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Il decalogo per diventare mamme imprenditrici

di Francesca Amè - 15.01.2014 - Scrivici

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Sono sempre di più le mamme che dopo la maternità si re-inventano il lavoro, anche a causa del posto fisso sempre più introvabile e delle difficoltà di conciliare famiglia e lavoro. Ecco 10 consigli per chi vuole partire per una nuova avventura lavorativa

Carriera o figli? Part-time verticale o full time? Casalinga o manager? Oppure, tutta un’altra scelta: sono sempre di più le madri di famiglia che decidono di mettersi in proprio.

La molla al cambiamento sono il desiderio di conciliare meglio famiglia e lavoro, libere dagli orari fissi e le riunioni alle 19, realizzare un’attività che piace, mettere a frutto talenti troppe volte castrati in un mondo del lavoro asfittico e spesso miope nei riguardi delle donne.

Gli americani, al solito più lesti di noi nel trovare i nomignoli giusti, hanno battezzato queste madri ‘mompreneurs’ (da moms e entrepreneurs, mamme e imprenditrici): sono le donne che dopo la maternità si re-inventano la vita e il lavoro, madri molto attive sulla Rete, brave a captare le nuove opportunità del mercato per creare dal nulla un’attività, magari family-friendly cioè amica delle famiglie o dei bambini.

In Italia, dove il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi d’Europa e dove le donne, che pur conseguono migliori risultati a livello scolastico, sperimentano una più elevata instabilità professionale (il 21% delle occupate è a contratto a termine), la ‘carica’ delle mompreneur è anche una reazione a un mercato del lavoro duro nei confronti delle madri (che hanno una probabilità di lavorare inferiore al 30% rispetto alle loro coetanee senza figli). Nell’ultimo biennio si è registrato, specie nelle regioni del Nord Italia, un incremento delle titolari femminile di partite Iva. C’è chi apre un’attività per contribuire al bilancio familiare, chi per reazione a un licenziamento subìto o a un contratto a termine non rinnovato o, peggio, a un mobbing sfacciato. Gli esperti ritengono che ci siano circa un milione di donne italiane che hanno fatto una scelta simile.

Le mompreneur sono creative: fanno impresa con l’e-commerce, il design, l’import-export di giochi educativi o accessori, aprono nidi, ludoteche, organizzano agenzie di baby-sitting, ma anche di marketing, di selezione del personale.

Se anche voi avete un’idea in testa ma non sapete come realizzarla o vi piacerebbe mettervi in proprio, ecco i ‘dieci comandamenti’ per iniziare bene l’avventura:

1. Fai chiarezza

La prima domanda cui devi rispondere con onestà è: ‘il mio progetto è davvero realizzabile?’

2. Concentrati: dove e come puoi realizzare la tua idea?

Non è importante che sia assolutamente innovativa, non tutti devono aprire delle start-up (cioè un’impresa con un’idea innovativa): è importante però mettere a fuoco qual è l’area di business che si vuole coltivare.

3. Fai un piano d’azione

Tecnicamente di chiama ‘business-plan’: è il piano dell’azienda e del progetto che vuoi mettere in piedi. E’ il passo fondamentale da cui partire: investi molto tempo nella sua preparazione. Ci sono associazioni di categoria che aiutano a farlo, informati nella tua zona.

4. Seleziona e dettaglia

Il primo passaggio del business-plan sta nella sua parte descrittiva che diventa il ‘biglietto da visita’ e la presentazione della tua futura impresa a possibili investitori, finanziatori o soci.

Indica chi sei, descrivi che cosa vuoi fare esattamente e nel dettaglio, precisa quali potrebbero essere i tuoi clienti.

5. Fai la “carta d’identità” della tua società

Come e dove sarà la tua impresa? All’inizio magari in casa, con te sola, oppure avrai fin da subito bisogno di un aiuto o di un socio?

La forma giuridica iniziale è molto importante: impresa individuale o familiare? Srl o cooperativa?

Esistono molte modalità, compreso l’associazionismo profit: chiedi consiglio a un commercialista esperto mostrando il tuo business-plan. Le leggi cambiano di continuo e bisogna affidarsi a gente competente.

6. Fai bene i conti!

E’ la parte meno elettrizzante, ma non se ne può fare a meno. Bisogna mettersi a far di conto: redigere una previsione dei ricavi e anche una dei costi (indicare subito quelli fissi, ad esempio l’affitto di un locale, l’investimento per un macchinario oppure l’assunzione di personale o il costo di un sito di e-commerce particolarmente curato).

Aggiungere un’ipotesi di costi variabili, che dipendono sempre dal volume di affari. Ad esempio, nel caso di un micro-nido saranno i pasti e i pannolini di ogni iscritto, per una società di servizi le prestazioni professionali esterne o i materiali di consumo.

7. Investi!

Nessuna buona attività può nascere dal nulla. E’ impensabile diventare imprenditrice, anche piccola, senza investire un po’ del proprio denaro nella parte iniziale: può essere utile per l’acquisto di materiali che saranno sfruttati a lungo o anche per la formazione di una competenza.

8. Segui il punto magico

Il break-even point deve diventare la tua stella polare, la tua meta: è il punto di pareggio e si realizza quando i ricavi hanno restituito gli investimenti iniziali.

9. Sii paziente!

Sfatiamo subito un mito: il break-even point generalmente si raggiunge intorno ai due anni dall’apertura dell’attività. Non credere alla ‘favola’ degli utili immediati.

Soprattutto, se raggiungi dei ricavi imprevisti, non ‘disperdere’ questa fortuna: attieniti al business-plan e non essere avventata in ulteriori investimenti economici. Dai tempo all’attività di crescere.

10. Credici (e lavora tanto)

Quest’ultimo comandamento potrebbe sembrare in contraddizione con la premessa della ricerca di un lavoro che offra una migliore conciliazione con la propria vita familiare.

Questo però non equivale a lavorare meno ore, ma a lavorare meglio (e magari molto la sera, quando i figli dormono).

Francesca Amé e Patrizia Eremita sono autrici di un ebook sull’argomento: s’intitola “Mamma e lavoro oggi: le mompreneurs”, una guida pratica per mamme imprenditrici. Se volete, potete acquistarlo qui o qui

Leggi anche: 5 falsi miti sulle mamme che lavorano e Lascio il lavoro per i figli, 5 domande per capire se è la scelta giusta

 

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Aggiornato il 31.03.2015

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