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Il sesto mese del neonato

di Valentina Murelli - 29.09.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
I consigli ai neogenitori su svezzamento, inappetenza, poppate notturne, infezioni intestinali e altro. In più, i nuovi traguardi del bebè

In questo articolo

Comincia lo svezzamento

E' in genere in questo mese che, seguendo le indicazioni dell'Orgnizzazione Mondiale della Sanità e di altre agenzie e società scientifiche nazionali e internazionali, si inizia lo svezzamento del bambino. Come sempre, non si tratta di un'indicazione tassativa: in alcuni casi il pediatra potrebbe consigliare di iniziarlo prima – ma comunque dopo il quarto mese – se il bambino mostra evidenti difficoltà nella crescita. Al contrario, può darsi che altri bambini abbiano bisogno di qualche settimana in più.

In generale, l'importante è osservare il bambino. I segnali che indicano che è pronto per cominciare ad assaggiare altro oltre al latte (materno o artificiale) sono:

  • saper stare seduto;
  • saper deglutire gli alimenti (avendo perso quel riflesso che lo porta a tirar fuori la lingua per succhiare al seno o al biberon);
  • saper afferrare il cibo con le mani per portarlo alla bocca;
  • mostrare interesse per il cibo stesso.

Svezzamento e allattamento al seno

Per i bambini allattati al seno, svezzamento non coincide per forza con conclusione dell'allattamento al seno. Questo può tranquillamente continuare e se possibile farlo sarebbe l'ideale. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, se mamma e bebé gradiscono l'allattamento al seno può essere proseguito fino ai due anni compiuti e oltre: un parere condiviso anche dal nostro Ministero della Salute.

Nel caso in cui si decidesse di smettere l'indicazione è di non passare subito al latte vaccino, ma di optare per formule specifiche per questo periodo della vita.

Svezzamento, come iniziare

Ci sono attualmente due scuole di pensiero rispetto al tipo di alimentazione da proporre al bambino per lo svezzamento: lo svezzamento tradizionale, con pappe (anche se non ci sono più gli schemi rigidi di una volta) e autosvezzamentoalimentazione complementare a richiesta.

Non ci sono studi scientifici che mettano a confronto le due proposte: se i genitori sono attenti e scrupolosi rispetto alla qualità (e quantità) degli alimenti da proporre al bambino, non dovrebbero esserci problemi in nessuno dei due casi e un bimbo che cresce regolarmente e si mostra sereno e attivo lo confermerà.

 

Svezzamento tradizionale: con le pappe, ma senza schemi rigidi

"Il bambino non è un piccolo adulto e ha bisogni nutrizionali diversi rispetto agli adulti. Per esempio ha bisogno di più grassi, che gli servono per uno sviluppo ottimale del sistema nervoso, e di poche proteine, perché un eccesso di questi nutrienti nei primi due anni di vita si associa a un aumento del rischio di sviluppare obesità infantile", ha spiegato la pediatra Margherita Caroli a nostrofiglio.it.

Per queste ragioni Caroli, come altri pediatri, ritiene che sia opportuno prevedere per lo svezzamento e per i primi anni di vita del bambino un'alimentazione specifica. Senza gli schemi rigidi di una volta, ma comunque con una certa gradualità per abituare il bambino alla novità dei sapori e delle consistenze. 

Autosvezzamento

Caduto il dogma dell'introduzione a tappe degli alimenti per evitare il rischio di allergie, la nuova tendenza che si sta facendo strada nelle famiglie e tra i pediatri ed è quella all'autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta. Due i principi fondamentali di questo approccio.

  1. Alimentazione responsiva. Non sono i genitori a "decidere" quando è arrivato il momento di assaggiare qualcosa di nuovo, ma il bambino stesso, che lo comunica con vari segnali, tra i quali un evidente interesse per il cibo. 

  2. Niente pappe speciali. Via libera agli stessi piatti di mamma e papà, purché sani. 

Perché l'autosvezzamento non crei problemi, bisogna che mamma e papà per primi mangino in modo sano, per ispirandosi alla dieta mediterranea. Proprio perché non è sempre così, alcuni pediatri lo sconsigliano. 

Se non vuole mangiare

 

Ci possono essere varie ragioni per le quali un bambino piccolo, a un certo punto, non mangia. Ecco quelle elencate dal pediatra ligure Alberto Ferrando nel suo libro Come nutrire mio figlio

  • molto semplicemente non ha fame 
  • è stanco: non ha voglia di mangiare ma di dormire
  • la pappa non gli piace. Se è all'inizio della svezzamento la pappa potrebbe anche non avere la giusta consistenza: troppo densa o troppo liquida
  • ha già mangiato fuori pasto e non ha più fame
  • l'ambiente gli sembra ostile: troppo rumoroso o carico di ansia e tensione
  • non sta bene, sta incubando qualche malattia
  • sta vivendo un grande cambiamento in famiglia o nella routine quotidiana: l'arrivo di un fratellino o di una sorellina, un trasloco, il ritorno al lavoro della mamma...

