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Adolescenti in crisi e “viziati”: 8 consigli per gestirli

di Angela Bisceglia - 22.02.2018 - Scrivici

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Fonte: Foto: Pixabay
Da bambini erano tutti docili e ubbidienti. Arrivata preadolescenza e adolescenza, credono che tutto sia loro dovuto, saltano su tutte le furie al primo intoppo, se la prendono con chi gli sta intorno, preoccupati solo di non perdere popolarità trai coetanei. I consigli dello psicologo Matteo Lancini 

In questo articolo

I tempi sono cambiati e la generazione degli adolescenti di oggi è profondamente diversa da quella dei loro genitori. Sarà per questo che si fa sempre più fatica a capirli. Forse occorrerebbe allinearsi un po’ di più sulla loro lunghezza d’onda e provare a capire le loro insicurezze e fragilità, che pare li rendano sempre più incapaci di affrontare sfide e difficoltà. Dove abbiamo sbagliato? viene da chiedersi. Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro di Milano, autore di numerosi libri sull’adolescenza (tra cui il recente “Abbiamo bisogno di genitori autorevoli”, Mondadori Editore), ci aiuta a decodificare il comportamento degli adolescenti e indica le strategie più efficaci per intervenire nelle situazioni di crisi. Perché, anche se non ce lo diranno mai, anche gli adolescenti di oggi hanno bisogno di genitori autorevoli, insieme ai quali definire il loro progetto futuro.

Un’infanzia creativa


Il primo ostacolo da superare per noi genitori è capire che gli adolescenti di oggi sono profondamente diversi dagli adolescenti che siamo stati noi. “Nella famiglia tradizionale delle generazioni passate, i bambini erano guardati sin dall’infanzia come piccoli selvaggi da civilizzare e si cresceva sotto i dettami del ‘devi obbedire’, ‘prima il dovere poi il piacere’” dice Matteo Lancini. “Oggi questa modalità educativa è stata superata e si è affermato un modello in cui ai figli viene lasciata sempre maggiore libertà di esprimere la propria creatività e i propri talenti, perché vengono visti come soggetti dalle mille potenzialità da coltivare e far emergere. E alla vecchia famiglia normativa, che impartiva ordini e direttive, è subentrata la cosiddetta famiglia della madre virtuale, in cui il genitore, sempre meno presente fisicamente rispetto al passato, è molto più vicino al figlio emozionalmente e relazionalmente. E a distanza organizza in modo puntuale e preciso ogni momento della giornata del figlio, nell’ansia di non fargli mai provare noia e solitudine”.

Sempre connessi e ‘social’, sin da piccoli


Ed è un’infanzia in cui si impara da subito ad essere sotto i riflettori: dalle primissime recite dell’asilo, in cui i bambini sono circondati da una folla di spettatori pronti a sgomitare per riprenderli con qualunque aggeggio elettronico. Nel frattempo si è diffuso internet, la società si è globalizzata, i bambini sono stati immersi full time davanti a tv che si pongono l’unico obiettivo di fare audience ed inculcano il modello che l’importante è esserci, essere popolare. Crescono circondati da smartphone e cellulari degli adulti, che alla prima occasione finiscono tra le loro mani. Imparano da subito la socializzazione, grazie all’ingresso sempre più precoce in asili nido e gruppi extrascolastici di ogni genere, al dictat di ‘mai stare da solo’. Ed entrano sempre più presto nei social.

Se un tempo gli unici modelli di identificazione erano gli adulti della famiglia – mamma, papà, zii, fratelli più grandi - i bambini di oggi hanno tantissimi amici, frequentano tanti gruppi e ricevono mille stimoli educativi da più parti, che influenzano inevitabilmente il loro modo di pensare. Un’infanzia ‘adultizzata’ e piena di tante belle aspettative, insomma.

