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Un bambino che ama leggere sarà un adulto più felice

di Marzia Rubega - 09.07.2012 - Scrivici

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Come crescere bambini felici? Questa settimana nostrofiglio.it propone le riflessioni di Roberto Denti, noto scrittore di libri per bambini e proprietario della Libreria dei ragazzi, aperta 40 anni fa a Milano

In un angolo tranquillo, in mezzo ai libri, tra scrivania e pc, questo signore eclettico dallo sguardo acuto e vivace, appena mi siedo, inizia a parlare a ruota libera. Con le parole, Roberto Denti traccia disegni complessi, conditi da aneddoti, citazioni e ricordi della sua vita. Sembra quasi che il suo pensiero ondeggi creando intricate figure circolari: occorre ascoltarlo con attenzione per seguire le mille sfaccettature delle sue riflessioni. Lui, invece, non perde mai il filo del discorso e, tra esempi e racconti, torna a ribadire con forza un concetto, un punto di vista.

In questo caso, il rapporto tra bambini – ai quali dedica con passione il suo lavoro da quasi 50 anni - e libri che certo può contribuire (tanto!) a una crescita più felice.

Il piacere di leggere: un'abitudine che va data in famiglia

“Ma lei lo sa che l'80% delle famiglie non ha libri in casa?”, esordisce Roberto Denti, lasciando trasparire nello sguardo il suo disappunto (e forse anche una certa tristezza).

E continua: “Non c'è l'abitudine alla lettura. Io sento, spesso, dire 'andiamo a mangiare la pizza!' Cosa significa? Noi tutti parliamo la lingua che ascoltiamo a casa, non abbiamo certo nelle orecchie il finlandese o il cinese, no?

Impariamo tutto a casa, anche a camminare ci viene insegnato. Il libro non fa parte della vita familiare (la pizza invece sì). Non solo, ma alle elementari e alle medie viene trasformato in una materia didattica”.

In altre parole, alla scarsa presenza (o totale assenza) del libro tra le pareti domestiche, si aggiunge anche un approccio scorretto da parte della scuola che rende la lettura un obbligo. Ma non dovrebbe invece alimentare l'interesse - e il piacere - dei più piccoli che stanno imparando? - domando allo storico libraio.

“Le faccio un esempio clamoroso, tra i Paesi di Maastricht (Nda: Denti si riferisce ai 12 Paesi membri della vecchia Comunità europea che con il Trattato hanno fissato le regole per l'attuale Unione Europea), l'Italia è l'unico che non ha mai istituito biblioteche nelle scuole.

Quelle presenti si basano sul lavoro volontario, non sono istituzionali.

Una biblioteca presuppone spazio adeguato, patrimonio di libri e, ovviamente, soldi per aggiornarla, e personale specializzato. Come si può altrimenti decidere se per un certo ragazzino, a scuola, è meglio un libro di Moccia o Montalbàn?

Una volta, durante un convegno a cui ho partecipato, un signore francese ci ha trattato malissimo, esclamando: 'Ma come non avete biblioteche nelle scuole, ma cessi ne avete?' Io ho risposto di stare tranquillo che ne avevamo... Naturalmente, non ho detto che spesso le famiglie sono invitate a portare da casa rotoli di carta igienica!”, racconta Denti con aria sorniona.

I piccolissimi si conquistano al ritmo di filastrocche

Certo, la scuola ci mette del suo per suscitare antipatia verso la lettura - e la mancanza di biblioteche ben fornite e personale specializzato all'interno non aiuta - secondo Roberto Denti. Ma non bisogna dimenticare che la responsabilità, sopratutto nei primi anni di vita del bimbo, spetta alla famiglia.

“L'influenza che abbiamo verso un bambino è totalizzante - anche per quanto riguarda il libro - e comincia quando il piccolo esce dalla pancia. La mamma non è che parli tutto il tempo, eppure il bimbo ascolta lo stesso, a partire dal battito del cuore che ha un ritmo: non è un aspetto che possiamo ignorare. Oggi numerosi studi lo confermano mentre un tempo, certo, non si sapeva così tanto sulla vita nel grembo materno.

Di fatto, cosa si racconta al bimbo non importa: quando recitiamo una filastrocca, quello che conta davvero è il ritmo”, sottolinea Roberto Denti e continua, subito dopo, raccontando un episodio. “Mi è capitato di chiedere a un gruppo di bimbi intorno ai 9-10 anni se ne conoscevano qualcuna e tutti sapevamo Ambarabacci ci cocò. Se ci pensiamo e mettiamo in prosa la parte comprensibile di questa vecchia filastrocca è quasi pornografica!

Attenzione, dunque, il suono ha un peso spaventoso indipendentemente dal significato.

