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Carni rosse e insaccati: un nuovo studio ne attesta la pericolosità. Ma è proprio così?

di Angela Bisceglia - 18.05.2017 - Scrivici

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Fonte: Foto: Pixabay
Uno studio pubblicato pochi giorni fa sull’autorevole British Medical Journal collega un consumo eccessivo di carni rosse ed insaccati ad un aumentato rischio di mortalità del 26%. Al bando bistecche e salumi, quindi? Nostrofiglio.it ha chiesto un commento su questo studio al nutrizionista e tecnologo alimentare Giorgio Donegani.

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Lo studio, condotto da Arash Etemadi del National Cancer Institute statunitense, è di quelli che non lasciano dormire sonni tranquilli, perché dice, senza troppi giri di parole, che un consumo eccessivo di carni rosse e insaccati aumenta il rischio di mortalità del 26%. Queste conclusioni derivano da un’indagine condotta per 16 anni su un campione di oltre mezzo milione di persone, quindi anche i numeri sono considerevoli. Se invece si consuma carne bianca e pesce, dice sempre la pubblicazione, il rischio diminuisce del 25%.

“Per leggere nel modo corretto i risultati di questo studio, occorre fare prima alcune precisazioni” dice il nutrizionista Giorgio Donegani:

  • L’indagine è stata svolta sulla popolazione americana, che ha consumi di carne molto più abbondanti rispetto a noi, con una media annua di 125 kg a testa, a fronte dei nostri 70 kg circa.
  • Negli Stati Uniti la carne rossa viene abitualmente grigliata: un metodo di cottura che fa raggiungere alla carne temperature particolarmente elevate, che possono provocare la formazione di ammine eterocicliche, sostanze alle quali è stato riconosciuto un alto rischio cancerogeno.
  • La popolazione americana ha percentuali di obesità assai elevate e l’obesità è un fattore di rischio riconosciuto per malattie cardiovascolari o tumorali.
  • Nello studio americano è evidenziato che, per quanto riguarda gli insaccati, le sostanze più dannose sono i nitriti e i nitrati, che sono aggiunti come conservanti: anche in tal caso, il consumo di salumi di noi italiani è decisamente inferiore rispetto al consumo americano, inoltre nel prosciutto crudo certificato come DOP certe sostanze per legge sono assenti.
  • Gli allevamenti americani sono sottoposti a regole diverse e più “morbide” rispetto alle nostre. In Italia tutti gli alimenti di origine animale sono controllati dal Sistema informativo veterinario nazionale, che dipende direttamente dal Ministero della Salute ed è considerato il più efficiente sistema di controlli in Europa (in altri Paesi, anche europei, i controlli sono svolti da organismi indipendenti). In Italia è vietato da anni l’utilizzo di ormoni e antibiotici a scopo di crescita; gli antibiotici sono usati unicamente a scopo terapeutico, dopodiché gli animali possono essere messi in vendita solo dopo un periodo di bonifica.
  • Si possono considerare carni rosse quelle di animali adulti appartenenti a specie bovina, equina, caprina e ovina, quindi ne sono esclusi agnelli e vitelli, catalogati come carne bianca, e i suini, che sono considerati come carne rosa, cioè una via di mezzo tra la bianca e la rossa; nello studio statunitense invece sono annoverati tutti come carne rossa.

Lo IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, indica la carne rossa come probabile cancerogeno e raccomanda come quantità da non superare un consumo di 500 grammi a settimana, quantità che in Italia difficilmente superiamo.


Infine, come evidenziato anche dallo studio, ad un consumo eccessivo di carne si associa un consumo scarsissimo di frutta e verdura, che invece noi “mediterranei” assumiamo in elevate quantità.

Anche le percentuali sono da leggere nel modo corretto: dire che un consumo eccessivo di carne fa aumentare il rischio di ammalarsi del 26% non significa che si ha un 26% di possibilità di ammalarsi di cancro o andare incontro ad altre gravi patologie, ma solo che aumenta la percentuale di rischio. Se ad esempio il rischio di una persona è pari all’1%, questo studio dice che con un consumo di carne eccessivo il rischio diventa dell'1,26%.

Quali conclusioni trarre?

Si tratta di uno studio autorevole ma che non riguarda le nostre abitudini italiane, condotto in un Paese in cui gran parte della popolazione è obesa e consuma carne in quantità eccessiva e cucinata in modo sbagliato” risponde Donegani. “Quindi non può essere considerato un discorso valido per una popolazione, come quella italiana, che in Europa è tra quelle che consumano meno carne e più frutta e verdura.


Proprio per questo, consumare un paio di volte alla settimana una quantità moderata di carne, sia rossa che bianca, dando la preferenza a carne italiana, cioè nata, allevata e macellata in Italia, all’interno di un regime alimentare vario e ricco di frutta e verdura, consente di fare un’alimentazione equilibrata. E certamente non dannosa per la salute”.

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