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Papilloma virus: che cosa dice la scienza

di Simona Regina - 28.06.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
I papilloma virus sono responsabili del 70% dei  tumori al collo dell'utero , ma possono causare anche tumori anogenitali e dell'orofaringe sia nella donna che nell'uomo

In questo articolo

Quella da papilloma virus umano (Human papilloma Virus) è la più comune delle infezioni a trasmissione sessuale, tanto che si stima che oltre l'80% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita. Il rischio di contrarre l'infezione comincia già con il primo contatto sessuale e può perdurare anche per tutta la vita.

L'infezione da HPV può essere transitoria (il virus viene eliminato dal nostro sistema immunitario), asintomatica (chi è infettato non si accorge di nulla) e solitamente guarisce spontaneamente (risoluzione entro 1-2 anni dal contagio). Nel 10% dei casi però l'infezione da papilloma virus diventa persistente e in questi casi potrebbe provocare degenerazione cellulare e progressione tumorale.

In particolare, due ceppi del virus HPV (16 e 18) sono responsabili da soli del 70% dei casi di cancro della cervice uterina. È dunque considerato il nemico giurato delle donne. «Ma nemmeno gli uomini se ne possono stare tranquilli in caso di incontro ravvicinato con questo agente patogeno. Per questo il nuovo piano vaccinale estende anche ai maschi la vaccinazione anti-HPV, come misura di prevenzione individuale, ma anche per ridurre indirettamente la diffusione del virus dagli uomini alle donne» spiega Pierluigi Lopalco, professore di igiene e medicina preventiva all'Università di Pisa, a cui abbiamo chiesto di aiutarci a fare chiarezza.

Che cos'è il papilloma virus

Il Papilloma virus umano è un virus molto comune tanto che, come segnala l'Istituto Superiore di Sanità, circa l'80% degli individui viene infettato nel corso della vita. «Si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali, o attraverso contatti interumani molto stretti: per contrarre l'infezione cioè può bastare un semplice contatto cutaneo nell'area genitale» spiega il Prof. Lopalco. E poi precisa: «in realtà quando si parla di Papilloma virus si fa riferimento a una classe di virus: ne esistono circa 100 tipi, alcuni sono inoffensivi, mentre altri possono causare malattie fastidiose ma benigne, come per esempio le verruche cutanee o quelle più fastidiose ai genitali (condilomi), le cosiddette creste di gallo, che possono colpire sia le donne sia gli uomini.

Altri invece sono cancerogeni».

Papilloma virus umano e cancro

Esistono più di un centinaio di ceppi di papilloma virus umano (HPV). Quelli in grado di infettare il tratto genitale sono più di 40, ma solo alcuni sono cancerogeni e vengono detti "sierotipi ad alto rischio". Quelli definiti "sierotipi a basso rischio", invece, sono la causa dei condilomi, verruche che compaiono nella zona genitale o anale, sostanzialmente benigni anche se altamente contagiosi. 

È noto per esempio che i ceppi 6 e 11 sono responsabili del 90% dei condilomi, mentre 16 e 18, come ricorda l'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, sono da soli responsabili del 70% circa dei casi di tumore della cervice uterina. I papilloma virus possono causare anche tumori anogenitali e dell'orofaringe sia nella donna che nell'uomo.

Secondo le stime dei National Institutes of Health statunitensi, il virus HPV è responsabile:

  • della quasi totalità dei tumori della cervice uterina;
  • del 95% dei tumori dell'ano (per lo più dovuti all'HPV 16);
  • del 70% dei cancri dell'orofaringe (in cui la trasmissione virale avviene attraverso il sesso orale);
  • del 75% dei cancri della vagina;
  • del 70% dei cancri della vulva;
  • del 60% dei cancri del pene.

Questi dati però variano anche a seconda del paese che si prende in esame. In Italia, ad esempio, l'Istituto Superiore di Sanità stima che l'hpv sia responsabile del 26% dei tumori dell'orofaringe, contro il 70% degli USA.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha sostenuto fin dall'inizio l'introduzione della vaccinazione, il 5% di tutti i casi di cancro nel mondo è associato all'infezione da HPV.

 

Quali vaccini sono disponibili

«A partire dagli anni Settanta, grazie a studi di classificazione ed epidemiologici siamo riusciti a identificare quali sottotipi cancerogeni fossero più frequenti e così sono stati messi a punto i primi vaccini» spiega Lopalco. Così, a partire dal 2006, è stato commercializzato il primissimo vaccino contro i papilloma virus.

