da sempre, infatti, sono il primo “scoglio” che tutti i bambini devono affrontare nel corso della scuola primaria. Ecco i trucchi per aiutarli nell'apprendimento

Chi non ricorda la prima, grande fatica sui banchi di scuola, imparare le tabelline? Da sempre, infatti, sono il primo “scoglio” che tutti i bambini devono affrontare nel corso della scuola primaria. Ma come mai molti alunni riscontrano delle difficoltà nell’apprendimento delle tabelline? C’è un metodo che può aiutarli a memorizzarle in modo più efficace e, magari, anche divertente? È vero che sotto forma di gioco i bambini saranno più contenti di imparare la tavola pitagorica?

Ne abbiamo parlato con Camillo Bortolato, insegnante di matematica da 37 anni nella scuola primaria di Quinto di Treviso e autore di “Imparare le tabelline”, ed. Erickson, che oltre ad averci illustrato il suo metodo, ha spiegato che le tabelline non sono necessariamente fonte di fatica e frustrazione, anzi. Sono importanti perché promuovono dei momenti di introspezione del bambino. Ma vediamo che cosa intende e i trucchi per impararle.

Perché le tabelline sono importanti?

“Le tabelline sono un’acquisizione fondamentale in matematica, un passo obbligatorio per procedere nello sviluppo delle abilità di calcolo.

Ma non solo: il loro apprendimento sviluppa specifiche competenze di memoria utilizzabili per altre discipline, sono un’occasione privilegiata di potenziamento di abilità come attenzione, concentrazione e regolazione dello sforzo, studiarle rappresenta un’opportunità di successo per i bambini meno dotati sul piano delle competenze logiche, e soprattutto promuovono momenti di introspezione utili per i bambini, spesso impegnati in attività esteriorizzanti”.

Perché i bambini fanno fatica a imparare le tabelline?

“Perché hanno l’hard disk pieno, anche se dispongono di un processore molto veloce. Per memorizzare serve molta energia che però i bambini spesso non hanno perché sono troppo abituati a delle performance, per cui sono bravissimi dove non c’è da ragionare.

La memoria in realtà è un superamento dei nostri limiti, è fatta di una colla speciale che si chiama emozione, ma deve essere un’emozione di accettazione di questo mondo. Imparare le tabelline presume una conoscenza di sé, della propria anima: un’esperienza che consente di compensare i nostri limiti con un ordine mentale: dobbiamo trovare un posto e mettere tutto in cartelle separate”.

Ha un metodo da consigliare se il bambino fatica a imparare le tabelline?

“Il metodo analogico che è il modo più naturale di apprendere e si serve di analogie e metafore, come fanno i bambini. Nella via analogica c'è uno stato di visione interna: si vedono solo le cose che si dispongono spontaneamente nella nostra lavagna mentale secondo regole che non dobbiamo contagiare con la volontà”.

“Inoltre si immagini la memoria può essere paragonata a un’enorme libreria dove è possibile trovare ogni libro purché sia stato sistemato sempre nello stesso posto, ma prima ancora di mantenere lo stesso posto è necessario predisporre un archivio ordinato.

Bisogna portare il bambino alla costituzione di un’immagine mentale stabile".

  • UNA SCHEDA COLORATA PER OGNI TABELLINA "Per le tabelline suggerisco di immaginare per ognuna una scheda divisa in due parti (vedi sotto) con cinque tabelline da una parte e cinque dall'altra.

Per migliorare la discriminazione visiva tra i vari “armadi” il bambino può colorare con un colore diverso ogni scheda di tabellina. Il colore così diventa il primo particolare che consente il recupero”.

ES. tabellina del due

2x1 = 2

2x6=12

2x2=4

2x7=14

2x3=6

2x8=16

2x4=8

2x9=18

2x5=10

2x10=20

  • UN'IMMAGINE CHE ASSOMIGLIA AL NUMERO Nel libro Bortolato suggerisce immagini che aiutano l’alunno a ricordare il risultato per la somiglianza visiva. Per esempio un paio di occhiali ricorda il numero otto quindi può essere usato accanto alla tabellina 2x4=8 (si veda il pdf sotto).

  • UNA PAROLA CHE SUONA COME IL NUMERO Per i numeri dal 3 al 9 usa anche le parole 'gancio' che permettono un'associazione di suoni. Cioè l'associazione viene fatta tra alcune lettere del numero comuni ad alcune lettere del nome dell’oggetto: per esempio 3/re, 6/sedia.

  • FIGURE DI SFONDO PER OGNI TABELLINA Il libro inoltre suggerisce delle figure di sfondo per ogni tabellina. Le figure di sfondo hanno il compito di favorire la memoria mediante contenuti emozionali interni: per esempio il bue per la tabellina del 2, il treno per quella del 3, ecc.

