Preadolescenza: come rispondere alle domande scomode di nostro figlio
Immagine corporea e autostima, menarca e sviluppo sessuale, pornografia, orientamento sessuale, stereotipi di genere, sostanze psicotrope, tabacco, alcol: chi parla di questi temi ai preadolescenti? Dovrebbero farlo gli adulti di riferimento, ma spesso genitori e insegnanti battono in ritirata di fronte a queste domande scomode. Tutto però può essere detto ad un figlio preadolescente se si trovano le parole giuste. La psicopedagogista Barbara Tamborini, autrice insieme ad Alberto Pellai di "Next Level" (De Agostini, 2022), ci svela come rispondere a questi dilemmi con competenza e sensibilità.
Preadolescenza: le caratteristiche
«In età preadolescenziale - esordisce l'esperta - i ragazzi e le ragazze iniziano a voler esplorare il mondo e a reclamare un'autonomia che, per la prima volta, tende a separarli dai genitori». Si tratta di una tensione sana, un necessario passaggio verso la crescita: «Vostro figlio avrà di voi una visione meno adorante ed è un bene: da un lato sa di avere ancora bisogno dei genitori e dall'altro inizia ad essere più oppositivo, perché le sue esigenze non combaciano più totalmente con quelle familiari. Questa rabbia è il trampolino per il salto verso nuovi bisogni, affettivi e non».
I preadolescenti al tempo dei social
Il cervello di un preadolescente - dicono le neuroscienze - è ancora sbilanciato sul sentire e attratto da ciò che provoca piacere immediato: «Stare con gli amici, sentirsi accettato, giocare tutto il giorno ai videogiochi: tutto funziona con il bottone "sto bene/sto male" e fa ancora pochi pensieri pianificatori o circa le conseguenze delle proprie azioni». In questa fase evolutiva lo smartphone diventa un vero e proprio "paese dei balocchi" dove perdersi: «L'ambiente digitale amplifica il territorio della sua esplorazione, ma è fuori misura e sproporzionato rispetto ai suoi strumenti di competenza. Dall'accesso alla pornografia alla possibilità di stare perennemente connesso, nell'esperienza del video giocare con i propri amici virtuali su un solo ed esclusivo oggetti di interesse».
Essere genitori di un figlio preadolescente
È difficile il ruolo richiesto ai genitori di un preadolescente: devono essere in grado di andare oltre ai continui litigi e non farsi travolgere dalla rabbia, ma nemmeno dalla tentazione di rimpiangere quel bambino che sta crescendo e ha bisogno necessariamente di trasformarsi: «Create un'intesa con lui che non frustri il suo sforzo evolutivo, ma che vi permetta di mantenere un terreno d'incontro: può essere un rito in famiglia, lo sport, delle sfide cognitive, gite in montagna. Qualcosa da condividere e che faccia da collante per tenere aperto un canale di comunicazione qualora servisse al ragazzo».
Perché rispondere sempre ai dubbi di tuo figlio
Cosa si prova col primo bacio? Come mi difendo dai bulli della scuola? I miei amici fumano, dovrei farlo anch'io? Perchè si muore? Sono tante le domande che un preadolescente potrebbe rivolgere ai genitori e bisognerebbe sempre accoglierle: «Non esiste domanda a cui non potete dare risposta: sforzarsi di farlo permette a vostro figlio di comprendere che voi siete sempre un loro punto di riferimento quando hanno una difficoltà, anche in questa fase evolutiva di "separazione". Sappiate poi che se tacete cercheranno altrove la soluzione e magari anche le figure autorevoli in quello specifico campo in cui voi non siete voluti entrare».
Come affrontare le domande scomode di mio figlio
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Partite dalla realtà che osservate. Non forzate la mano per affrontare a tutti costi dei temi che ritenete fondamentali. Aspettate le loro domande esplicite, o dei pretesti come magari un lavoro fatto a scuola che lascia qualche dubbio aperto. «Cogliete però anche le domande implicite: se ad esempio, entrando nella sua stanza, vedete che chiude di colpo il pc perchè scoperto mentre sta vedendo video imbarazzanti non arrabbiatevi e provate a parlare di quello che stava guardando. Libri o film possono essere invece stimoli dolci. Suggerisco "C'era una volta un'estate" (2013, Nat Faxon e Jim Rash)».
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Risposte proporzionate. Rispondete con il grado di profondità che vi sembra cerchi vostro figlio, anche per non spaventarlo con un eccesso di informazioni non richieste e che lo mettono a disagio: «Chiedetegli "perché me lo stai chiedendo?" per vedere se ha visto o sentito qualcosa e ha una curiosità superficiale o se invece è un bisogno che parte da una cosa che sta vivendo».
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Non vergognatevi. Spesso facciamo cadere alcune domande per la nostra difficoltà nell'affrontare un determinato argomento: «Provate a starci e se siete in imbarazzo rispetto a un fatto drammatico o un tema come la sessualità, ditelo. "È un tema molto delicato, ho bisogno di pensarci su" è una frase che dice che non avete tutte le risposte ma prendete sul serio la domanda di vostro figlio e la affrontate per provare ad aiutarlo».
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Non siate rigidi. Di fronte all'esternazione di una domanda, magari difficile e imbarazzante, non siate intransigenti e moralisti: «Accoglienza e assenza di giudizio prima di tutto. Poi certo non dovete minimizzare o fare gli amiconi: non è vero che "va bene tutto" pur di riuscire a comunicare con lui, se la pensate diversamente ditelo. Siate chiari nel circostanziare il vostro pensiero: se ad esempio un'amica di vostra figlia fuma, ciò non vuol dire che sia una cattiva persona e lei deve starle alla larga. Tuttavia è un fatto che fumare faccia male e sia sbagliato».
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Presidiate il territorio dell'online. Non ritenete al sicuro vostro figlio solo perché è nella sua cameretta: sexting o cyberbullismo lo colpiscono proprio lì e per questo è importante «partire dalle regole di base nell'uso dello smartphone, sia come tempi che come regole per una comunicazione rispettosa».
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Allenate il loro cervello. È un lavoro logorante, ma dovete mettere dei paletti chiari e dire dei no alla loro naturale tendenza a ricercare svago e cose piacevoli: «Siete voi in questa fase che dovete aiutare a costruire i significati delle cose che si fanno e allenare a prendere consapevolezza delle conseguenze a breve e lungo termine delle azioni.
Iniziare a insegnar loro ad avere consapevolezza di quello che c'è da fare».
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Fate squadra. Formatevi come genitori e fate squadra con altre famiglie, oltre che con tutto il corpo educante attorno a vostro figlio.
L'intervistata
Barbara Tamborini è una psicopedagogista che tiene laboratori educativi nelle scuole di ogni ordine e grado e corsi di formazione per docenti e genitori. È autrice di libri per bambini e ragazzi e coautrice, insieme ad Alberto Pellai, di volumi di psicologia e parenting molto apprezzati e tradotti in diversi paesi. Gli argomenti trattati in questo articolo si ritrovano anche nel suo libro "Next Level" (De Agostini, 2022)