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6 consigli per superare le paure del parto

di Concetta Desando - 06.05.2014 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Mi servirà un cesareo? Il bambino resterà incastrato? Arriverò in tempo in ospedale? Sono alcune delle paure che hanno molte mamme in vista del parto. La rivista FitPregnancy ha stilato una lista di 6 consigli per superare le paure e affrontare il parto con fiducia

Complimenti, tu e il tuo lui siete stati bravi: avete messo in cantiere un bel bebè. Se non è il primo, sai già a che cosa vai incontro. Se invece quello che cresce dentro di te, e che per ora si limita a spedirti dritta in bagno appena sveglia, è il tuo primogenito, è normale che tu abbia dubbi, perplessità, e magari anche paura di quello che succederà. Soprattutto di quello che accadrà quando arriverà finalmente il momento fatidico di dare alla luce il tuo bambino.

La rivista FitPregnancy ha raccolto in un articolo le FAQ, le domande più frequenti delle primipare, dando una risposta a ognuna di esse. Perché, spiega il giornale “avere fiducia è la chiave per affrontare il parto con successo: le donne che sanno a che cosa vanno incontro, secondo una ricerca della Ohio State University, hanno maggior controllo su ciò che succede e, credendo di più nelle loro capacità, sono anche in grado di applicare con più efficacia le tecniche che hanno appreso”. Perché, spiega la direttrice del programma di ostetricia e ginecologia della George Washington University, Jenny Keller, “il parto è un evento altamente emotivo e largamente incontrollabile. Quindi è importante discutere di ciò che ti spaventa prima che accada”. Parlarne con il ginecologo, del resto, secondo uno studio pubblicato su BMC Pregnancy and Childbirth, può aiutare ad avere un parto meno doloroso, a evitare il cesareo e, in generale, a vivere un’esperienza decisamente più appagante. (Tutto sul parto)

Ecco allora quali sono le paure più comuni e come affrontarle.

1. Mi servirà un cesareo

In Italia, Paese dove questa pratica – secondo i dati più recenti – viene utilizzata fin troppo spesso, subisce il cesareo il 38% delle partorienti. Ma non è detto che tu debba rientrare in quella percentuale: le primipare che non hanno una gravidanza gemellare, che non hanno problemi di salute, che giungono a termine e che iniziano spontaneamente il travaglio hanno (o dovrebbero avere, secondo le raccomandazioni dell’Oms) un tasso di cesarei non superiore al 15%.

Se, tuttavia, il tuo ginecologo raccomandasse il cesareo, “puoi sempre chiedergli di provare prima con il parto naturale – suggerisce Shelley Scotka, doula (cioè un’assistente al parto) texana – . O discutere con lui di quali sono i rischi e quali i benefici del cesareo”. Nel caso in cui, alla fine, l’intervento si riveli necessario, tutto ciò che serve sapere è che dura mediamente 45 minuti. (Leggi anche: Cesareo, tutto quello che devi sapere)

2. Non sopporto il dolore

Il parto è doloroso, c’è poco da fare. Ma anche il dolore ha il suo perché: “Spinge la partoriente a mettersi nella posizione migliore per il travaglio prima e per il parto poi”, spiega Shelley Scotka. Per aiutare le partorienti a provare meno dolore, però, ci sono diverse strade. Ad esempio, frequentare un corso di yoga prenatale: imparando a controllare la respirazione e a rilassarsi, si riesce ad affrontare meglio anche il dolore del parto. E lo stesso succede frequentando un corso pre-parto, durante il quale viene insegnato il modo migliore di respirare e quali posizioni è meglio assumere nei diversi momenti. E poi c’è sempre la possibilità di chiedere l’epidurale: con l’avvertenza, però che, togliendo la sensibilità al corpo al di sotto della vita, questo tipo di anestesia – secondo un recente studio pubblicato su Obstetrics and Gynecology – prolunga il tempo necessario per partorire. (Leggi anche: Dolori del parto, a cosa paragonarli)

3. E se il bambino resta incastrato?

Di per sé, i bambini non si “incastrano” nel bacino o nel canale del parto. Ma almeno la metà dei cesarei non pianificati si verifica perché, in effetti, qualche problema c’è. Il fatto che tu abbia i fianchi stretti, però, non significa che avrai più difficoltà a partorire. Il consiglio della doula Shelley Scotka, comunque, è quello di non irrigidirsi: “Muoversi aiuta il bambino a scendere nel canale del parto. E fare esercizi sulla palla da parto, provare le posizioni e imparare a muovere il bacino come nella danza del ventre aiuta l’apertura del bacino, facendo più spazio per l’uscita del bebè”.

Ma se, nonostante tutto, il piccolo avesse difficoltà a uscire, i medici sono lì apposta. (Il parto minuto per minuto)

 

4. Mi lacererò o mi praticheranno un’episiotomia

L’episiotomia, cioè il taglio del perineo (la zona tra vagina e ano) per evitare lacerazioni del tessuto, in Italia viene praticata in circa il 60% dei parti naturali (nel 12% dei casi negli Usa), ma la pratica è controversa. Teoricamente vi si dovrebbe ricorrere solo se vi è il pericolo di una lacerazione estesa, oppure se c’è difficoltà nell’espulsione del feto, o ancora se vi è necessità di accelerare il parto. Quando viene praticata, comunque, si cicatrizza in poche settimane. Se invece non viene praticata, è possibile che avvenga una lacerazione (che guarisce generalmente in 5-6 settimane), ma ciò accade quando la pelle e i tessuti non sono abbastanza elastici. Per evitare la possibilità di una lacerazione, può essere utile praticare il massaggio perineale, una tecnica generalmente insegnata dalle ostetriche durante i corsi di preparazione al parto: consiste nell’introdurre nella vagina uno o più dita e, aiutandosi con un olio (ad esempio a base di mandorle dolci), massaggiare sia all’esterno sia all’interno per qualche minuto ogni giorno, così da ammorbidire e rendere più elastici i tessuti. Al momento del parto, poi, può essere utile applicare sul perineo compresse calde che riducono il rischio di lacerazioni. (Potrebbe interessarti Episiotomia: è sempre necessaria?)

5. Che vergogna se dovessi farla sul lettino…

Beh, è molto probabile che succeda: quando la testa del piccolo scende attraverso il canale del parto, “spreme” il retto come se fosse un tubetto di dentifricio. Ed è possibile che insieme al bebè esca anche un po’ di pupù. Ma succede a molte donne, non c’è nulla di anormale. Purtroppo, non c’è modo di essere certi che il colon sia vuoto prima di iniziare il travaglio, quindi l’unico suggerimento è quello di non preoccuparti: l’infermiera in piedi davanti a te è pronta a pulire nel caso succeda.

(Leggi anche Paura del parto, come affrontarla)

6. Potrei non fare in tempo ad arrivare in ospedale

Per il primo figlio, generalmente, il travaglio è piuttosto lungo: c’è tempo in abbondanza per raggiungere il reparto. Il rischio, semmai, è il contrario: cioè quello di presentarsi troppo presto (quando la cervice è dilatata meno di 4 centimetri) e di essere rimandata a casa. Per evitare di fare avanti e indietro, il consiglio della dottoressa Jenny Keller è quello di andare in ospedale solo quando si rompono le acque o di basarsi sulle contrazioni seguendo “la regola del 5-1-1: contrazioni ogni 5 minuti, ognuna della durata di un minuto, per almeno un’ora”. Se la regola è rispettata, si può partire per dare alla luce il bebè.

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Aggiornato il 03.05.2018

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