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Bambini e Covid-19: i rischi per lo sviluppo e la salute psicologica e l'importanza di nidi e scuole d'infanzia

di Valentina Murelli - 28.05.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
I bambini sono stati i grandi dimenticati durante l'emergenza coronavirus. Ora è necessario metterli al centro della discussione e tornare a ragionare su nidi e materne di qualità. Il commento di Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per Salute del Bambino di Trieste

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Bambini dimenticati

È stato detto tante volte: nel nostro paese i bambini sono stati i grandi assenti dalle discussioni e dalle decisioni politiche relative all'emergenza coronavirus. Mentre in Finlandia e in Norvegia le due prime ministre - rispettivamente Senna Marin e Erna Solberg - hanno organizzato conferenze stampa dedicate in modo esclusivo ai bambini, in cui sono stati proprio loro a porre domande, in Italia non sono quasi mai stati menzionati, se non molto velocemente, nei messaggi ufficiali del Governo.

Non si meraviglia il pediatra Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la salute del bambino di Trieste: "Se i bambini e le bambine sono stati considerati ultimi nel corso di questa emergenza significa che lo erano anche prima. Con alcune, virtuose eccezioni, società e politica non se ne occupano, come chiariscono gli scarsi investimenti sui servizi educativi precoci, come i nidi per la fascia 0-3, e sulle competenze genitoriali". Però proprio i bambini rischiano di subire ricadute importanti in conseguenza dell'emergenza coronavirus, delle misure restrittive che – giustamente in alcuni periodi – sono state prese e dell'assenza di piani precisi (e dei conseguenti investimenti) per garantirne il pieno sviluppo educativo, cognitivo e sociale, oltre che la sicurezza sanitaria.

Ma quali sono esattamente i rischi che hanno corso e corrono i bambini, in consequenza della pandemia e delle misure prese per arginarla? 

Covid-19 e rischi per la salute dei bambini

Ne abbiamo scritto più volte: i dati finora disponibili sono concordi nel sottolineare che nella maggior parte dei casi, la Covid-19 provoca nei bambini solo sintomi lievi, il che però non significa che sia completamente innocua. Per quanto rare, sono possibili complicazioni importanti anche tra i bambini, soprattutto quelli molto piccoli, e si sta indagando sul possibile collegamento tra Sars-Cov-2 e malattia di Kawasaki, o meglio con una sindrome infiammatoria acuta multisistemica che ha molti tratti in comune con la Kawasaki.

Il punto, però, è che per quanto importanti siano gli aspetti sanitari, a quattro mesi dallo scoppio dell'epidemia di coronavirus in Italia, non possono essere questi gli unici a venire presi in considerazione quando si parla di bambini, servizi educativi, scuola. Come del resto gli aspetti sanitari non sono stati gli unici presi in considerazione quando sono state valutate le riaperture delle attività produttive. Come ha scritto la giornalista scientifica Roberta Villa sulla sua pagina Facebook "Come si calcolano rischi e benefici per le altre attività essenziali, cercando di ridurre i primi, ma sapendo di non poter fare a meno dei secondi, così vale per la scuola".

Covid-19: i rischi per la salute emotiva e psicologica dei bambini

In un'intervista rilasciata al New York Times la presidentessa dell'American Academy of Pediatrics Sally Goza ha dichiarato che "anche i bambini di soli tre, quattro o cinque anni stanno sperimentando e manifestando molta ansia nei confronti del virus". Sono circondati da un clima generale di ansia e preoccupazione e in alcuni casi hanno perso persone care, o hanno il terrore di perderle. "Penso che ora e in futuro i bambini abbiano e avranno bisogno di molto aiuto per gestire le emozioni e le paure che stanno provando" ha concluso Goza.

Sempre nello stesso articolo, la pediatra Marilyn Augustyn del Boston Medical Center, teme che i bambini imparino ad aver paura degli altri e che, in virtù del loro pensiero magico, finiscano con l'immaginare che alcune restrizioni come la chiusura dei parchi giochi siano una punizione per qualcosa di male che hanno fatto. 

Rischi per lo sviluppo cognitivo e relazionale

Ormai i dati della letteratura scientifica ce lo dicono chiaramente: le esperienze dei primissimi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale, "perché è proprio nei primi due-tre anni che si gettano le fondamenta neurobiologiche di competenze cognitive come leggere, far di conto, prestare attenzione, ricordare, elaborare piani flessibili e di competenze relazionali" chiarisce Tamburlini.

Ma ci dicono anche che se da un lato il ruolo della famiglia in questo sviluppo è predominante, è molto rilevante anche quello di servizi educativi, per esempio i nidi e le scuole d'infanzia, di qualità.

In alcune regioni d'Italia i bambini e le bambine sono a casa da nidi e scuole materne dal 24 febbraio scorso, in altre dal 9 marzo ed è quindi inevitabile chiedersi se questa lunga interruzione dei servizi possa avere conseguenze negative sul loro sviluppo. "Non disponiamo di studi che ci dicano che cosa succede quando si interrompe la frequenza di spazi educativi 0-6 per un periodo come questo" afferma Tamburlini. "Però ne abbiamo molti che mettono in relazione le competenze dei bambini con la durata della frequenza di questi servizi e ci dicono che la mancata frequenza per un periodo di circa sei mesi comporta una riduzione misurabile in termini di competenze cognitive e socio-relazionali, e questo a parità di altre condizioni come il livello di istruzione dei genitori, l'occupazione della madre e altro".