Cosa fare

  • non partire in quarta con le preoccupazioni: se il bambino cresce in modo regolare ed è sveglio e vivace non c'è sicuramente da farne un dramma
  • dimostrare sempre serenità
  • abbiate le giuste aspettative: a volte i genitori hanno aspettative esagerate sulla quantità di cibo che dovrebbe mangiare un bambino e offrono porzioni eccessive
  • non mettere fretta al bambino
  • dare il buon esempio, perché ogni bambino ha come modello i suoi genitori: se il genitore sorride mentre mangia le verdure e mostra di apprezzarle, anche il figlio sarà più propenso ad assaggiarle
  • cercare di prevenire eventuali crisi. Se la crisi arriva, non insistere a farlo mangiare in quel momento: aspettare che passi e riproporre il pasto quando è tornata la calma
  • se il bambino non vuole provare un cibo uovo, non insistere sul momento, ma poi riprovate a offrirlo, anche cucinato in modi diversi. Prima di decretare che un certo alimento non gli piace assolutamente, va riproposto almeno altre 10-20 volte. 
  • preparare piattini dove il bambino possa assaggiare il cibo con le mani
  • coccolatelo anche a tavola, con la vostra presenza
  • non imporre mai il cibo per forza

Le allergie alimentari, le cose fondamentali da sapere

Fino a pochi anni fa si pensava che il modo migliore per prevenire le allergie alimentari nei bambini fosse quello di ritardare il più possibile l'introduzione dei cibi potenzialmente allergizzanti (pesce, uovo, fragole, pomodori, frutta secca) nella loro alimentazione. 

I risultati di un numero crescente di studi scientifici hanno portato a mettere in discussione questa credenza e oggi le raccomandazioni sono radicalmente cambiate. Non ci sono prove scientifiche che ritardare l'introduzione di alimenti allergizzanti oltre i sei mesi riduca il rischio di sviluppare allergie alimentari o altre condizioni atopiche quali eczema, rinite allergica o asma.

In altre parole: non occorre seguire schemi particolari e rigidi ma si possono introdurre i vari alimenti secondo le preferenze della famiglia e del bambino.

Ovviamente questo non significa che a partire dai sei mesi bisogna "ingozzare" il bambino di alimenti allergizzanti uno via l'altro: vale comunque il principio di rispettare una certa gradualità nelle proposte, semplicemente per abituare il bebè ai nuovi sapori e alle nuove consistenze.

Può accadere

Feci liquide e scariche frequenti

Scariche più frequenti del solito e feci liquide, magari con odore acido e intenso e presenza di muco: molto probabilmente questi sintomi indicano che è in atto un'infezione intestinale. I più comuni responsabili sono particolari microorganismi - primo tra tutti il rotavirus, seguito da norovirus e non mancano casi provocati da batteri (Salmonella e Campylobacter) - che possono raggiungere l'intestino attraverso alimenti contaminati o anche solo le mani sporche.

Cosa fare 

Se le scariche non sono comunque troppo frequenti, basta somministrare della soluzione reidratante orale per ricostituire le riserve di sale e zuccheri dell'organismo, riducendo il rischio di disidratazione. Se da un lato occorre dare spesso da bere al bambino, dall'altro si può tranquillamente rispettare il suo rifiuto per il cibo. Il bambino allattato al seno può continuare a fare le poppate con la stessa frequenza abituale e non ha bisogno di bere acqua.

Occorre andare dal medico o direttamente al pronto soccorso (perché il rischio di disidratazione è alto) se:

  • le scariche sono molto frequenti
  • la diarrea è associata a vomito
  • il bambino è molto piccolo (meno di due mesi)

Intestino pigro

In corrispondenza dell'introduzione dei primi alimenti complementari il bambino potrebbe manifestare stitichezza. In realtà, in età pediatrica non esistono parametri assoluti per poter parlare di stitichezza; per farlo occorre prendere in considerazione la frequenza delle evacuazioni ma anche la consistenza delle feci e la continenza fecale.

I segnali principali della stitichezza nel bambino sono: 

  • durante l'evacuazione piange più del solito ed è a disagio, irritabile. A volte inarca la schiena e contrae i muscoli di tutto il corpo
  • le feci nel pannolino sono dure, secche e poco voluminose
  • c'è sangue nel pannolino: questo può accadere se le feci dure causano piccole fessurazioni nella pelle intorno all'ano
  • il bambino ha una perdita di appetito
  • il bambino ha la pancia dura

Cosa fare

Se il bambino ha già intrapreso un'alimentazione a base di cibi solidi, si può rendere la sua dieta più ricca di fibre, aumentando la quantità di verdura e frutta e incrementando l'assunzione di liquidi: molto utili in questo senso i kiwi.

Se il bambino mostra difficoltà nell'evacuazione si può provare ad aiutarlo con microclismi a base di miele e sostanze emollienti e se anche questo non basta il pediatra potrebbe valutare l'opportunità di prescrivere i cosiddetti rammollitori fecali, che hanno la capacità di inglobare acqua ed aumentare il volume fecale. 

I traguardi del sesto mese

Ogni bambino ha i suoi tempi e conquistare un po' prima o un po' dopo una certa competenza non significa nulla allo rispetto generale. E' vero però che esistono fasi di sviluppo e sapere a grandi linee cosa aspettarsi può essere d'aiuto per capire se c'è qualche problema.

Tra il quinto e il settimo mese di vita, in genere i bambini iniziano a controllare bene capo e tronco, a stare seduti con o senza appoggio, a mettersi su un fianco e rotolare, ad afferrare gli oggetti, sia con la destra sia con la sinistra, e a portarli alla bocca. E ancora: si interessano agli eventi familiari, diventano sempre più espressivi (e spassosi!), cominciano a comportarsi in modo diverso dal solito quando si trovano in ambienti nuovi o con estranei, oltre a emettere vocalizzi e gorgheggi iniziano la lallazione

Quando preoccuparsi

Se tra i cinque e i sette mesi un bimbo:

  • non afferra oggetti
  • usa molto più una mano rispetto all'altra
  • è poco attento, poco curioso e poco espressivo
  • non emette vocalizzi o la vocalizzazione è molto povera, senza "dialogo" con gli adulti

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