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Mononucleosi nei bambini: contagio, sintomi e cura

di Angela Bisceglia - 22.01.2024 - Scrivici

mononucleosi
Fonte: shutterstock
Mononucleosi: sintomi e contagio della moninucleosi nei bambini e nei ragazzi. Quanto dura la malattia del bacio e come si cura 

In questo articolo

Mononucleosi

La mononucleosi è una malattia infettiva di origine virale molto contagiosa. Di regola è causata dal virus Epstein-Barr (EBV) che appartiene alla famiglia degli herpes virus, gli stessi virus che provocano varicella, herpes labiale o genitale e fuoco di Sant'Antonio. In alcuni casi è causata da altri virus come il Citomegalovirus. Abbiamo intervistato il pediatra Alberto Villani, responsabile dell'Unità di pediatria Generale e malattie infettive dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che ci ha spiegato tutto sulla mononucleosi nei bambini e adolescenti.

Perché la mononucleosi si chiama anche malattia ghiandolare o del bacio?

Si chiama anche malattia ghiandolare perché interessa varie ghiandole: una delle manifestazioni più tipiche è infatti l'ingrossamento delle tonsille, accompagnato in quasi tutti i casi da ingrossamento dei linfonodi del collo, talvolta della milza e del fegato.

Infine, è conosciuta come malattia del bacio poiché si trasmette attraverso lo scambio di saliva, come anche attraverso le goccioline respiratorie che si disperdono dopo colpi di tosse o starnuti, oppure utilizzando oggetti contaminati come giocattoli, posate, bicchieri e piatti. In effetti, il bacio non è affatto il primo responsabile della malattia, ma è più frequente che il contagio avvenga per esempio bevendo dallo stesso bicchiere.

Quanto è diffusa la mononucleosi e quali sono le fasce d'età più colpite?

Non ci sono dati certi al riguardo, perché spesso la mononucleosi ha sintomi molto sfumati che la fanno scambiare per altre forme di infezioni: per questo spesso non viene diagnosticata. Solo il 5-10% di coloro che prendono la mononucleosi ha sintomi manifesti, un altro 10% ha disturbi vaghi, come mal di gola e piccole macchioline sulla pelle, mentre la gran parte degli individui che entra in contatto con il virus di Epstein-Barr non presenta sintomi. Si è riscontrato però che, se in età adulta viene fatta la ricerca degli anticorpi nel sangue, nella maggioranza dei casi l'esito è positivo, segno che l'individuo ha avuto in passato contatti con il virus.

Quali sono le fasce d'età più colpite?

La mononucleosi si manifesta prevalentemente dall'età prescolare in poi e in particolare nell'adolescenza (tra i 15 e i 24 anni c'è il massimo picco di incidenza), mentre è rara sotto i 2 anni e dopo i 40 anni.

La mononucleosi dà immunità?

Da un lato, vero che dopo aver contratto la malattia si sviluppano gli anticorpi (le IGG, che sono la traccia dell'infezione passata), che proteggono da nuove infezioni provenienti dall'esterno. Dall'alto lato, però, è anche vero che il virus persiste a lungo nell'organismo e può dar luogo, sia pure di rado, a fenomeni di riattivazione, specie in momenti in cui le difese immunitarie si abbassano.

Un po' come succede al virus della varicella, che resta latente e può riacutizzarsi nel corso della vita dando origine al cosiddetto 'fuoco di Sant'Antonio', anche se per la mononucleosi le riattivazioni sono molto meno frequenti rispetto alla varicella.

Come già detto, non sempre la mononucleosi dà sintomi. Inoltre, più è piccolo il bambino, meno evidenti sono le manifestazioni, mentre nel bambino più grande e nell'adolescente è più facile che dia segnali, che sono differenti a seconda della fase della malattia.

Nella fase iniziale (7-15 giorni) possono comparire sintomi di tipo para-influenzale, come:

  • malessere generico, con stanchezza e svogliatezza;
  • mal di gola;
  • mal di pancia;
  • un po' di nausea e di mal di testa;
  • febbre non molto elevata;
  • talvolta sudorazione e brividi. 

