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Contatti con il mondo esterno

di Nostrofiglio Redazione - 08.07.2008 - Scrivici

Attorno a un anno i bambini iniziano a interessarsi dei "colleghi" nel passeggino. A tre anni imparano moltissimo dai bambini più grandicelli.

Il primo contatto a 12 mesi

Il primo contatto con altri bambini segue più o meno lo stesso copione: guardano negli occhi chi gli sta di fronte, gli fanno un sorriso e poi lo toccano.

Perché il contatto con il mondo sia sereno i bambini di un anno hanno bisogno di una persona di fiducia che gli stia vicino

Le dita non cercano soltanto le manine dell’altro bambino, ma anche il viso. Ora le parole non hanno alcun ruolo, per capirsi bastano sorrisi e gridolini.Soltanto ora, a circa un anno, i bambini lasciano che i coetanei li tocchino. Alcuni mesi più tardi i bambini rifiutano le mani sulla faccia.

A un anno la voglia di interagire con un coetaneo non dura a lungo. Un paio di minuti, se si è fortunati un quarto d’ora, poi la curiosità è soddisfatta e si torna da mamma e papà.

A 18 mesi si inizia a giocare

A un anno e mezzo i bambini compiono il secondo grande passo verso l’esterno: iniziano a giocare con altri bambini. Uno sforzo enorme che funziona così: un bimbo prende una macchinina e inizia a fare “brum brum” a fianco alla macchinina del suo “compagno di giochi”. Due bimbi che giocano in questo modo dimostrano:

  • di capire la situazione e riconoscere il piano che c’è dietro il gioco;

  • sono in grado di assumere un ruolo;

  • si dimenticano di mamma e papà come compagni di gioco (almeno per un po’).

Questa tappa dello sviluppo rende gli incontri fra mamme o i gruppi di gioco molto più rilassati. Ora le mamme possono finalmente dirsi qualcosa di senso compiuto.

A due anni è tutto suo

Imparare a giocare in sintonia con altri bimbi è un processo molto lungo e che si impara con il tempo. Cosa può succedere attorno ai due anni? Da un momento all’altro i due angioletti che giocavano insieme iniziano a darsi botte oppure a farsi dispetti. Gli psicologi dello sviluppo hanno una spiegazione rassicurante sul perché bimbi di due anni sono “asociali”: i piccoli devono imparare a esercitare la loro forza sugli altri senza pietà.

Che bello schiacciare questa formina di sabbia! La bambola è mia!

I piccoli di due anni si gustano questi momenti. Irremovibili e senza sensi di colpa per quello che hanno fatto, osservano il bimbo di fronte, mentre piange. È difficile non sgridarli, ma i genitori devono essere consapevoli che a due anni i bimbi non capiscono ancora perché è “cattivo” e “sbagliato” distruggere la formina di sabbia dell’altro bambino oppure rubargli la bambola. Non riescono ancora a mettersi nei panni degli altri, quello che adorano è semplicemente l’effetto. Invece di rimproverare sarebbe meglio distogliere l'attenzione e proporre un altro gioco.

A due anni e mezzo guerra e pace

Ora i bambini riescono a mettersi nei panni degli altri. Una pace stabile e assoluta è ovviamente chiedere troppo. I bambini fra i due e i tre anni devono anche litigare, rubarsi le cose a vicenda, gridarsi contro, misurare le proprie forze. A volte le piccole pesti devono essere separate, prima che si facciano male.

Ma succede anche che si arrivi alla pace senza l’aiuto dei genitori. I litigi hanno un vantaggio: aprono la strada a un'amicizia futura.

A tre anni adorano i bimbi più grandi

I bambini di tre anni sono stupiti di quante cose sanno fare i più grandi. E non vedono l’ora di imparare da loro.

Questa tappa dello sviluppo prepara i bambini alla scuola materna. I bambini di tre anni sono stupiti di quante cose sanno fare i più grandi. E non vedono l’ora di imparare. A tre anni i bimbi riescono anche a non arrabbiarsi se vedono che i più grandi sono più bravi di loro. Guardano stupiti come un bimbo di cinque anni sa disegnare un albero e partecipano come pubblico quando i più grandi vanno con il monopattino.

I bambini imparano dai più grandicelli più velocemente che dagli adulti. E si lasciano gestire molto meglio. Si lavano perfino i denti e si fanno asciugare i capelli con il phon senza fare capricci. Non solo: tollerano anche di essere comandati a bacchetta. “Zitto, adesso”, ha gridato Giacomo, sei anni, al suo fratellino di tre, che non voleva addormentarsi. E il piccolo ha chiuso la bocca!

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