Home Bambino Alimentazione

Autosvezzamento e "capricci": come interpretarli e come gestirli

di Giulia Foschi - 20.10.2022 - Scrivici

autosvezzamento-e-capricci
Fonte: Shutterstock
Passare all’alimentazione solida non è banale: fondamentale è fare in modo che il pasto non diventi un’imposizione. Come gestire il binomio autosvezzamento e capricci

In questo articolo

Autosvezzamento e capricci

Da sempre i genitori mostrano molta attenzione per i comportamenti alimentari dei bambini, spesso attribuendo più importanza al "quanto" che al "come". Infatti, origine di tante preoccupazioni è la quantità di cibo che i piccoli assumono e il rifiuto degli alimenti, categorizzato spesso come un capriccio: ma è giusto considerarlo tale? Come imparare a gestirlo? Parliamo di autosvezzamento e capricci con Sergio Conti Nibali, pediatra e autore del libro, edito da Uppa, "Non chiamatelo svezzamento".

Autosvezzamento e capricci

Autosvezzamento e capricci: cosa si intende con autosvezzamento e perché i bambini a volte potrebbero rifiutare il cibo? Questi atteggiamenti vanno chiamati capricci o è una definizione impropria?

"Per autosvezzamento intendiamo l'aggiunta di alimenti semisolidi alla dieta solo lattea nel momento in cui il bambino è pronto e richiede con chiarezza di volere iniziare ad assaggiare.

Per capriccio intendiamo quegli scatti d'ira che sono conseguenti all'incapacità del bambino di regolare le sue emozioni e i suoi comportamenti, ma alla cui base c'è sempre un bisogno implicito. Se riflettiamo, dunque, su queste definizioni è ovvio che nell'autosvezzamento non ci può essere un rifiuto, perché altrimenti vorrebbe dire che qualcuno cerca di far mangiare al bambino qualcosa senza che lui lo abbia chiesto. Se questo succede il bambino, ovviamente, si opporrà, come ritengo farebbe qualsiasi adulto se si trovasse nella stessa situazione".

Autosvezzamento e inappetenza

Autosvezzamento e inappetenza: quando dei semplici "capricci" vengono scambiati come inappetenza?


"
Le mamme e i papà devono sapere che tutti i bambini, chi più chi meno, chi prima chi dopo, chi di tanto in tanto chi spesso, alternano periodi di grande interesse per il cibo a periodi di riduzione dell'appetito; e che anche durante questi periodi in cui mangiano di meno sono sempre attivi, energici e vitali. Questo è un comportamento fisiologico. In generale, tuttavia, tutti i bambini sani riescono con il tempo a compensare questi periodi di inappetenza con maggiori assunzioni di calorie in altri periodi, per cui alla fine crescono e si nutrono bene, a condizione che a tavola siano portati cibi sani, vari e nutrienti.

Se i genitori hanno questo tipo di informazioni rispetteranno le scelte del loro bambino, che, dunque, non avrà motivo di fare i capricci".

Autosvezzamento e regressione

Autosvezzamento e regressione: come gestire il passo del gambero, ovvero progressi e regressi, nell'autosvezzamento?

"La gestione sarà tanto più serena quanto più il bambino si sentirà rispettato nelle sue scelte. Come accennavo prima, i bambini, e non solo per gli aspetti che riguardano l'interesse verso i cibi ma per tutti gli ambiti del loro sviluppo, mostrano questo tipo di comportamento: avanzano rispetto a una competenza e arretrano in altri ambiti dello sviluppo, per poi fare molti passi in avanti. I genitori devono essere consapevoli di queste fisiologiche caratteristiche del loro bambino.

Autosvezzamento: cosa non fare. Quali sono i comportamenti "intrusivi" e che effetti negativi potrebbero avere?

"Le mamme, i papà e tutti gli adulti che ruotano intorno ai bambini, soprattutto in questa fase iniziale dell'avvio dell'alimentazione con cibi semi solidi, hanno il compito di dare loro sostegno e dimostrare fiducia nelle loro competenze. Il bambino ha bisogno di avere accanto un adulto responsivo che lo osserva, comprende le sue richieste e si attiva per soddisfarle. Tutto questo in un clima di serena di reciproca fiducia.