Quando la mamma dice a un bimbo molto piccolo: 'Stai buono, ora ti porto da mangiare!”, lui capta la situazione fonetica”.

Le fiabe, meglio raccontarle senza libro

Già i piccolissimi, dunque, sono molto sensibili al ritmo e apprezzano filastrocche, canzoncine, poesiole ben cadenzate, recitate o lette dalla voce nota della mamma. Una pratica importante che assicura una crescita più sana e felice da un punto di vista relazionale, emotivo, cognitivo e linguistico. A sostenere i vantaggi della lettura a voce alta, già dai primi mesi di vita è anche l'associazione Nati per Leggere.

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Quando il bimbo prende in mano un libro, all'inizio contano tantissimo le immagini – spiega Roberto Denti: “Viviamo in mezzo a un mondo fatto di colori, per i più piccoli, l'immagine è la totalità. Non a caso in libreria sono esposti di piatto, in modo che si veda la copertina, e non di costa. Ma non dimentichiamo che per migliaia di anni la fiaba è stata ascoltata, patrimonio della tradizione orale: il racconto ad alta voce permette a ognuno di immaginare, per esempio, la sua Biancaneve. Mentre adesso non è più così, si pensa quasi subito solo a Disney che porta alla Coca Cola e a McDonald... - afferma lo scrittore.

Lo interrompo e gli chiedo (quasi timidamente): “Scusi ma non sta esagerando?"

No, sembra che le fiabe siano quelle della Disney e dei film, molti bambini conoscono solo questa versione, e questo non va bene. Tutto ciò è un sintomo di quanto poco ci si interessi ai bimbi perché non c'è la voglia di occuparsi veramente di loro... E ripetere, magari, 20-30 volte la stessa storia di Biancaneve.

Ogni piccolo è un essere meraviglioso che impara tutto seguendo un modello e se questo modello, l'adulto, propone solo il libro del supermercato limita moltissimo le sue esperienze.

In passato, le fiabe sono sempre state raccontate, io ascoltavo Biancaneve e immaginavo come fosse. Il bimbo ha bisogno di imparare a passare attraverso infinite emozioni e così lo aiutiamo. Ogni fiaba ha la sua funzione, da un punto di vista simbolico e metaforico e contribuisce allo sviluppo immaginativo del bambino... Non a caso, le fiabe sono tra i racconti più vecchi del mondo”, continua questo instancabile oratore.

Allora, vediamo se ho capito bene, dico al mio interlocutore: se una mamma non ricorda una fiaba e preferisce leggerla non va bene? Impedisce al bimbo di immaginare i personaggi perché resta intrappolato nelle immagini di quel particolare libro?

“Se leggiamo le fiabe, quanto meno cambiamo le immagini e proponiamo libri diversi, in modo da stimolare il bimbo e fargli fare uno sforzo... Non possiamo aspettarci che poi lo faccia a 30 anni, no? Comunque, in questo modo, mostrando illustrazioni diverse, stimoliamo l'immaginazione...”, spiega Roberto Denti.

Aprite la porta della fantasia e il bambino troverà la sua strada

Roberto Denti ferma improvvisamente il suo flusso di parole – che seguo con estrema attenzione per non perdere qualche passaggio – e dice: “Mi raccomando, però, non confondiamo immaginazione e fantasia. In un primo momento, il bimbo usa l'immaginazione verso quello che conosce, poi cede alla fantasia che è il passo successivo perché lo porta a creare qualcosa di nuovo che parte da lì.

Dobbiamo mettere il bambino in condizioni di poter diventare quello che vuole – anche uno scrittore! - stimolandolo, la responsabilità è della famiglia”, afferma come all'inizio della sua riflessione.

“Se decidiamo di andare a Roma, noi possiamo farlo in treno, in aereo o in auto, Goethe è andato in carrozza, nel nostro caso, invece, c'è la possibilità di fare una scelta. Allo stesso modo, i bambini devono (sempre) avere l'opportunità di scegliere. Se io non sento il bisogno di leggere una poesia o un racconto, come posso passarlo al bambino?

La stessa cosa vale per la musica, se il bimbo ha un papà che ascolta Mozart o Mahler, non sa di cosa si tratti esattamente ma sente che c'è.

In altre parole, se l'adulto - che per il piccolo è il massimo - ascolta quella 'roba lì', vuol dire che non c'è soltanto il mezzo televisivo. E anche qui sta la possibilità di scelta.

Parliamo di libri, ma in realtà stiamo discutendo dell'importanza della famiglia: i bimbi non chiedono di venire al mondo, per migliaia di anni, la mortalità infantile è stata altissima, il 50% dei neonati non sopravviveva. Oggi, non è più così e il figlio è spesso desiderato, ma bisogna pensare bene prima all'impegno che si assume, alle esigenze del bimbo, e il libro è una parte fondamentale della vita”, afferma con forza l'autore di “I bambini leggono” (Il Castoro).

