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Le tecniche di procreazione medicalmente assistita di primo livello

di Mariateresa Truncellito - 28.04.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Quando una coppia desidera un figlio ma non arriva, si possono utilizzare le tecniche di procreazione medicalmente assistita di primo livello

In questo articolo

La ricerca di un figlio per alcune coppie può essere un percorso tutt'altro che semplice e diventare motivo di stress e frustrazione. Se la gravidanza che tanto si desidera non arriva dopo 12-24 mesi di rapporti non protetti si parla di infertilità. Una problematica che secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda circa il 15% delle coppie. Quando il concepimento in modo naturale non avviene, ci si può rivolgere a un centro di procreazione medicalmente assistita (PMA) per effettuare dei controlli e, nel caso in cui fosse necessario, iniziare un percorso di procreazione assistita con tecniche di primo livello. L'importante è cercare di restare sereni e di non aspettare troppo tempo prima di chiedere un consulto medico e di fare tutti gli accertamenti del caso.

Le tecniche di procreazione medicalmente assistita di primo livello

La procreazione medicalmente assistita, chiamata comunemente anche "fecondazione artificiale", è l'insieme delle tecniche utilizzate per aiutare la procreazione in una coppia in cui il concepimento spontaneo è difficile o addirittura impossibile. La PMA si avvale di diverse tecniche che si articolano su più livelli (1°,2° e 3°). "Nel caso delle tecniche di primo livello, si tratta di metodiche semplici e poco invasive, caratterizzate dal fatto che la fecondazione si realizzi all'interno dell'apparato genitale femminile – afferma la Prof.ssa Rossella Nappi, Responsabile del Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica IRCCS Fondazione Policlinico S. Matteo, Università di Pavia – sono tecniche intracorporee dove si rispetta la fisiologia della riproduzione".

Prima di intraprendere un percorso di questo tipo è necessario seguire un iter diagnostico valutando innanzitutto la storia clinica di entrambi i partner e ricercando poi le cause dell'eventuale infertilità. Nel nostro paese le linee guida della legge 40/2004 prevedono l'utilizzo in primis delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive come le tecniche di PMA di primo livello che mirano a far incontrare in vivo gli spermatozoi e l'ovocita.

Con il termine "tecniche di primo livello" intendiamo:

  • l'inseminazione intrauterina;
  • il monitoraggio dell'ovulazione;
  • l'induzione dell'ovulazione associata o meno all'inseminazione intrauterina.

Vediamo di cosa si tratta.

Il monitoraggio dell'ovulazione

A metà strada tra diagnosi e terapia, il monitoraggio dell'ovulazione consiste nel seguire, attraverso delle ecografie, la crescita del follicolo, ovvero il piccolo scrigno nelle ovaie al cui interno ogni mese matura un ovulo che può essere fecondato. Serve per verificare se l'ovulazione avviene oppure no, e anche per indirizzare la coppia verso i giorni migliori (periodo fertile) in cui avere rapporti sessuali, aumentando così la probabilità di concepire un bambino.

COME SI ESEGUE

La donna si sottopone a ecografie transvaginali a distanza di pochi giorni una dall'altra con lo scopo di identificare il follicolo dominante, cioè quello che crescerà fino a dare l'ovulazione. Il follicolo viene poi misurato e in base alle dimensioni raggiunte è possibile prevedere quando avverrà l'ovulazione e quando quindi è preferibile avere rapporti sessuali. Oltre alle ecografie si eseguono anche i dosaggi ormonali, tramite prelievo sanguigno, per seguire più accuratamente lo sviluppo follicolare.

Il monitoraggio dell'ovulazione può essere accompagnato anche dall'induzione dell'ovulazione.

L'induzione dell'ovulazione

L'induzione dell'ovulazione è una delle tecniche farmacologiche più comuni nel trattamento dell'infertilità, in particolare nei casi in cui la donna ha cicli anovulatori, cioè privi di ovulazione, oppure con ovulazione irregolare. Questa pratica può essere considerata solo qualora non vi siano problematiche legate alla chiusura delle tube, e in assenza di importanti fattori di infertilità maschile. L'induzione dell'ovulazione permette di portare a maturazione i follicoli e di ovulare in modo regolare.

COME SI ESEGUE

Si somministrano alla paziente basse dosi di farmaci come il Clomifene citrato o le Gonadotropine che stimolano l'attività delle ovaie e la produzione di follicoli.

I farmaci vengono scelti e dosati in base a una serie di parametri e il loro effetto viene controllato sia attraverso una serie di ecografie eseguite a distanza di pochi giorni una dall'altra, sia con i dosaggi ormonali (estradiolo).

Se le dosi sono troppo basse si rischia di non avere alcun follicolo, se troppo alte c'è il rischio di gravidanze plurigemellari, perciò durante il trattamento la crescita follicolare viene seguita attentamente. "Si cerca di fare una stimolazione quanto più simile a ciò che avviene normalmente all'interno del corpo. Poi a questa tecnica bisogna abbinare dei rapporti sessuali mirati oppure l'inseminazione intrauterina al momento dell'ovulazione che si induce con un trigger specifico", spiega la Prof.ssa Nappi.