  • UNA BREVE STORIA PER TABELLINA Per ogni tabellina il bambino può trovare una breve storia che, anche se non ha implicazioni nell’apprendimento, serve a creare suggestione. Solo così si bypassa il problema di mancanza di significatività dei numeri che, per loro natura, non si prestano a essere visualizzati emotivamente.

Il metodo delle associazioni è più efficace del metodo per ripetizione?

“A livello di impegno mentale il ricorso a tecniche di tipo associativo richiede all’inizio una maggior dose di energie, ma si traduce alla lunga in un risparmio di tempo e fatica.

È più facile imparare le tabelline in poco tempo con un apprendimento associativo piuttosto che in tanto tempo mediante una ripetizione meccanica. Riparare a errori di memoria è davvero difficilissimo. Insomma, così le tabelline possono diventare una sfida cognitiva piacevole e gratificante ed essere imparate molto più velocemente che mediante una faticosa ripetizione meccanica”.

Quanto tempo serve per imparare bene le tabelline?

“È impossibile dare una risposta per i singoli bambini, ma se si considera un’intera classe direi circa quattro mesi. Anche se i tempi da dedicare a ciascuna tabellina vanno valutati in termini settimane, con periodi di ricapitolazione.

Per esempio la prima settimana la tabellina del 2, la seconda quella del 3, la terza quelle del 2 e del 3, la quarta quella del 4, la quinta quelle del 2, 3 e 4, e la sesta quella del 5.

Bisogna quindi considerare un periodo di vari mesi perché c’è anche il processo dell’oblio perché nelle tabelline non c’è logica; e poi perché molti bambini fanno una pulizia giornaliera dell’hard disk”.

Qualche ulteriore consiglio per aiutare il bambino?

“Il bambino deve prima di tutto essere avvertito (e accettare) che sta per affrontare uno sforzo mentale: infatti se per raggiungere la padronanza dell’alfabeto deve imparare una ventina di simboli, per l’acquisizione della tavola pitagorica deve memorizzarne un centinaio.

Inoltre con le tabelline non può contare su componenti semantiche (come nel caso di una poesia da imparare a memoria), né su significati o tracce che leghino i vari significati tra loro.

Quindi memorizzare le tabelline diventa, più che un atto di comprensione, una performance di disciplina mentale.

Poi è fondamentale creare nel bambino una forte carica emotiva, soprattutto trasformare l’ansia di evitamento in ansia positiva di accettazione della sfida proposta. Come? Spiegando per esempio la convenienza del compito in termini di rendimento futuro o proponendo l’attività sotto forma di gioco.

Infine concentrarsi, allenando la mente, e quindi il corpo: perché corpo e mente devono essere concentrati in un’unica direzione. Un bambino deconcentrato, per esempio, vaga per l’aula con gli occhi, invece avrebbe bisogno di essere solo con se stesso per una lettura interna e per consentirgli di rovistare nei suoi ricordi”.

La capacità di usare il computer può agevolare l’apprendimento delle tabelline?

“L’interfaccia del computer è un sistema posizionale, perfetto per apprendere perché è fatto di icone in cui vengono classificati i vari dati. La difficoltà dell’apprendimento delle tabelline consiste nel fatto che bisogna trasformare in icone ciò che è senza volto, cioè i numeri. Con le tabelline è necessario chiudere gli occhi e consultare il mondo simmetrico che sta dentro di sé. Cosa vuol dire? Quando chiudiamo gli occhi cambia la rappresentazione del mondo: cessano le categorie dello spazio e del tempo che ad occhi aperti godono della perseveranza degli oggetti. Dentro tutto è sostenuto da altre regole. I bambini in difficoltà non chiudono mai gli occhi: il loro schermo mentale è spento, hanno costruito tutto su riferimenti esterni.

Invece vedere a occhi chiusi è un compito che chiama in causa le capacità di introspezione di ognuno, dell’insegnante, del genitore, dell’alunno. Significa riconoscere che la nostra mente ha dei limiti per quanto riguarda la percezione del tempo diversamente da quando abbiamo gli occhi aperti e siamo supportati dalla permanenza degli oggetti.

Significa imparare a consultare le immagini interne che si sviluppano inderogabilmente con le modalità del sentimento e che potremmo definire meglio come “emozioni di conoscenza” piuttosto che cognizioni.

I bambini devono imparare a vedere a occhi chiusi utilizzando la loro lavagna mentale, cioè rimanere fedeli a un criterio di rappresentazione interna spontanea della realtà, che è diversissima da quella esterna. Solo così possono avere successo, e quindi essere dei bambini felici”.

Quali sono i bambini che hanno successo in matematica?

“Sono quei bambini che non pensano direttamente alle operazioni risolutive quali addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione, perché non esistono nella nostra mente ma sono solo strumenti per il disbrigo finale del calcolo. Le vere operazioni della nostra mente sono “copia taglia incolla” come in Windows che rappresenta, con grande meraviglia, l’applicazione del metodo analogico nell’interfaccia con il computer”.

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