Successivamente possono comparire sintomi più specifici:

  • infiammazione della gola, chiazzette rosse sul palato, ingrossamento e presenza di secrezioni sulle tonsille, che somigliano alle classiche placche della tonsillite e che rendono difficile e dolorosa la deglutizione;
  • febbre alta, sui 38-39°, almeno nella fase più critica della malattia;
  • ingrossamento dei linfonodi del collo e, meno di frequente, di altre sedi, come ascelle e inguine;
  • nel 10% circa dei casi, può comparire anche un esantema simile a quello del morbillo, determinato talvolta dalle stesse tossine dell'EBV, ma più spesso collegato all'assunzione di un certo tipo di antibiotico, l'amoxicillina: se il bambino cioè assume amoxicillina (magari perché la mononucleosi non viene riconosciuta e si pensa ad un'infezione batterica), può veder comparire chiazze su tutto il corpo. 
  • negli adolescenti è molto facile che si ingrossino la milza (splenomegalia) e il fegato (epatomegalia);
  • meno di frequente, ci può essere gonfiore alle palpebre.

Come avviene il contagio?

Come anticipato, la mononucleosi si trasmette attraverso lo scambio di saliva (per questo è chiamata anche malattia del bacio) o attraverso le goccioline respiratorie che si disperdono dopo colpi di tosse o starnuti.

Infine, può essere trasmessa attraverso la condivisione di oggetti contaminati da un soggetto infetto come giocattoli, posate, bicchieri, piatti o anche rossetti.

Il periodo di incubazione è di circa 10-15 giorni nei bambini, di 1 mese-1 mese e mezzo negli adulti.

Come si fa la diagnosi della mononucleosi?

La diagnosi è principalmente clinica se i sintomi sono manifesti. Se si hanno sospetti si fa un esame del sangue per dosare gli indici di infezione, la transaminasi, la bilirubina, ma soprattutto si fa la ricerca degli anticorpi specifici anti EBV, con il dosaggio delle IGM, che segnalano l'infezione in atto, e le IGG, che sono gli anticorpi 'della memoria' perché restano nel tempo e sono la traccia che si è avuta l'infezione.

Altri esami, come la reazione di Paul-Bunnel-Davidsohn, il cosiddetto monotest e il monospot, sono ormai considerati superati.

Non esiste una terapia specifica contro la mononucleosi.

La miglior cura consiste nel tenere il bambino a riposo e dare eventualmente paracetamolo se ci sono febbre alta e malessere. Non vanno somministrati antibiotici perché si tratta di una malattia virale. Questo a meno che non insorgano sovrinfezioni batteriche, tra l'altro poco frequenti, che deve comunque essere il pediatra ad accertare.

In casi selezionati ci può essere indicazione all'uso di cortisone per via orale, ad esempio se le tonsille sono talmente voluminose da provocare difficoltà a respirare o se la milza è davvero molto ingrossata. Ma ancora una volta deve essere il medico a rilevarne la necessità.

Come si può combattere la stanchezza del bambino con la mononucleosi?

E' sufficiente far dormire il bambino un po' di più, evitare di farlo affaticare eccessivamente, farlo alimentare regolarmente. Talvolta può essere utile un integratore multivitaminico, sempre dietro consiglio del medico, perché i processi infettivi e in generale gli episodi di malattia "consumano" facilmente vitamine e micronutrienti come zinco e ferro.

Come comportarsi se il bambino con la mononucleosi non ha appetito?

E' una reazione normale e non c'è da preoccuparsi, considerato che si tratta di una inappetenza passeggera e che i bambini occidentali hanno il problema opposto di essere sovralimentati, quindi qualche giorno di 'dieta' non arreca alcun danno.

Per quanto tempo la mononucleosi è contagiosa e dopo quanto tempo si può tornare a scuola e a fare sport?

La mononucleosi è contagiosa dal momento in cui compaiono i primi sintomi mentre non è contagiosa nella fase di incubazione.

La durata della contagiosità è variabile: se nella grande maggioranza dei casi il virus viene eliminato in poche settimane, in alcuni soggetti può permanere nella saliva anche per molti mesi. Si può dire che una persona è contagiosa fino a quando le IGM risultano positive, segno che il virus è ancora in circolo nell'organismo.

Dopo quanto tempo il bambino con la mononucleosi può tornare a scuola?

