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Body shaming: come difendere i figli

di Zelia Pastore - 03.06.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Una modalità in cui si manifesta il bullismo che, se praticata sui social, può essere considerata a tutti gli effetti una forma di diffamazione. La parola agli esperti

In questo articolo

Body shaming, una forma di bullismo

Sempre più spesso sentiamo parlare di body shaming, un pericolo soprattutto per gli adolescenti. Ma cos'è esattamente e come possono i genitori provare a difendere i loro figli? Lo abbiamo chiesto allo Psicoterapeuta Alberto Rossetti e Cristina Maggioni, Giurista specializzata in diritto minorile e Presidente dell'Associazione Prevenzione Contrasto Cyberbullismo.

Che cos'è il body shaming

UNA FORMA DI BULLISMO.

«Il body shaming - spiega Cristina Maggioni - è un atto di derisione dell'aspetto fisico di una persona. Qualsiasi caratteristica fisica può divenire oggetto di body shaming: magrezza, sovrappeso, altezza, bassezza, taglio o colore dei capelli, presenza di tatuaggi o piercing, rughe, dimensione delle gambe e del seno, ecc. Tale fenomeno può colpire chiunque: le star e le persone comuni, adulti e giovani, uomini e donne (anche se alcuni studi realizzati negli USA indicano che le vittime sono in prevalenza le donne)». È una forma, insomma, di bullismo o cyberbullismo a seconda che l'offesa avvenga off line (a scuola per esempio) o on line, magari postata come commento su un social network.

CHI PRATICA BODY SHAMING.

«Frasi come "Ma quanto mangi?!", "Sei così magra/o!" sono esempi perfetti di body shaming, ma spesso i bulli e i "leoni da tastiera" (chi spera di rimanere impunito perché nascosto dietro il proprio profilo virtuale) che le pronunciano - soprattutto se si tratta di minori - tendono invece a sottovalutare le conseguenze derivanti dal reato e il dolore che causano alle vittime».

Cosa dice la legge sul body shaming

IL REATO DI DIFFAMAZIONE.

«La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha affermato che postare sui social network commenti e foto lesive della dignità altrui rappresenta una forma di diffamazione di cui all'art. 595 c.p. Il reato di diffamazione può essere realizzato con qualsiasi mezzo (parole, scritti, disegni) e avviene quando l'offesa viene rivolta a una persona identificabile e comunicata a un minimo di due persone, anche in tempi diversi».

Per esempio, un commento sotto una fotografia su un social network viene inteso come rivolto al soggetto nella foto, anche se non riporta nome e cognome del destinatario del commento.

ANCORA PIÙ GRAVE SUI SOCIAL.

«L'utilizzo di un social network (es. Facebook o Instagram) quale mezzo di comunicazione dell'offesa, secondo la Corte, costituisce un'aggravante poiché si tratta di mezzi capaci di raggiungere un numero molto elevato di persone. In materia di danno causato da diffamazione, la giurisprudenza evidenzia come parametri che devono essere tenuti in considerazione in sede di quantificazione a) la diffusione dello scritto; b) la rilevanza dell'offesa; c) la posizione sociale della vittima».

I rischi del body shaming sugli adolescenti

L'IDENTITÀ PASSA DALL'ASPETTO FISICO.

«In adolescenza - spiega Alberto Rossetti - i ragazzi iniziano a costruire la propria identità: questo processo passa innanzitutto dalla corporeità e dalla propria immagine, ma anche dal giudizio degli altri, che è il primo rimando di chi e come siano. Ecco perché gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili al body shaming: oscillano perennemente tra la paura di commenti cattivi e di sentirsi "sbagliati" e il bisogno invece di ricevere conferme positive su loro stessi e sul loro aspetto fisico, per cui non cessano di esporsi a tali giudizi. Anche se poi, tra tanti commenti, ne basta uno solo negativo per metterli in crisi». È per questo che, come aggiunge Cristina Maggioni, «su Instagram è diffusissimo l'uso di filtri che camuffano i tratti somatici, nel tentativo di nascondere le proprie presunte imperfezioni»: esprime la voglia di mostrarsi, ma minimizzando i rischi di effetti negativi.

IL WEB, UNA CASSA DI RISONANZA.

«I social allargano moltissimo la platea delle persone che possono avere a che fare con il corpo dei ragazzi - Prosegue Rossetti - Senza pensare ai tanti sconosciuti, prima di Instagram e Facebook ad esempio era difficile che un ragazzo potesse vedere la propria compagna di classe anche in costume.

