Un gioco terribile che, dopo 50 giorni di prove sempre più perverse, porterebbe al suicidio i ragazzi dai 9 ai 17 anni. Un fenomeno che sarebbe partito dalla Russia per poi diffondersi in America Latina e ora anche in Europa: dalla Spagna al Portogallo, ma anche alla Francia e alla Gran Bretagna. Nell'ultimo servizio de Le Iene, di Matteo Viviani, si è anche ipotizzato un primo caso italiano, a Livorno.
COME FUNZIONA
prove da superare
regole del “gioco”
“sfida”
«I tutor per portare al suicidio inviano video satanici, suicidi, morti violente ai partecipanti in modo da condizionare le loro menti» sostiene il servizio di Italia 1.
LE VITTIME
Philipp Budeikin
LE CAUSE
Ma cosa spinge i ragazzi a farsi trascinare in questo “gioco”? «Il problema principale risiede nel modo in cui, oggi, vedono il loro futuro. La società continua a mandare dei messaggi negativi alle giovani generazioni: e se non c'è un futuro possibile per loro, l'adozione di comportamenti distruttivi è molto facile» spiega Matteo Lancini, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro e autore del nuovo libro “Abbiamo bisogno di genitori autorevoli”.
È difficile spiegare il successo di questo "gioco", ma bisogna partire da un assunto: «Si può dire che internet sia un grande amplificatore, ma non è il problema: alla radice di questi comportamenti c'è quello che la società comunica. Se la vita non ha senso, allora la si può anche mettere in pericolo. E non solo con la Balena Blu, ma anche con i selfie estremi, o con i suicidi in rete».
La spettacolarizzazione è proprio ciò che accomuna queste manifestazioni. «Nello scegliere di morire così, i ragazzi ricercano un modo per rimanere immortali, per essere finalmente celebrati e riconosciuti». Non a caso, i ragazzi che si suicidano vengono chiamati "eroi" dalla comunità online che li segue.
«Credo che ci sia anche una questione legata ai territori – continua Lancini –. È possibile che alcune realtà, in cui non includerei l'Italia, siano più a rischio di altre. Sono zone in cui la mancanza di un progetto futuro spinge i ragazzi ad aderire a gruppi virtuali per lenire il dolore di una quotidianità divenuta senza senso e senza speranza».
COSA POSSONO FARE I GENITORI
Alcuni segnali che possono segnalare un disagio e che devono insospettire i genitori sono: un cambiamento radicale di umore, il rifiuto di frequentare gli amici, di uscire fuori di casa o di andare a scuola.
Ma come reagire? «Come sempre suggerisco quando si parla di relazioni con i figli, soprattutto adolescenti, la chiave per capire se ci sia qualcosa che non va è costruire una buona relazione di ascolto con i propri figli. Questo per far sì che si sentano liberi di poter parlare di tutto con i loro genitori».
A quel punto, gli si potrà chiedere che cosa fa nella sua vita reale e anche in quella virtuale e intervenire nel caso ci fosse bisogno. «Nel caso dei bambini più piccoli, è fondamentale accompagnarli nell'uso consapevole di internet e delle nuove tecnologie, almeno fino alla pre-adolescenza».
Importante, poi, è anche lavorare sul tema della speranza, «cercando di infondere fiducia e positività, per quanto possibile, ai propri figli».
13, la serie
Il disagio giovanile è ben rappresentato dalla serie tv in onda su Netflix, 13. Lo show, che ha suscitato molto scalpore e parecchie critiche, è tratto dal bestseller di Jay Asher del 2007, e parla dei tredici motivi per cui una liceale, Hannah Baker, decide di suicidarsi.
Negli episodi vengono affrontati in modo anche molto crudo temi come il bullismo e il suicidio. Dato il contenuto, c'è chi ha proposto di bloccarne la visione per paura che istigasse al suicidio.