Un’adolescenza narcisisticamente fragile


E’ con questa infanzia alle spalle che il ragazzo si affaccia all’adolescenza. Che sarà un’adolescenza necessariamente diversa dalla nostra. “Se in passato si avevano adolescenze più trasgressive e oppositive, perché ci si doveva opporre alla norma subita per anni, l’adolescente di oggi non ha niente e nessuno a cui opporsi, perché abituato ad un’infanzia in cui è prevalso un modello espressivo e non repressivo” osserva lo psicologo. “Questo modello ha reso però l’adolescente meno preparato e propenso ad accettare le trasformazioni – fisiche e psichiche - dell’adolescenza e le frustrazioni che inevitabilmente porta con sé, incapace di veder disattese tutte le aspettative con le quali era stato cresciuto e di tollerare il fatto di non avere tra i coetanei successo e popolarità, che sembrano gli obiettivi più desiderabili per ognuno” dice Lancini.

“In quest’ottica ogni comportamento esagerato e sfrontato, che viene scambiato dai genitori come espressione di ‘vizi’ inculcati in passato, nasconde in realtà sentimenti di insicurezza, inadeguatezza e fragilità narcisistica di chi ha posto nell’immagine e nel successo sociale tutta la sua realizzazione”.

8 consigli per i genitori

  1. Inutile tentare di ripristinare un’educazione di regole e sanzioni. Dopo aver cresciuto un figlio così creativo, espressivo e ‘social’, giunto al nodo dell’adolescenza il genitore non sa come riprendere le redini della situazione con un ragazzo che vuol fare tutto ‘di testa sua’. “Tentare in adolescenza di rimettere in piedi un vecchio modello educativo normativo non funziona, semplicemente perché non è mai stato inculcato da bambini ed è impossibile farlo accettare adesso” sottolinea Lancini. “Il figlio non capirebbe perché per tutti questi anni l’abbiamo spinto ad essere se stesso, ad esprimere le sue emozioni, socializzare, essere creativo, avere tanti amici, poi, quando arriva l’adolescenza, tentiamo di mettere un freno all’espressione dei propri bisogni di popolarità e socializzazione, demonizzando smartphone e internet che noi adulti per primi usiamo a piene mani. Occorre individuare nuove modalità affettive e relazionali coerenti con il modello educativo inculcato fino a quel momento ai figli e che consentano all’adulto di continuare ad essere una figura di riferimento realmente autorevole per l’adolescente odierno”.
  2. Proseguire nell’ambito della relazione. Se abbiamo costruito un modello educativo basato sulla relazione, anche quando il figlio diventa adolescente l’adulto deve essere disponibile a proseguire il rapporto non attraverso il controllo, che nell’epoca di internet non è più realizzabile, ma attraverso la relazione. E relazione significa innanzitutto prestare ascolto alle loro esigenze senza pregiudizi o ansie, ma con sicurezza e interesse verso la loro vita, reale e virtuale.
  3. Chiedergli ogni tanto ‘com’è andata su internet’. Quasi tutti i genitori, al ritorno a casa, chiedono ai figli “Che hai fatto oggi? Com’è andata oggi a scuola?”. Proviamo ogni tanto a chiedere anche “com’è andata su internet? c’è qualcosa di cui desideri parlare?”. Ovviamente non ci illudiamo che ci racconti per filo e per segno tutti i messaggi e video che si è scambiato con gli amici, ma con quella domanda gli facciamo capire che abbiamo interesse non solo per il suo ruolo di studente ma anche per la sua vita virtuale. “E può darsi che si aprano nuovi canali comunicativi e che l’adolescente trovi il coraggio di chiedere aiuto rispetto ad avvenimenti e relazioni virtuali che possono coinvolgerlo e preoccuparlo, come il non sentirsi di successo sui social, avere a che fare con cyberbulli o aver avuto a sua volta tentazione di prevaricare altri online” sottolinea lo psicologo.