Sono competenze cognitive per esempio quelle linguistiche, cioè capacità di comprensione ed espressione della lingua, a loro volta correlate alle performance scolastiche più avanti nella vita dei bambini, ma anche la capacità di prestare attenzione o la memoria, che ovviamente dipende da quanto viene esercitata. Sono invece competenze socio-relazionali la capacità di rapportarsi agli altri, riconoscere le emozioni proprie e altrui, sapere seguire delle regole del gioco quando si svolgono attività insieme.

"Il fatto che non abbiamo dati relativi a interruzioni di tre-quattro mesi non significa che in questo caso non possano esserci effetti, ma solo che non sono stati analizzati" sottolinea Tamburlini. Precisando che gli effetti osservati dagli studi disponibili sono a lungo termine, nel senso che se ne può chiaramente vedere le conseguenze quando i bambini iniziano la scuola primaria, ma per fortuna sono anche recuperabili.

"La recuperabilità, tuttavia, dipende da quello che avviene nei servizi educativi quando ricomincia la frequenza e da quello che avviene nella famiglia durante l'interruzione. Se già in famiglia c'erano situazioni non ideali, è chiaro che i rischi di perdita diventano più marcati e la recuperabilità minore".

Un modo per dire che se in questa circostanza di sofferenza e disagio generale per i bambini, a rischiare di più sono in particolare i bambini più fragili, quelli che invece più avrebbero bisogno dell'attenzione dei servizi, come i bambini con disabilità o provenienti da ambienti caratterizzati da povertà economica ed educativa.

"I bambini non sono il nostro futuro. Sono il loro futuro, ma soprattutto il loro presente, ed è nel presente, nel qui e ora, che vanno riconosciuti i loro diritti. A giocare, a essere istruiti, a sviluppare il massimo del loro potenziale". Giorgio Tamburlini

Perché riaprire nidi e centri estivi

Per Tamburlini, che con il collega Federico Marchetti ha firmato sulla rivista Medico e Bambino un articolo sulle motivazioni e indicazioni per l'apertura di spazi educativi per bambini non ci sono dubbi: è sicuramente il momento di riaprire nidi e centri estivi per la fascia 0-6. Il governo ha indicato per la riapertura la data del 15 giugno: sono state pubblicate linee guida specifiche relative alla fascia 3-6, ma sono in lavorazione in questi giorni anche linee guida per la fascia 0-3. "Molti centri e comuni si sono già attrezzati o lo stanno facendo, alcuni sono all'avanguardia, altri aspettano di capire meglio le indicazioni nazionali: si tratterà di sperimentazioni, fondamentali anche in vista delle riaperture di settembre. Altrimenti si arriverà alla fine dell'estate senza essersi attrezzati per bene".

 

Vedremo che cosa indicheranno esattamente le linee guida, ma secondo Tamburlini le misure da prendere non dovrebbero essere poi molte e insormontabili.

"La prima cosa da fare è che educatori, insegnanti e accompagnatori dei bambini siano ben consapevoli che per presentarsi al servizio non devono aver avuto sintomi anche lontanamente riferibili alla Covid-19 nei 20 giorni precedenti (e questo naturalmente vale anche per i bambini). Poi valgono per gli adulti le misure di distanziamento e di utilizzo delle mascherine. Ricordo che per i bambini sotto i sei anni le mascherine non sono obbligatorie perché non riescono a tenerle o a tenerle nel modo corretto. E comunque alcuni dati suggeriscono che la contagiosità da parte dei piccoli sia davvero ridotta. Visto che entriamo nell'estate, si potrà stare all'aperto, dove il rischio di contagio è ulteriormente ridotto, mentre al chiuso dovrebbe bastare lavarsi bene le mani all'ingresso e in uscita e disinfettare ogni giorno gli oggetti, giochi, libri di uso frequente. Basta una passata all'inizio giornata con un blando disinfettante, non occorre farlo ogni cinque minuti".

Del resto le esperienze alle quali ispirarsi non mancano, visto che in alcuni paesi come la Danimarca, servizi educativi e scuole hanno riaperto e in altri come la Svizzera i nidi non hanno mai chiuso, come racconta questo articolo pubblicato su Varese News. Una mamma del Canton Ticino racconta invece che alle materne, riaperte un paio di settimane fa, le classi sono state divisi in due gruppi: uno frequenta al mattino e uno al pomeriggio per un massimo di tre ore al giorno. Nelle aule sono rimasti solo giochi disinfettabili e i bambini escono molto, usando per spostarsi una corda con tanti nodi, uno ogni metro e mezzo. Ciascun bambino sa che deve afferrarne uno per rispettare le distanze. 

Cosa possono fare le famiglie

Anche la famiglia, come abbiamo detto, ha un ruolo importante da giocare, e servirebbero più investimenti per mettere i genitori in condizione di svolgerlo davvero, sia sul piano delle competenze sia per esempio su quello del tempo a disposizione.

Le cose da fare per promuovere il potenziale di sviluppo dei bambini – in questo particolare momento di emergenza, ma anche in generale – non sono comunque poi molte e difficili. Ecco i consigli di Tamburlini:

  • lettura condivisa di libri illustrati, con e senza parole;
  • attività motoria insieme, con e senza musica;
  • piccole esplorazioni dell'ambiente: un bosco vicino a casa, un museo, la biblioteca del paese;
  • giochi insieme, preferibilmente non con giochi strutturati ma inventandosi le cose da fare con quello che si trova sul posto al momento.

"Sono tutte attività che si possono fare in casa o nei dintorni e che permettono di sviluppare le competenze del bambino in tutte le dimensioni" conclude Tamburlini.

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