Tentato suicidio in adolescenza: segnali, fattori di rischio e come intervenire
Presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, le richieste di aiuto da parte di ragazzi e famiglie per condizioni neuropsichiatriche urgenti, quali tentativi di suicidio e autolesionismo, sono quasi raddoppiate nel corso della prima e della seconda ondata pandemica. Alle limitazioni imposte dal Covid si aggiungono ora gli effetti destabilizzanti della guerra, che contribuiscono ad aumentare il senso di precarietà e instabilità tra i ragazzi. Quali sono i segnali di allarme e come intervenire? Ne parliamo con Maria Pontillo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
In questo articolo
Tentato suicidio in adolescenza: le cause
Quali sono dal vostro osservatorio le principali cause dei suicidi giovanili?
"La principale causa è lo stress indotto dall'isolamento sociale. La rete sociale, la condivisione affettiva e amicale sono fattori protettivi rispetto ad atti di autolesionismo. Un elemento importante è l'effetto tempo, nel senso che i ragazzi sono stati sottoposti per un periodo prolungato a questo stress e ad una serie di rinunce: ai progetti di vita, ai progetti scolastici, di studio, sportivi… sono stati costretti a fare a meno di un percorso di crescita nel momento di maggiore spinta all'indipendenza, durante il quale è normale e sano che avvenga la separazione dal nucleo familiare, la ricerca di nuove esperienze di autonomia. Non poter seguire quelle che sarebbero state le tappe fisiologiche dello sviluppo ha determinato una condizione di stress che si esprime in un vissuto di disagio, nell'alterazione dei ritmi sonno-veglia e dell'alimentazione, nell'aumento dell'ansia, in un tono di umore basso. Per i più vulnerabili, i sintomi tipici da stress si sono trasformati in un disturbo psichico come la depressione. Un altro tema è l'autoisolamento: molti ragazzi non sono riusciti a gestire la riapertura e il rientro a tempi di vita normali, alle richieste della società, alla scuola in presenza. In questo caso la risposta al disagio è l'annullamento".
Suicidio in adolescenza: cosa dice l’Oms
Cosa dice l'Oms in merito?
"Le linee guida dell'Oms fanno riferimento alla necessità di individuare precocemente i ragazzi a rischio: si consiglia di fare un lavoro di prevenzione in ambito scolastico, attraverso uno screening sulla salute mentale nelle scuole. Spetta ai pediatri e ai medici territoriali riconoscere i segnali precoci, ma anche i genitori possono fare attenzione a cambiamenti come l'aumento di aggressività, la chiusura relazionale, l'alterazione dei ritmi sono-veglia, l'insorgere di pensieri insoliti. Ad esempio, tornando alla scuola, anche i temi in classe possono veicolare richieste di aiuto o confessioni di episodi di autolesionismo: bisogna essere attenti a cogliere i segnali e agire precocemente. Perché il tentato suicidio è la punta estrema di un disagio psicologico che dura anni e non viene rilevato. Questo disagio molto spesso si chiama depressione; essa può esistere anche tra i bambini e gli adolescenti e se non viene precocemente diagnosticata e trattata può esitare nel tentativo di suicidio.
Se un genitore ha dei sospetti, è bene che si rivolga ad uno specialista e non sottovaluti la situazione, perché l'intervento precoce può essere davvero efficace. È vero che metà dei disturbi mentali presenti negli adulti sono sorti durante l'adolescenza, ma al contempo l'adolescenza offre anche grandi risorse e possibilità di cambiamento".
Valutazione del rischio suicidario in adolescenza
Cosa si intende con valutazione del rischio suicidario in adolescenza?
"La valutazione del rischio suicidario è l'analisi dei fattori che possono rappresentare un pericolo. Ad esempio, si ricostruiscono la storia e gli stati mentali del ragazzo per vedere se sono presenti segni clinici predittivi e premonitori. Quali sono? Sicuramente soffrire di depressione ma anche aver subito un abuso, un trauma, o l'avere una fragilità sul piano intellettivo, scarso successo scolastico. Aver vissuto eventi stressanti, episodi di bullismo. La presenza di un genitore con malattie organiche o psichiatriche gravi, la perdita di figure significative.
In sostanza, condizioni traumatiche importanti".
Adolescenza e pensieri di morte
I pensieri di morte in adolescenza sono aumentati con Covid e guerra?
"Sicuramente il trauma che il Covid ha prodotto è stato rinforzato da quanto accaduto dopo. La guerra ha aumentato nei ragazzi il senso di smarrimento, di paura rispetto al futuro, il senso di instabilità, di un possibile ribaltamento degli stili di vita e delle abitudini. La matrice comune di questi due eventi di attualità è il senso di incertezza, di rottura rispetto alla quotidianità, di perdita di una continuità dell'esistenza. L'annullamento della possibilità di fare progetti per il futuro. In questo senso, la guerra ha minato ancora di più l'equilibrio dei ragazzi, ha accentuato la tendenza a sviluppare pensieri negativi e legati al concetto di morte".
Suicidi adolescenziali: le statistiche
Ci sono dei dati sul fenomeno?
"Negli ultimi due anni abbiamo assistito ad una crescita importante dei tentativi di suicidio. Nella fase pre-pandemica (2019) eravamo al 15% delle richieste totali, ora siamo al 35% con un totale di circa 500 ospedalizzazioni all'anno per motivi neuropsichiatrici . Anche l'autolesionismo è aumentato, passando dal 29% delle richieste nel 2019 al 63% nel primo semestre del 2022. Il messaggio è chiaro: le conseguenze della pandemia sulla salute mentale dei giovani non si sono certo esaurite, anzi, si sono amplificate, anche a causa dell'inizio della guerra in Ucraina".
Figli di genitori suicidi
I figli di genitori suicidi devono essere più monitorati?
"Sì, esiste una ricerca scientifica sulla familiarità legata al suicidio. Avere avuto un genitore suicida rappresenta un fattore di rischio, quindi è bene monitorare maggiormente i ragazzi in questa situazione e fare più attenzione ai segnali di allarme. Lo stesso vale per i figli di un genitore con patologie psichiatriche, aspetti depressivi e in presenza di un'alta conflittualità in famiglia".
L'intervistata
Maria Pontillo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, è Dirigente Psicologo presso l'Unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.