4. Internet: parliamone. Se sta sempre attaccato al computer o al telefono, inutile proclamare dall’alto ‘staccati da internet perché perdi tempo’: sono proclami inutili che mettono a tacere solo le nostre ansie e che non hanno alcun senso, in un’epoca in cui tutti usano internet. Se invece lo vediamo preoccupato esageratamente per il sol fatto di non sentirsi popolare come certi suoi coetanei, fermiamoci a parlare, invitiamolo a riflettere sul fatto che abbiamo costruito realtà in cui reale e virtuale si intrecciano, in cui l’industria dei videogiochi è quella di maggior successo, in cui si può diventare qualcuno compiendo gesti estremi o aprendo un fashion blog. “Parlare di certe realtà significa esser adulti sufficientemente capaci di mostrare al figlio tutta la complessità di un fenomeno che ci riguarda tutti” spiega Matteo Lancini.

5. Lavorare su punizioni aggiuntive invece che privative. Ancora oggi il ‘vecchio’ modello educativo normativo prevede: sei andato male a scuola, ti tolgo la play station o non vai più a casa dell’amico. È un approccio che non funziona sulla mente degli adolescente, che lo recepisce più come uno sfogo dell’adulto che una manifestazione di vera autorevolezza. Una punizione aggiuntiva invece significa che se commette qualcosa di sbagliato, dovremo trovare il modo per fargli fare di più di quella cosa, con quella stessa creatività con cui abbiamo costruito la relazione da quando è nato. Non aiuta in casa? Gli si prepara la giornata in cui fa grandi pulizie. Non ha fatto i compiti? Aiuta il fratellino a fare i suoi compiti. Ha prevaricato su qualcuno? Va ad aiutare gente in difficoltà. “Se un comportamento è inadeguato, l’adulto lo sanziona facendolo lavorare di più sulla parte mancante e dandogli la sensazione che può prendersi carico di quel che ha fatto e trasformarlo in esperienza che aiuta a crescere.

È più impegnativo, ma anche più stimolante ed efficace” commenta lo psicologo

6. Abbassare i toni e contenere gli eccessi. Di fronte a comportamenti di sfida o reazioni eccessive da parte del ragazzo, gestiamo il conflitto abbassandone il livello in tutti i modi possibili: se lui urla, non ci lasciamo vincere dalla tentazione di adeguarci ai suoi toni, se va su tutte le furie non ci allineiamo alla sua rabbia. Un genitore realmente autorevole deve saper contenere anche le manifestazioni più irritanti senza farsi contagiare. Nei momenti di crisi, bisogna stargli accanto, dargli la possibilità di esprimere i propri disagi, aiutarlo a tirar fuori nuove risorse per superare le frustrazioni. In autonomia e responsabilità ma senza lasciarlo solo davanti ai problemi

7. Se va male a scuola, cerchiamo soluzioni. Non lo tacciamo subito di essere uno sfaticato, ma cerchiamo di capire perché fa tanta fatica a stare da solo camera a studiare. “Il fatto è che oggi la solitudine viene vista come un cosa negativa da bandire a tutti i costi e i ragazzi non sono abituati a star da soli a studiare. Cerchiamo alternative: studiare con un compagno o con una figura tutoriale, andare in biblioteca potrebbero cambiare la situazione” suggerisce Lancini

8. Se il disagio è serio, meglio chiedere aiuto. Se percepiamo che nostro figlio sta vivendo un disagio più serio e lo manifesta con gesti aggressivi nei confronti di altri o di se stesso (si pensi ai crescenti fenomeni di ritiro scolastico e sociale o ai disturbi della condotta alimentare) e da genitori non riusciamo ad affrontarlo in modo efficace, è forse il caso di ricorrere ad uno specialista che può inquadrare meglio la situazione e dare ai genitori la giusta chiave di lettura di certi comportamenti.

Anche la scuola può fare la sua parte
“L’istituzione scolastica potrebbe far molto per la formazione degli adolescenti di oggi, ad esempio promuovendo iniziative di educazione consapevole all’uso del digitale, così come di educazione critica ai mass media, inclusi programmi televisivi che contribuiscono a promuovere cultura o sottocultura all’interno della società del narcisismo, della visibilità, del successo e della popolarità a tutti i costi” dice Matteo Lancini nel suo libro “Abbiamo bisogno di genitori autorevoli”.

Aggiornato il 27.11.2018

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