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A scuola a cinque anni, esperti divisi

di Nostrofiglio Redazione - 05.02.2009 - Scrivici

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Medici, psicologi e in generale esponenti del mondo scuola hanno opinioni diverse: c'è chi è a favore dei 'primini' e chi invece vota contro. Acerrimi nemici gli steineriani, mentre ai genitori la possibilità dell'anticipo sembra piacere sempre di più. Soprattutto al Sud.

Alla scuola primaria è previsto l’obbligo di iscrizione per i bambini che compiono sei anni entro il 31 dicembre 2009, ma la possibilità di accesso a chi raggiunge i sei anni entro il 30 aprile 2010. Alla scuola dell'infanzia inoltre sono ammessi i bambini che compiono tre anni entro il 31 dicembre 2009 e, in presenza di “particolari condizioni” (disponibilità di posti, soprattutto), chi li compie entro il 30 aprile 2010 (continua anche il progetto delle sezioni primavera).

“Si tratta di un provvedimento legato al welfare — ha detto il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini che dà il nome alla riforma —: volevamo andare incontro alle famiglie, dare una mano alle coppie che lavorano”.

A scuola in anticipo, che cosa dicono gli esperti? Il Corriere della sera ne ha interpellati diversi. La conclusione: sul tema c’è divergenza di vedute. Spetta ai genitori decidere. Italo Farnetani, pediatra e docente all'Università di Milano Bicocca, dice: “L'avvio degli studi a sei anni non ha mai avuto una valenza pedagogica, ma fu stabilito dalla legge Casati del 1859”. Quanto poi alla crescita del bambino, Farnetani dice: “Fino ai cinque anni si vive la fase preoperatoria, il minore è come un pc, immagazzina informazioni ma non fa ragionamenti autonomi. Dai cinque agli undici è nella fase delle operazioni concrete, ragiona su ciò che vede. Quindi passa alle operazioni formali”. Auspicio del medico: “Sarebbe opportuno che tutti cominciassero la scuola a cinque anni”.

Più cauto lo psicologo Fulvio Scaparro, invece, dice: “I genitori non si facciano prendere dalla fretta e sappiano che il "prima comincia, prima finisce" è un'illusione”. Però, “fermo restando che ogni bambino ha il suo passo, non credo che pochi mesi di anticipo siano una tragedia”.

Maria Rita Munizzi, presidente del Moige (il movimento dei genitori), condivide l'anticipo “come libertà di scelta”. Il motivo: “I bambini di oggi sono sottoposti quotidianamente a numerosi stimoli, sono più ricettivi rispetto a quelli di vent'anni fa. Per questo sono pronti ad affrontare un po' in anticipo la scuola primaria”. A una condizione: “Ogni caso va considerato singolarmente».

Scettica, invece, Maria Grazia Colombo, presidente dell'Agesc, l'associazione delle scuole cattoliche: “Anticipare significa imporre tappe diverse, voler affrettare un percorso. I bambini avvertono la fretta degli adulti, e invece con loro bisogna avere pazienza”. Domenico Pantaleo, segretario generale di Flc-Cgil, si chiede: “A quell'età l'ansia può provocare disastri”.

Ma i più acerrimi nemici dell’anticipo sono gli steineriani. La regola delle loro scuole è di iniziare tra i sei e i sette anni, quando maestri e medico riscontrano alcune caratteristiche nel bambino, dalla crescita degli arti alla caduta dei denti da latte. “Solo a quel punto — dice al Corriere Andrea Scicchitani della scuola milanese di via Pini — si può affrontare un cammino al di fuori della famiglia”. Aggiunge: “In Finlandia, primo Paese nella classifica Ocse, si comincia il percorso didattico a sette anni”.

Ma ai genitori la scuola in anticipo sembra piacere sempre di più. Nel 2005 (la riforma Moratti permetteva già l’anticipo) gli studenti anticipatari erano l'8,7% del totale di iscritti in prima, nel 2006 erano il 9,8 (55.858), nel 2007 il 9,2 (51.082) e quest'anno si arriva a 48.615 su 451.826 (di nuovo il 9,8). Il record è della Campania che, con 11.963 “morattini” su 51.046 iscritti alla prima elementare, conferma una tradizione tutta del Sud.

Leggi anche: Primi giorni di scuola

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