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Svezzamento: il galateo

di Stefano Padoan - 16.11.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Durante lo svezzamento il galateo a tavola non è la cosa più importante: ecco le regole della nutrizionista Elisa De Filippi

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Svezzamento: il galateo

Forse non tutti sanno che non si parla più di "svezzamento" ma di "alimentazione complementare a richiesta". Durante questa fase, molti genitori si concentrano su dosi, grammature e schemi predeterminati ma trascurano la cosa più importante: la possibilità per il bambino di sperimentare e "autoregolarsi", mangiando ciò che mangiano gli adulti. Ovviamente sarà importante prendere le giuste accortezze sia nutrizionali che per quanto riguarda la consistenza degli alimenti nell'ottica della prevenzione del rischio soffocamento.

Certo, nello svezzamento il galateo a tavola potrà essere un po' trascurato; la nutrizionista Elisa De Filippi, autrice di "Svezzamento: io mangio con voi!" (Red Edizioni, 2022) suggerisce quali strappi alle regole della buona educazione concedere al bambino.

Svezzamento tradizionale o no?

Sono ormai diversi anni che il termine svezzamento, dal punto di vista scientifico, è stato sostituito da "alimentazione complementare a richiesta". Non è una moda, ma l'esito di anni di studi che hanno rivisto l'introduzione di cibi solidi: «Il verbo "svezzare" infatti significa "togliere il vizio" (quello di ciucciare il latte) - spiega l'esperta - e questo portava con sé la credenza che il passaggio ai cibi solidi fosse da fare il prima possibile».

In passato i bambini venivano svezzati anche a 3-4 mesi, pensando così di non legarlo troppo alla madre e di sopperire a presunte carenze nutrizionali date dalla sola assunzione del latte. «Oggi in realtà sappiamo che ciucciare il latte non è un "vizio", ma risponde a un preciso bisogno nutritivo, affettivo e relazionale».

Svezzamento: da quando

Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha avallato la nuova definizione, dando linee guida precise circa l'età in cui introdurre i primi cibi solidi: «Non si consiglia prima dei 6 mesi, perché il bambino non ha ancora raggiunto alcuni precisi requisiti motori e neurologici. Attorno ai 6 mesi, invece, inizia a mantenere la posizione seduta con un po' di supporto della schiena e perde il "riflesso di estrusione", ovvero la tendenza di espellere con la lingua ciò che viene introdotto in bocca e di conseguenza non sa ancora deglutire correttamente.

(Provate ad avvicinare un cucchiaino pieno di purea di frutta alla bocca di vostro figlio e vi accorgerete subito se lo sputa fuori o no). Inoltre a questa età cresce l'interesse nei confronti del cibo, che si acquisisce pian piano condividendo i pasti con mamma e papà».

Svezzamento: schema o scoperta?

Ecco perché non serve un ordine cronologico di inserimento dei cibi: «Ancora oggi ai genitori vengono proposti una serie di schemi di introduzione, ma si tratta di nozioni superate e non supportate da studi scientifici. Anzi, se prendiamo le linee guida più aggiornate sulla prevenzione delle allergie, scopriamo che anche alimenti considerati allergizzanti come uova, kiwi, latticini, pomodori e fragole andrebbero introdotti tra i 6 e gli 8 mesi, non molto più avanti come si diceva una volta». Lo svezzamento è invece un momento di scoperta per il bambino, da vivere come genitori e da far vivere al piccolo con maggiore libertà e spensieratezza. «Certo, il cibo proposto deve avere una determinata consistenza ed essere tagliata in modo da essere sicuro per l'ingerimento».

Svezzamento: dove mangiare

Il primo strumento è il seggiolone: «Alcuni genitori mettono il figlio sul seggiolone qualche settimana prima di cominciare lo svezzamento, per capire se durante il loro pasto il bambino mostra interesse verso i cibi in tavola». Deve essere scelto sulla base delle loro caratteristiche fisiche, o dotato di seduta evolutiva che si adatta alla loro altezza: alcuni seggioloni infatti sono troppo grandi e il bambino ci "sprofonda dentro", mentre invece «dovrebbe essere in grado di appoggiare i gomiti e guardare cosa c'è sul suo vassoio». Passate poi ai vari alzasedia, ma è fondamentale porsi davanti al bambino mentre mangia e non lasciarlo mai solo quando verrà seduto sul seggiolone. Questo lo abituerà al fatto che ci sarà un segnale di inizio pasto (appunto il sedersi sul seggiolone), ed inoltre è importante porsi di fronte al bambino al fine di prevenire rischi di soffocamento ed osservare episodi di rigurgito o gag reflex»

Svezzamento: quantità

Parlando di quantità, bisogna considerare che il latte rimane l'alimento principale del bambino per tutto il primo anno di vita.

Ecco perché è importante sapere che nei primi assaggi l'obiettivo non è quello di nutrire il bambino a tutti i costi, insistendo perché provi tutto o finisca tutto: «Il piccolo deve poter conoscere il cibo attraverso l'esplorazione sensoriale ed è normale che nelle prime settimane mangi pochissimo e non salti nemmeno una poppata. Anzi, per favorire il primo approccio ai cibi solidi è preferibile presentare pochissimo cibo nel piattino (o anche semplicemente sul vassoio del seggiolone)».

