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Il bambino gioca? Lascialo libero

di Marzia Rubega - 23.07.2012 - Scrivici

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Una carrellata storica del pensiero dei principali studiosi dell'infanzia che si sono soffermati a riflettere sul gioco e i bambini, secondo prospettive diverse. Oggi approfondiremo Jean Jacques Rousseau, che ha considerato fondamentale il rapporto dei bimbi con la natura e i suoi ritmi, e l'esperienza diretta, già dai primi anni di vita.

Sebbene solo nell'Ottocento fioriscano studi più sistematici e approfonditi sull'infanzia, le caratteristiche dello sviluppo e le esigenze del bambino, non possiamo dimenticare un grande precursore: Jean Jacques Rousseau (1712-1778), capostipite settecentesco della pedagogia moderna.

Il filosofo ginevrino considera fondamentale il rapporto dei bimbi con la natura e i suoi ritmi, e l'esperienza diretta, già dai primi anni di vita.

Ma in cosa consiste il pensiero di Rousseau sulla relazione tra bimbo e natura? Lo spiega chiaramente Anna Oliverio Ferraris nel suo saggio, A piedi nudi nel verde (scritto con Albertina Oliverio, Giunti): “l’educazione naturale assume un duplice significato: da un lato deve avvenire a contatto col mondo della natura e lontano dalla società corrotta degli adulti; dall’altro deve seguire i ritmi dello sviluppo individuale e le caratteristiche psicologiche dei diversi momenti della crescita: prima infanzia, seconda infanzia, fanciullezza, adolescenza”.

Ogni tappa dello sviluppo del bambino è costellata da esperienze che devono assolutamente essere dirette, di prima mano. E l'adulto non dovrebbe mettersi in mezzo e dare soluzioni. Per Rousseau - come ricorda Anna Oliverio tra le pagine del suo libro - “è bene che l’adulto lasci la possibilità al bambino di imparare attraverso i suoi tentativi e i suoi errori. A meno che non ci siano dei pericoli: nel qual caso bisognerà intervenire, spiegare. Se noi adulti non li facciamo vergognare dei loro errori e delle loro goffaggini, i bambini familiarizzano con l’ambiente circostante senza problemi, si correggono, modificano il loro approccio, ripetono le stesse sequenze motorie fino a quando non le padroneggiano. Raggiunta una padronanza sufficiente, passano ad altro”.

Tutto questo avviene in una dimensione quotidiana e pratica, dove il gioco è fonte di gioia, attività stimolante e alleato fondamentale per scoprire il mondo.

La lezione di Rousseau anticipa, dunque, e influenza quegli educatori che nel corso dell'Ottocento si occuperanno di indagare lo sviluppo del bambino e il (possibile) valore e significato del gioco.

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