La lettura non deve essere un obbligo. Rispettate le scelte

La lettura dovrebbe essere una 'normale pratica' della vita di ogni bimbo, indispensabile tassello per il suo sviluppo sereno e felice come tanti altri aspetti: ma cosa può fare un genitore? - chiedo per capire se c'è un segreto...

“Alla fine, non importa se leggono, per esempio, la serie di Geronimo Stilton ma è importante quello che leggono oltre Stilton!”, risponde Roberto Denti. “Se io ho voglia di leggere Diario di una schiappa (Nda bestseller per ragazzini dai 9 anni) o Piccoli brividi (Nda serie horror di grande successo), tu adulto mi dici che sono cretino? Ecco, questo è un tipico atteggiamento sbagliato da parte dei genitori, non è giusto giudicare negativamente i libri che piacciono ai bimbi e ai ragazzi. Io per primo non salvo molti di questi libri di successo ma non è questo il punto. Non si deve criticare... Quanti bambini arrivano al piacere del libro attraverso Stilton? Bene, questo è quello che conta veramente.

Una volta mi hanno chiesto se penso che Harry Potter sia un capolavoro: be', al di là del mio parere, ricordiamoci, per esempio, che la generazione che mi ha preceduto leggeva Salgari che dicevano fosse scritto male”.

A questo punto, Roberto Denti fa una piccolissima pausa, mi guarda e passa a raccontarmi un aneddoto su Gianni Rodari per spiegare ulteriormente il suo pensiero su cosa significhi capire le esigenze dei più piccoli.

“La mamma di Gianni Rodari faceva la lavandaia e non giravano molti soldi. Nel '37, lui ha un colpo di fortuna: arriva a Gavirate (Varese) un industriale tedesco al quale viene suggerito il nome di Rodari per insegnare l'italiano ai suoi 2 figli. Così, comincia a dare lezioni a questi bambini, di 7 e 10 anni, e si accorge che imparano ma continuano a pensare in tedesco. Allora, si chiede come aiutarli, e mettersi davvero dalla loro parte... Semplice: Rodari impara il tedesco.

Con questo voglio dire che la cosa fondamentale è sforzarsi di capire veramente i bambini. Anche quando si tratta di un libro: non ha senso mettere in mano “Gente in Aspromonte” (Nda volume di racconti di Corrado Alvaro, considerato un esempio significativo del realismo del Novecento) o testi per adulti a un ragazzino di prima media.

Quando si sceglie un libro, dunque, si dovrebbe capire davvero a chi ci si rivolge e mettersi dalla parte dei bimbi, senza, però, fare i 'bambinisti'.

Oggi, certo, questo, si complica perché un bimbo di otto anni è più colto di Aristotele che pensava che i nervi partissero dal cuore... Ma i libri vengono fuori, se fanno parte, come tante altre cose, della vita quotidiana (e normale) della famiglia.

Siamo fatti di tante possibilità emotive che, se ci offrono condizioni giuste per usarle - o almeno conoscerle - non avremo neanche il tempo per dormire! E il bambino per la sua crescita ha diritto a tutte queste opportunità... Il libro è certamente una di queste grandi opportunità, non è una reliquia, fa parte del mondo... Quello di tutti i giorni”, Roberto Denti conclude così la sua lunghissima riflessione.

Roberto Denti, classe 1924, è Presidente onorario della Libreria dei Ragazzi, da lui fondata con la moglie Gianna Vitali nel 1972. A Cremona, sua città natale, inizia a 16 anni a lavorare in un giornale locale. Partigiano, per un periodo imprigionato dai fascisti, nel 1946 si trasferisce a Milano dove si laurea in Lettere e Filosofia. Qui entra come giornalista al quotidiano Sole 24 ore (allora Giornale 24 ore) che aveva sede nello stesso edificio dell’Unità dove conosce nel 1947 Gianni Rodari.

Nella sua carriera, pubblica anche un romanzo per adulti, “Incendio a Cervara”, recensito da Pasolini. Al 1976 risale il suo primo libro per ragazzi, “Vogliamo un tram”, uscito nella collana “Tantibambini” ideata da Bruno Munari per Einaudi. Nel 1978 esce “I bambini leggono”, il primo di una lunga serie di saggi dedicati alla letteratura per ragazzi.

Autore di moltissimi libri e collaboratore di giornali e riviste specializzate, si occupa anche di formazione e aggiornamento per bibliotecari e insegnanti e organizza attività nel campo dell'informazione.

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