Mangiare con le mani

Se dunque l'obiettivo è permettere al bambino di scoprire il cibo, è inevitabile che usi le manine: «La manipolazione non solo migliora la motricità fine, ma è anche il principale mezzo con cui, insieme agli altri sensi, il bambino scopre il mondo attorno a sé. Bisogna dunque lasciarlo libero di toccare, sporcare, esplorare le varie consistenze. Per favorirlo è necessario tagliare i vari cibi a striscioline (pane, carote, zucchine, polpette allungate, fusilli), perché tra i 6 mesi e gli 8-9 mesi il bambino ha solo la presa palmare (quindi con tutto il pugno)». Svilupperà solo dagli 8-9 mesi la presa a pinza (quella che gli permette di prendere un pezzetto di cibo con indice e pollice) e potrà così mangiare in maniera più ordinata.

Le posate: quando introdurle. Le posate possono essere messe accanto al bambino dall'inizio dello svezzamento in poi: tuttavia dobbiamo essere consapevoli che non riuscirà ad utilizzarle prima dell'anno, meglio ancora tra i 15 e 18 mesi; aiutatelo voi all'inizio e poi dategli modo di provarci da solo, anche se farà piccoli disastri. E se preferisce mangiare con le mani fino ai 2 anni, va bene. Potete aiutarlo nel frattempo proponendogli dei giochi di manualità fine, come travasare con un cucchiaio da un bicchiere all'altro dei fiocchi d'avena o del riso soffiato».

Fino a quando imboccare un bambino

Nei primi mesi è normale imboccare un bambino, anche solo per guidarlo nell'esplorazione di un nuovo alimento: «Se gli avvicinate del cibo alla bocca, con le vostre mani o con una forchettina o cucchiaino, aspettate che sia lui ad aprire le labbra. Primo perché, come detto prima, non ha senso forzarlo. Secondo perché così rispettate il suo senso di fame e sazietà. Servirà un aiuto più prolungato per le consistenze liquide e cremose: ecco perché è necessario non proporgli solo pappe ma anche alimenti solidi affinché cominci a usare da solo le prime forchette. L'obiettivo è sempre condurlo verso l'autonomia».

Come tagliare i cibi in sicurezza per i bambini?

Come vanno tagliati i cibi in sicurezza? Risponde Elisa De Filippi, biologa nutrizionista, autrice del libro "Svezzamento: io mangio con voi" Consigli ricette e menu per tutta la famiglia Red Edizioni

Butta il cibo per terra: cosa fare

Anche il buttare il cibo per terra fa parte delle sperimentazioni del bambino, che infatti in questi mesi (e fino all'anno di età) tende a far cadere anche i propri giochi. È la scoperta della forza di gravità, e bisogna provare ad avere un atteggiamento neutro di fronte a questo perché il valore del cibo gli va ancora insegnato: «Quando capita, guardatelo negli occhi e dite con calma "non si fa"; provate anche a mettere in un piattino a parte il cibo che vuole buttare giù. O riempite meno il piatto: a volte vogliono solo svuotarlo rapidamente come nei classici giochi di riempimento/svuotamento. A fine pasto infine potrete raccogliere insieme il cibo che è caduto e gettarlo nella spazzatura, per far loro toccare con mano (senza moralismi) la conseguenza della sua azione». Se andate a casa di altri o al ristorante, munitevi di bavaglino con tasca e coperture che possano rendere più agevole la pulizia finale: «Dagli amici basterà avvisare che vostro figlio è in svezzamento e saranno comprensivi; suggerite magari un pasto che sapete che mangerà senza fatica».

Le prime regole a tavola

Come sappiamo i bambini imparano per imitazione: anche le regole della buona educazione a tavola si trasmettono piano piano, mangiando insieme a genitori e fratellini.

  • Non costringeteli a tavola fino a fine pasto. «In fase di svezzamento non possiamo pretendere che stia a tavola fino a quando non abbiano finito tutti, perché il suo tempo di attenzione è limitatissimo e non percepisce ancora il senso sociale del mangiare insieme. Quando è sazio, fatelo andare a giocare».
  • Usare le posate. Anche il mangiare con le posate si acquisisce poco a poco: ancora a 6 anni potrà capitare che istintivamente prendano una polpetta con le mani.
  • No a piatti alternativi. Sul menu invece poche deroghe: non trasformatevi in genitori-catering, che cucinate solo ciò che gradisce o che siete pronti a cambiare una portata solo per lui. «A tavola si condivide il menu pensato per tutta la famiglia. È giusto avere i propri gusti, ma se proprio quella verdura non gli piace non ce ne sarà una diversa per lui: mangerà una cosa in meno. E se secondo voi così non fa un pasto completo, date qualcosa in più di ciò che è già a disposizione, come del pane o della frutta».
  • Nessuna distrazione. Giochi, pupazzi, tv, tablet e smartphone: tutto bandito a tavola, a qualsiasi età. «Il bambino deve essere concentrato sul pasto, non solo perché rischia di soffocarsi. Dobbiamo educarlo in generale ad "essere presente" nelle cose che fa e a tavola ciò si traduce nel gustare il piatto, anche sperimentando tutte le sensazioni che certi gusti gli provocano. Altrimenti non saprà nemmeno cosa sta facendo. Al genitore che cerca di distrarlo consiglio di capire perché sente il bisogno di farlo: forse perché gli si propone troppo cibo che a un certo punto diventa difficile da finire per il bambino? O gli si propone sempre le stesse tre cose e non si variano mai le consistenze? O forse è il genitore stesso ad approcciarsi in modo troppo ansioso al pasto e si premunisce così di alcuni "aiuti"».

L'intervistata

Elisa De Filippi, biologa nutrizionista, è specializzata in nutrizione materno-infantile e in particolare alla fascia della prima infanzia. Mamma di due bambini, autrice di "Svezzamento: io mangio con voi!" (Red Edizioni, 2022), racconta le ricette e i menu che prepara con loro e per loro sulla sua pagina Instagram @mammanutrizionistaincucina e sul suo blog www.elisadefilippi.it.

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