“Ha il ritmo nel sangue”, “ci vuole orecchio”, “è intonato”, sono frasi che diciamo di una persona “portata” per la musica e sottintendono che intonazione, ritmo, capacità di apprezzare musica “difficile” (come la classica e il jazz) sono qualità innate, privilegio di pochi e appannaggio d’élite. Ma comprendere la musica non è una dote naturale: tutti possono diventare intonati se educati nei modi e soprattutto nei tempi giusti.
Un linguaggio che si apprende.
«Prima ci si avvicina alla musica meglio è» dice Andrea Apostoli, presidente dell’Associazione Italiana Gordon per l’apprendimento musicale. «Da piccoli si apprende il linguaggio musicale con la stessa facilità con cui si impara a parlare. Tra gli 0 e i 6 anni si apre una “finestra di apprendimento” che permette di assimilare con estrema facilità, passata questa età diventa tutto più difficile (basti pensare come è faticoso imparare una lingua straniera da adulti)».
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Nella pratica il metodo si articola in 3 fasi: acculturazione, imitazione e infine assimilazione.
«Il primo punto » spiega Apostoli «significa far ascoltare ai bambini musica complessa: musica “d’arte”, come la classica, il jazz, la musica etnica... Senza paura che sia troppo difficile, anzi: è più facile capire la musica complessa da bambini che da adulti (per restare al paragone con le lingue, un bambino impara a parlare ascoltando idiomi complessi e non frasi sgrammaticate).E non solo canzoncine allegre, ma anche brani musicali che descrivono diversi stati d’animo, come tristezza e paura, che aiutano il bambino a elaborare, su un piano simbolico e protetto, emozioni e sentimenti presenti nel suo animo (lo stesso meccanismo delle fiabe che esorcizzano le paure).
Il secondo passo è cantare e imparare l’intonazione: imitando con la voce brani strumentali, senza testo, in modo che il piccolo si concentri soprattutto sul ritmo e non sulle parole.
L’ultima fase è l’assimilazione: nel bambino, che ha interiorizzato i due stadi precedenti, si crea uno “strumento” mentale: l’“audiation”. Solo ora, che ha la musica in testa, può iniziare a studiare le note e il pentagramma e, se lo desidera, imparare a suonare uno strumento».
Ed è per tutti questi motivi, oltre al piacere dato dall’ascolto, che il canto e la musica» conclude il pediatra «devono essere il pane quotidiano con cui nutrire l’anima di un bambino».
Ecco qualche consiglio per far entrare i propri figli in contatto con il mondo dei suoni e della musica.
Mamme cantate! Il consiglio è di cantare al proprio bambino già a partire dal 6° mese di gravidanza. Ha effetti benefici e rassicuranti. E una volta nato sarà in grado di riconoscere le melodie ascoltate.
Create un ambiente sonoro ecologico: limitate l’inquinamento acustico casalingo, come la televisione in sottofondo.
Dategli in mano oggetti sonori per sperimentare ritmi e suoni.
Ascoltate con il bambino musica, non solo canzoncine, ma anche musica d’arte. E cantate insieme.
Portatelo ai concerti. Vedere suonare gli strumenti dal vivo è un’esperienza del fare musica che completa l’ascolto e se dopo mezz’ora vuole andare via, non forzatelo, la musica è divertimento, piacere e libertà.
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