La vaccinazione contro il meningococco di tipo B (MenB) è una delle grandi novità del Piano vaccinale 2017-2019, che lo prevede per tutti i nuovi nati, come vaccinazione caldamente raccomandata, anche se non obbligatoria. Ecco tutto quello che bisogna sapere.
Il vaccino anti meningococco B rappresenta uno strumento per la prevenzione della meningite provocata da un tipo particolare di meningococco (o batterio Neisseria meningitidis), e cioè il meningococco del gruppo (o sierogruppo) B. Ricordiamo che esistono anche altri gruppi di meningococco responsabili della malattia (A, C, W135, Y), per i quali sono disponibili altri vaccini.
Per i nati a partire dal 2017, il calendario vaccinale prevede tre dosi di vaccino nel primo anno (tra il terzo e il quarto mese, tra il quarto e il quinto mese e a sei mesi) più una quarta al 13esimo mese. Poiché non si hanno ancora dati definitivi sulla durata della protezione, non è escluso che in futuro possa essere necessario introdurre un’ulteriore dose in età prescolare.
Il vaccino può comunque essere fatto anche più avanti, e può essere fatto a chi è nato prima del 2017. In questo caso sono le singole regioni a decidere se a pagamento, gratuitamente o in forma di co-pagamento. Il numero di dosi varia a seconda dell'età del bambino.
L'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ne ha autorizzato l'immissione in commercio nel 2013 e di fatto è disponibile in Italia dai primi mesi del 2014, quindi di fatto da poco più di tre anni. Sono in molti a chiedersi se possiamo essere certi che non sia dannoso.
"In realtà il primo requisito fondamentale perché un vaccino sia messo in commercio è proprio la sicurezza e se l'Agenzia europea dei medicinali ha ritenuto opportuno autorizzarlo, significa che il vaccino aveva superato tutte le procedure di valutazione previste" spiegano Silvia Declich e Maria Cristina Rota, del Reparto di epidemiologia delle malattie infettive dell'ISS. Va ricordato che il vaccino è stato autorizzato anche negli Stati Uniti, dalla Food and Drug Administration.
"Certo, proprio perché si tratta di un vaccino relativamente nuovo, è stato richiesto ai produttori di continuare a monitorarne gli effetti sulla popolazione vaccinata: a mano a mano che aumentano le persone che lo ricevono, infatti, potrebbero emergere eventuali effetti avversi molto rari. Va detto però che, fino ad ora, non sono emerse particolari reazioni avverse degne di nota".
"Gli studi condotti finora indicano una buona efficacia del vaccino, che dunque è in grado di proteggere dall'infezione in modo significativo" rispondono Declich e Rota.
In realtà, secondo quanto riportato in un documento dell'ISS dedicato proprio a questa vaccinazione e pubblicato nel giugno 2014, il vaccino protegge contro la grande maggioranza dei ceppi di meningococco B, ma non contro la totalità.
La protezione viene comunque considerata elevata. "Del resto, diciamolo chiaramente: per nessuna malattia esiste il vaccino perfetto, che protegge da tutte le forme e i ceppi possibili" chiarisce Villani. "Però questa non è una buona ragione per evitare i vaccini: anche se la protezione massima possibile non è quella completa, è comunque meglio di niente".
Rimane comunque da valutare in via definitiva la durata dell'efficacia.
Nei vari studi che sono stati condotti, la reazione avversa più rilevante è stata la febbre. Nei bambini vaccinati a 2, 4 e 6 mesi di età, la febbre è stata riportata dal 69%-79% dei vaccinati con il vaccino contro il MenB somministrato insieme ai vaccini di routine (contro il 44%-59% nei gruppi che avevano ricevuto solo vaccini di routine). “Si tratta di una reazione che può giustamente spaventare i genitori" sottolineano Declich e Rota "ma che in genere si risolve rapidamente".
Altri eventi avversi possono essere dolore, gonfiore e indurimento in sede di iniezione, oltre a irritabilità e malessere generale che si risolvono nel giro di pochi giorni.
Reazioni avverse più gravi sono decisamente molto rare: in particolare, sulla base degli studi effettuati, la scheda tecnica del farmaco riporta un rischio raro di convulsioni febbrili e sindrome di Kawasaki. “Ora, per quanto riguarda le convulsioni, è chiaro che si tratta di una manifestazione molto sgradevole, che può spaventare. Però va detto che non comporta danni per il bambino" afferma Cavallo. “E rispetto alla sindrome di Kawasaki, occorre sottolineare che non è stato definitivamente dimostrato il collegamento causale con la vaccinazione".
Risponde con chiarezza Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di lavoro sulla prevenzione delle malattie infettive dell'Associazione culturale pediatri. "Immaginiamo di pesare vantaggi e svantaggi del vaccino. Su un piatto della bilancia c'è una buona capacità protettiva contro una malattia rara, ma terribile. Sull'altro piatto c'è la possibilità di effetti avversi magari fastidiosi ma senza conseguenze (tipicamente la febbre). Per quanto ne sappiamo, non ci sono danni permanenti attribuibili al vaccino".