La rete poi ingigantisce anche il body shaming meno evidente e più sottile, come un giudizio negativo su un semplice cambio di look ("Stavi meglio con i capelli lunghi"; "Stai male con quel nuovo piercing"). Commenti che provocano disagio soprattutto perché non rimangono nel piccolo gruppo: se fossero stati semplici consigli estetici tra amici, sarebbero rimasti nella sfera personale».

Come aiutare i propri figli a proteggersi dal body shaming: la prevenzione

PER NON SUBIRE BODY SHAMING.

È importante che i genitori aiutino i propri figli adolescenti ad individuare un limite all'utilizzo dei social e alla propria esposizione: l'obiettivo, dice Rossetti, è che i ragazzi «imparino a contenere le immagini che postano sui social, ma anche a non cercare lì le conferme di cui hanno bisogno, perché è pericoloso dato che possono arrivare delle mazzate».

PER NON PRATICARE BODY SHAMING.

I nostri figli però possono anche essere coloro che praticano body shaming sugli altri: «In questo caso bisogna farli riflettere sul modo con cui interagiscono sul web e a cosa non vorrebbero subire loro per primi: ad esempio, se non conosci bene una persona, perché dirle come la pensi su di lei? Pubblicamente, sui social, è difficile sostenere una dimensione critica e, anzi, il proprio commento negativo rischia di scatenare un'ondata di insulti incontrollabile e via via più violenta. Per cui, meglio evitare o interagire con quella persona in privato».

SCUOLE E FAMIGLIE INSIEME.

Una buona prevenzione deve passare anche dalle istituzioni che ruotano attorno alla famiglia, sottolinea Maggioni: «Deve avvenire attraverso campagne di sensibilizzazione online, per rendere i social luoghi di messaggi positivi e informativi. Scuole e famiglie devono cooperare, unitamente alle associazioni presenti sul territorio, per realizzare insieme laboratori nelle scuole in cui coinvolgere studenti, insegnanti e genitori».

Come difendere i nostri figli colpiti da body shaming

NON COLPEVOLIZZATELI. È importante sapere come muoversi sul piano legale per difendere i propri figli dal body shaming.

Però, avverte Rossetti, ricordiamoci che al centro deve sempre esserci il benessere del ragazzo: «Ascoltate la sua sofferenza e il suo disagio, senza colpevolizzarlo con frasi tipo "Guarda cos'hai pubblicato...". Poi capite come preservarlo nell'immediato: basta una pausa dai social o le offese lo raggiungono anche su Whatsapp e in classe?».

COSA FARE SUL PIANO RELAZIONALE. «Non minimizzate le offese subite (non basta limitarsi a dire "non è vero che non sei bella" ecc), ma rinforzate vostro figlio nell'autostima e nel valore che ha al di là dell'aspetto fisico, parlando delle sue qualità a 360 gradi: l'obiettivo è accompagnare i suoi pensieri verso un ridimensionamento dell'accaduto in termini di ripercussioni su di sé. Sostenetelo "da vicino", vigilate che non sviluppi alcuni comportamenti alimentari malsani». Anche il doveroso e necessario intervento verso i suoi detrattori deve avvenire innanzitutto su un piano relazionale, supportati dove possibile dagli altri genitori o dalla scuola: «Ricordatevi sempre che nelle relazioni e nelle situazioni poi ci si troverà lui, per cui non prendete iniziative (anche di tipo legale) senza concordarle con lui. Escluderlo da queste decisioni che lo riguardano lo farebbe sentire totalmente debole, inerme e incapace di reagire».

COSA FARE SUL PIANO LEGALE. «Nel caso in cui si è stati vittima di body shaming - spiega Cristina Maggioni - deve essere immediatamente sporta denuncia presso le autorità competenti (Polizia Postale o Carabinieri). Il post, il commento, il video o la foto offensiva devono essere segnalati alla piattaforma social (Facebook, Instagram o TikTok) affinché la sua diffusione possa essere bloccata il prima possibile, attraverso la rimozione del contenuto dannoso. È possibile, altresì, segnalare episodi sul web o sui social network e chiedere l'intervento del Garante per la protezione dei dati personali via mail a cyberbullismo@gpdp.it».

Gli intervistati

Alberto Rossetti è Psicoterapeuta e autore del libro "I giovani non sono una minaccia. Anche se fanno di tutto per sembrarlo" (Città Nuova, 2019)

Cristina Maggioni è Giurista specializzata in diritto minorile e Presidente dell'Associazione Prevenzione Contrasto Cyberbullismo

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