L'Inseminazione intrauterina - IUI

L'inseminazione intrauterina consiste nell'introduzione del liquido seminale all'interno della cavità uterina della donna per facilitare l'incontro tra gli spermatozoi e l'ovocita. Secondo le linee guida del Ministero della Salute questa pratica è indicata nei casi di:

  • cattiva ovulazione (infertilità endocrinologica);
  • sterilità inspiegata;
  • ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione dell'ovulazione e rapporti mirati;
  • endometriosi lieve, cioè quando la malattia non ha interessato le tube;
  • problematiche durante il passaggio degli spermatozoi nel muco cervicale;
  • prevenzione del rischio di trasmissione di malattie infettive (HIV) in coppie sierodiscordanti.

Si può considerare la strada dell'inseminazione anche nei casi di lieve oligoastenospermia (quantità, motilità o forma degli spermatozoi al di sotto della norma) perché prima dell'inseminazione il liquido seminale viene trattato in modo da migliorarne la qualità.

COME SI ESEGUE

L'inseminazione intrauterina si può eseguire sfruttando l'ovulazione spontanea della donna oppure inducendo con i farmaci l'ovulazione per ottenere una crescita follicolare multipla al fine di aumentare le probabilità di concepire un figlio. I farmaci principali che si utilizzano sono il Clomifene citrato oppure le Gonadotropine iniettabili e il loro effetto sulla crescita follicolare, come abbiamo visto prima, va monitorato attraverso una serie di ecografie e con i dosaggi ormonali.

Qualche ora prima dell'inseminazione, il partner maschile deve fornire un campione di liquido seminaledopo minimo due e massimo cinque giorni di astinenza sessuale. Il campione viene raccolto in un contenitore sterile e analizzato per garantire che vi sia un numero adeguato di spermatozoi mobili tra cui selezionare quelli migliori. "A questo punto con l'aiuto di un piccolo catetere che viene inserito all'interno dell'utero introduciamo, grazie a una siringa, il liquido seminale del partner o di un donatore" spiega la ginecologa.

Per l'inseminazione intrauterina, infatti, grazie a una revisione della Legge 40, che regola le pratiche di procreazione medicalmente assistita in Italia, è possibile oggi utilizzare anche il liquido seminale proveniente da un donatore. In questo caso si parla di inseminazione eterologa, al contrario di quella omologa in cui si utilizza un campione di sperma del partner.

Dopo l'inseminazione

Una volta conclusa la procedura la donna può tornare tranquillamente alla solita routine riprendendo le sue normali attività. Dopo l'inseminazione intrauterina potrebbero verificarsi:

  • leucorrea, cioè la perdita di secrezioni vaginali per via della fluidificazione del muco cervicale;
  • crampi addominali;
  • spotting o lievi sanguinamenti.

Nei giorni successivi può essere prescritta alla donna una terapia ormonale per aiutare l'impianto dell'embrione e dopo due settimane dall'inseminazione intrauterina bisogna eseguire un test di gravidanza. Le percentuali di successo per questa pratica variano molto.

Le complicanze sono rare, ma non possono essere del tutto escluse e tra queste troviamo:

  • infezione del tratto genitale superiore;
  • gravidanza extrauterina;
  • sindrome da iperstimolazione ovarica (nel caso di induzione farmacologica dell'ovulazione);
  • gestazione multipla.

Le linee guida suggeriscono un massimo di 3/6 cicli di inseminazione intrauterina dopodiché sarà necessario considerare una tecnica di procreazione medicalmente assistita di secondo livello.

Cosa dice la legge in Italia

Secondo quanto riportato dalle linee guida della legge 40/2004 "il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico, nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico".

Inizialmente, come accennato qualche riga sopra, la legge prevede l'utilizzo in prima istanza delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive come le tecniche di PMA di primo livello per passare poi a metodiche di secondo o terzo livello.

Le linee guida prevedono inoltre che prima di iniziare qualsiasi trattamento venga fatta un'anamnesi accurata e un corretto esame obiettivo della coppia infertile/sterile. Va valutato attentamente il rapporto rischi-benefici con particolare riferimento alle complicanze ostetriche, alle potenziali ricadute neonatologiche e ai potenziali rischi per la salute della donna.

Dal 2014, infine, sono state fatte alcune revisioni alla legge sulla PMA e la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa, cioè la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia.

Ecco l'elenco di tutti i centri autorizzati che applicano le tecniche di PMA divisi per regione.

Per concludere, come ci tiene a precisare la Prof.ssa Nappi, "è importante non avere paura e non pensare "mi faranno un bambino in provetta" perché a volte bastano le cure appropriate per risolvere alcune problematiche legate alla fertilità".

Fonti utilizzate:

  • Consulenza della Prof.ssa Rossella Nappi, Responsabile del Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica IRCCS Fondazione Policlinico S. Matteo, Università di Pavia
  • Ministero della Salute, Linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, 2015
  • Ministero della Salute, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita (Legge 19 febbraio 2004, n. 40)

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Revisionato da Francesca De Ruvo

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