«Il primo che abbiamo avuto a disposizione è il Cervarix: un vaccino bivalente contro due ceppi virali (il 16 e il 18) che da soli sono la causa di più del 70% dei tumori del collo dell'utero. Si tratta dunque di un vaccino pensato per prevenire questo tipo di tumore che è il più frequente e ad alta mortalità tra quelli causati da HPV» racconta Lopalco.

Successivamente è stato prodotto un vaccino a 4 ceppi, il Gardasil, che, oltre ad agire contro i ceppi virali responsabili del tumore al collo dell'utero, agisce anche contro due ceppi (tipi 6 e 11) non cancerogeni ma molto più frequenti e responsabili della condilomatosi genitale. «È stato quindi questo il primo vaccino proposto anche alla popolazione maschile».

Dal 2017 si è reso disponibile anche un terzo vaccino, detto nonavalente, che protegge contro altri 5 sottotipi (31-33-45-52-58) capaci di indurre il cancro. Un vaccino che, come riferito dal New England Journal of Medicine, non solo è una pietra miliare nella prevenzione del cancro dell'utero, ma estende la protezione anche ad altri sottotipi di HPV.

Perché vaccinare le femmine

Come accennato poco sopra, si stima che fino all'80% delle donne sessualmente attive si infetti con uno o più tipi di papilloma virus umano e addirittura che oltre il 50% si infetti con un sierotipo "ad alto rischio". Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno a oltre 500.000 donne viene diagnosticato un cancro al collo dell'utero, e 300.000 donne muoiono di questo tumore. Il cancro del collo dell'utero è tra i tumori più frequenti nelle donne ed è provocato da un'infezione da HPV in quasi il 100% dei casi. Evitando l'infezione da HPV si previene la possibile degenerazione cancerosa. 

Nel nostro paese l'infezione da papilloma virus è frequente, sia nella popolazione femminile che in quella maschile.

In Italia, infatti, vengono diagnosticati ogni anno circa 3.500 nuovi casi di carcinoma della cervice uterina e oltre 1.500 donne muoiono a causa di questo tumore. «Il vaccino protegge anche dalle infezioni croniche che – puntualizza Lopalco - anche se non dovessero evolvere in tumore, incidono negativamente sulla salute psicologica e sessuale della donna».

Attraverso la vaccinazione contro HPV è possibile dunque interrompere all'origine la catena che dall'infezione porta al cancro: generalmente dall'infezione all'insorgenza delle lesioni precancerose possono passare 5 anni, mentre la latenza per l'insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni.

In Italia, inoltre, si registrano ogni anno circa 130.000 nuovi casi di verruche genitali (condilomi) nelle femmine e 80.000 nei maschi, malattie sostenute anch'esse da alcuni ceppi di Papilloma virus.

Perché vaccinare i maschi

Il target primario del vaccino anti-HPV è la popolazione femminile perché di fatto il vaccino è nato quale arma per contrastare la malattia tumorale più frequente e dal più alto impatto a livello mondiale, il tumore al collo dell'utero, causata da questo agente patogeno. «Col tempo però ci si è resi conto che i benefici della vaccinazione potevano essere estesi a tutta la popolazione. Col vaccino, infatti, non solo i maschi si proteggono dalla condilomitosi, ma anche da cancro ai genitali maschili, al pene, all'ano e al carcinoma dell'orofaringe». Questi tumori in Europa colpiscono ogni anno in media 15.500 uomini, di cui circa 2000 solo nel nostro paese. Se osserviamo i dati, scopriamo inoltre che il tumore della bocca colpisce più gli uomini delle donne.

Se tutto questo ha a che fare con i vantaggi diretti e individuali che trarrebbe il maschio dalla vaccinazione anti-HPV, il pediatra Rosario Cavallo, referente nazionale per le vaccinazioni dell'Associazione Culturale Pediatri, sottolinea i vantaggi sociali che derivano dall'estendere la vaccinazione alla popolazione maschile. In pratica è considerata la migliore strategia di contenimento di questo virus.

«Ai genitori spieghiamo infatti che vaccinare i figli maschi contribuisce a evitare alcuni tumori maschili - che però sono eccezionalmente rari - e previene i condilomi - che invece sono relativamente frequenti e molto fastidiosi ma non mettono in pericolo la vita – ma è fondamentale in chiave solidale per la salute pubblica. Perché la vaccinazione della popolazione maschile ha un impatto sulla salvaguardia della salute femminile».