Di norma dopo 2-3 giorni dalla scomparsa della febbre. Se poi ha avuto disturbi più importanti, con una stanchezza più marcata, può essere opportuno tenerlo a casa qualche giorno in più. E' vero infatti che si tratta di una malattia debilitante, soprattutto dal punto di vista immunitario, per cui il bambino per alcune settimane è più vulnerabile nei confronti di altre infezioni.

Dopo quanto tempo il bambino con la mononucleosi può riprendere l'attività sportiva?

Dopo una settimana senza febbre, a meno che non ci sia stato un notevole aumento del volume della milza, che rende consigliabile evitare sforzi o rischio di traumi. In tal caso sarà il pediatra a suggerire i tempi della ripresa.

Quanto dura la mononucleosi nei bambini?

Nella stragrande maggioranza dei casi, la mononucleosi è una malattia fastidiosa ma non grave, che ha un decorso benigno.

Dopo la fase iniziale con sintomi blandi, che dura 7-15 giorni, la mononucleosi ha una fase acuta di circa 15 giorni, con la comparsa dei sintomi più importanti, dopodiché la gran parte dei disturbi scompare spontaneamente.

Solo la stanchezza può durare ancora per settimane o anche mesi.

Quali sono le possibili complicanze della mononucleosi?

La prima cosa da sottolineare è che le complicanze della mononucleosi ne costituiscono l'eccezione, non la regola. Quella da sempre più temuta è la rottura della milza, ma è un'evenienza che può capitare solo quando la milza si presenta particolarmente ingrossata e si subisce un trauma nella zona. Rare anche altre complicanze, che possono essere tra le più svariate e possono riguardare vari apparati dell'organismo, inoltre si può riscontrare riduzione temporanea del numero di alcune cellule del sangue (piastrine, granulociti) e dell'emoglobina.

Nei casi in cui la mononucleosi presenti sintomi più importanti e persistenti, sarà il medico a monitorare con attenzione il decorso della malattia.

Quali sono le regole di prevenzione della mononucleosi?

Prevenire la mononucleosi è difficile, anche perché i sintomi sono spesso sfumati e non si sa di averla e quindi di essere contagiosi.

Come regole generali sono sufficienti le normali misure di igiene, come usare bottigliette, stoviglie ed asciugamani personali, lavare le stoviglie con il detersivo, a mano o in lavastoviglie. Non occorrono lavaggi 'sterilizzanti' a temperature particolarmente elevate: quel che bisogna evitare è di risciacquare solo con acqua le stoviglie usate.

Mio figlio grande ha la mononucleosi e ho un altro figlio di pochi mesi: può essere pericolosa per il piccolo?

Non è il caso di mettere il fratello grande 'in isolamento', ma per precauzione bisognerà evitare di fargli baciare il neonato, di stargli a stretto contatto, di dargli giocattoli o oggetti vari che ha messo in bocca.

Per il resto, si consideri che quasi sempre la mamma ha già contratto in passato la mononucleosi, per cui in gravidanza, per via transplacentare, gli ha passato i suoi anticorpi, che lo proteggono nei primi mesi di vita.

No. La mononucleosi non è tra le malattie che, contratte in gravidanza, procurano malformazioni fetali o aumentano il rischio di complicanze.

L'unico inconveniente è che può ridurre le difese immunitarie della futura mamma ed esporla maggiormente ad infezioni, per questo vale comunque la pena seguire le solite regole igieniche di prevenzione: evitare il contatto diretto con la saliva, non scambiarsi le posate e non mangiare il cibo avanzato nel suo piatto.

Altre fonti per questo articolo:

Domande e risposte

Come fanno i bambini a prendere la mononucleosi?

La malattia si trasmette attraverso la saliva o lo scambio di oggetti contaminati: per questo è facile che i bambini la prendano attraverso giocattoli condivisi o lo scambio di bicchieri o asciugamani.

Chi ha la mononucleosi può andare a scuola?

Il bambino può tornare a scuola dopo 3-5 giorni dalla scomparsa dei sintomi, ma siccome la mononucleosi può essere un po' debilitante è bene non affrettare i tempi e dare al bambino tutto il tempo necessario per recuperare energia.

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Revisionato da Francesca Capriati

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