Se, viceversa, si ritiene che al bambino debbano essere imposti orari, cibi, quantità che non corrispondono a quelle che sono le sue richieste, si rischia di trasformare il momento del pasto in uno scontro tra l'adulto che comanda e il bambino che dovrebbe eseguire. Il risultato sarà quello di stravolgere il significato di un momento che per sua natura dovrebbe essere naturale e piacevole".

Autosvezzamento e neofobia: che cos'è

Autosvezzamento e neofobia: cosa si intende?

"Per neofobia si intende l'avversione dei bambini, intorno ai 2-3 anni di età, verso alcuni cibi. Trova una spiegazione nell'evoluzione dell'essere umano e in particolare nell'ambiente in cui viveva parecchi millenni fa: le piante producono sostanze amare per difendersi dagli erbivori e dagli organismi nocivi, e il cibo che si deteriora sviluppa naturalmente un sapore acido.

Noi ci siamo adattati a questi fattori ambientali e, per sopravvivere alle erbe velenose e ai cibi avariati, abbiamo sviluppato ostilità verso questi sapori. Tale diffidenza, dunque, è causata da un vantaggio evoluzionistico e ha svolto l'essenziale funzione di proteggere i bambini durante le loro esplorazioni autonome, evitando che fossero attratti dai cibi con un sapore diverso da quelli conosciuti: la neofobia è dunque una sorta di paura, repulsione, avversione nei confronti degli alimenti dal sapore ignoto".

Autosvezzamento e neofobia: come combatterla

Autosvezzamento e neofobia: come combatterla?

"Evitare la comparsa della neofobia è possibile: basta che la madre, durante la gravidanza, segua una dieta molto varia in termini di sapori, e mantenga questo approccio anche durante l'allattamento e sin dalle prime fasi dell'alimentazione complementare, assumendo e proponendo al bambino alimenti sicuri ma dal sapore variabile (compresi quelli acidi, aspri, amari).

Le preferenze e i comportamenti alimentari determinati da questo "programma genetico" vengono infatti profondamente modificati dalle esperienze che i bambini fanno ancora prima di nascere e nel corso del primo anno di vita. Possiamo quindi affermare che la neofobia si contrasta soprattutto con la prevenzione, evitando di incorrere nell'errore di variare poco la dieta familiare, e quindi del bambino, nella fase di avvio dell'alimentazione complementare".

Autosvezzamento e ricompense

Autosvezzamento e ricompense: vanno bene si o no?

"Per convincere i bambini a mangiare qualcosa che non vogli ono, oppure a terminare quanto hanno lasciato nel piatto, i genitori ricorrono a diversi espedienti, tra i quali – ed è uno dei più gettonati – c'è sicuramente la ricompensa: può trattarsi di una caramella o della promessa di comprare un giocattolo, o di andare al parco, e così via. 

Numerosi studi hanno messo in luce che questa pratica non funziona alla lunga, e che, anzi, è controproducente sia dal punto educativo che relazionale.

I genitori devono essere consapevoli che per i bambini mangiare è naturale e che quindi non servono espedienti per farli mangiare di più di quanto loro decidono in quel momento.

Devono avere fiducia nelle loro capacità di autoregolazione".

L'intervistato

Sergio Conti Nibali è pediatra di famiglia a Messina. È stato componente del Comitato nazionale multisettoriale per l'allattamento del Ministero della Salute e del Tavolo Tecnico per l'allattamento della Regione Sicilia. È responsabile del Gruppo Nutrizione dell'Associazione Culturale Pediatri (ACP). Autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali, dal 2016 al 2021 è stato direttore di Uppa magazine, per il quale è ora consulente scientifico. Il suo ultimo libro, edito da Uppa, è "Non chiamatelo svezzamento".

Il podcast: autosvezzamento, quando iniziare?

"Autosvezzamento, cos'è e come iniziare?" Risponde in questo podcast il Dottor Sergio Conti Nibali, pediatra esperto di educazione alimentare, autore del manuale "Non chiamatelo svezzamento - L'autosvezzamento spiegato bene: una guida pratica dai pediatri di Uppa
Per saperne di più sull'autosvezzamento: Io mi svezzo da solo: l'autosvezzamento

TI POTREBBE INTERESSARE

ultimi articoli