«In più parti del mondo, infatti, si è appurato che vaccinando sia i maschi che le femmine si abbatte la circolazione di HPV riducendo la catena di infezioni» spiega Lopalco, sottolineando dunque il riscontro di un buon effetto di immunità di gregge. In altre parole, «già semplicemente vaccinando le ragazze si è osservata una circolazione inferiore del virus anche tra le donne non vaccinate. Perché la donna vaccinata non può infettare l'uomo che a sua volta non infetta dunque la donna non vaccinata. E considerando che il maschio è il principale untore delle malattie a trasmissione sessuale, vaccinando anche i maschi l'effetto gregge diventa molto più evidente».

Attualmente secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità è opportuno vaccinare anche gli adolescenti maschi, come previsto in Italia dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019. L'FDA, l'Agenzia Americana del Farmaco, ritiene opportuno vaccinare i maschi dai 13 ai 21 anni, estendendo l'età massima di vaccinazione ai 26 anni per i maschi omosessuali.

A che età vaccinarsi

I vaccini sono indicati per bambini e bambine a partire dai 9 anni e non c'è un limite di età superiore, quindi volendo lo si può fare anche a 40 anni. «Ma sappiamo che più precoce è la vaccinazione maggiore è l'efficacia» ricorda Lopalco. Questi vaccini hanno infatti efficacia massima nei cosiddetti «soggetti naif»: vale a dire persone non ancora contagiati dal virus HPV, che si acquisisce, di norma, subito dopo l'inizio dell'attività sessuale.

Per questo la vaccinazione è consigliata prima della pubertà, prima dell'inizio di una vita sessuale attiva.

Dal 2008 in Italia la vaccinazione era a carico del sistema sanitario per le bambine di 12 anni (anche se a dire il vero alcune regioni avevano esteso l'offerta attiva della vaccinazione ad altre fasce di età). Ora con il nuovo Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 la vaccinazione gratuita nel corso del dodicesimo anno di età è prevista anche per i maschi. In Italia la maggior parte delle regioni prevede inoltre il pagamento agevolato per altre fasce d'età.

Il calendario vaccinale prevede la somministrazione di:

  • 2 dosi di vaccino a distanza di 6 mesi una dall'altra negli adolescenti fino ai 13/14 anni;
  • 3 dosi con distanza di 1-2 mesi (la seconda dose) e di 6 mesi (la terza) dalla prima dose per i ragazzi più grandi.

In sintesi Pierluigi Lopalco ricorda che i vaccini anti-HPV:

  • Sono efficaci: secondo studi clinici l'efficacia nei confronti dei ceppi virali inclusi nei vaccini è estremamente alta determinando un abbattimento delle lesioni.

 

  • Sono sicuri. Finora sono stati distribuiti oltre 180 milioni di dosi (del vaccino bivalente e a 4 ceppi) e su queste dosi si basano i dati sulla loro sicurezza. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità questi vaccini hanno un profilo di sicurezza ottimo.

 

  • Effetti collaterali: quello principale è un dolore nella sede di iniezione, che può durare 24 ore. Alcuni adolescenti hanno riferito di sentirsi il braccio paralizzato, indolenzito, dopo la vaccinazione, e questo ha contribuito a generare una certa ansia nei confronti di questo vaccino. In realtà sia i documenti dell'Agenzia europea per i medicinali sia quelli della Commissione globale per la sicurezza vaccinale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità escludono rapporti di causa-effetto tra eventuali disturbi tipo dolore cronico, sindromi neurovegetative e problemi motori e la vaccinazione anti-HPV.

Domande e risposte

Dopo il vaccino bisogna comunque fare il Pap test?

Sì, lo screening per il tumore della cervice uterina (Pap test) deve essere fatto anche dalle donne vaccinate. Il vaccino contro il papilloma virus è l’arma più efficace per prevenire la maggior parte dei casi di il tumore del collo dell’utero, ma non la totalità. Lo screening è quindi necessario anche per le donne vaccinate. Secondo quanto riportato dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, si stima che attualmente in Italia il programma di screening permetta di diagnosticare ogni anno circa 130.000 casi di lesioni precancerose.

Il preservativo è sempre necessario?

Assolutamente sì. Il preservativo bisogna continuare a usarlo anche dopo la vaccinazione anti-HPV per proteggersi dalle malattie a trasmissione sessuale.  

Fonti utilizzate:

  • consulenza del Prof. Pierluigi Lopalco, docente di igiene e medicina preventiva all'Università di Pisa;
  • Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, serve davvero il vaccino contro l'HPV?;
  • Istituto Superiore di Sanità, Infezione da HPV e cervicocarcinoma;
  • National Institutes of Health, HPV and Cancer;
  • Organizzazione Mondiale della Sanità, Human Papillomavirus (HPV) and cervical cancer.

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Revisionato da Francesca De Ruvo

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