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Come diventare genitori digitali? Il vademecum della psicologa

di Gabriella Lanza - 24.04.2018 - Scrivici

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Fonte: pixabay
Come possiamo proteggere i nostri bambini dai pericoli della rete e diventare genitori 2.0? A spiegarlo è la psicologa Barbara Volpi nel suo libro “Genitori digitali. Come crescere i propri figli nell’era di Internet”. Il testo offre consigli pratici, dalla nascita all’adolescenza, per educare consapevolmente i propri figli a muoversi in un mondo sempre più connesso. 

In questo articolo

Non basta chiudere la porta della cameretta di nostro figlio per tenerlo al sicuro. Sexting, hikikomori, cyberbullismo, grooming sono pericoli reali che non possono essere ignorati da un genitore. Ma come si fa a non restare travolti dalle insidie della rete e ad accompagnare i nostri bambini alla scoperta delle opportunità di Internet in maniera costruttiva? Ce lo spiega Barbara Volpi, psicologa, specialista in Psicologia clinica, nel libro “Genitori digitali. Come crescere i propri figli nell’era di Internetedito da Il Mulino. Un vero e proprio viaggio, dalla nascita all’adolescenza del ragazzo, in cui per ogni fase della vita vengono proposti consigli pratici per un corretto utilizzo dei cellulari, dei tablet e del computer. «Nel libro si descrive una traiettoria evolutiva che vuole aiutare a prevenire e a riconoscere il disagio "webmediato"dei giovani», spiega Volpi.

0-2 anni: è troppo presto


Il primo passo è quello di educare i genitori. «Quando insegniamo ai nostri figli ad andare in bicicletta mettiamo le rotelle alla bici e li lasciamo andare da soli solo quando siamo sicuri che sono in grado di farlo. Con internet è uguale: ci sono delle tappe evolutive che vanno rispettate. Molti genitori usano il cellulare per distrarre il bambino o per calmarlo quando piange. Ma lo smatphone non è un ciuccio. Secondo la Società americana di pediatria non bisogna mai dare in mano il cellulare ai bambini prima dei due anni».

«Attratti dell’innovazione, abbiamo dimenticato i valori dell’educazione», continua Volpi. «Molto spesso il bambino che fa i primi passi viene fermato dalla mamma che vuole filmarlo con il cellulare. Nostro figlio in quel momento sta camminando e non vuole essere ripreso: se i genitori adottano questa traiettoria sbagliata, quando i figli saranno adolescenti non potranno rimproverarli perché hanno postato una foto che non dovevano pubblicare».


Nel libro sono presenti consigli pratici da seguire quando il bimbo ha meno di due anni:

  • i dispositivi digitali devono essere esclusi dall’ambiente di crescita del bambino;
  • bisogna limitare l’esposizione passiva ai cellulare o ai tablet;
  • bisogna invece giocare insieme al bambino e favorire le interazioni reali affettivamente condivise con i genitori, i fratelli, i nonni e altri bambini.

3-5 anni: si gioca insieme


Nei primi anni di vita l’esempio dei genitori è fondamentale. «I cellulari e i tablet vanno introdotti in maniera graduale e sempre in presenza di mamma o papà. Il bambino deve interagire con il mondo esterno e non con dei dispositivi digitali».

Dai tre ai cinque anni l’occupazione principale di nostro figlio dovrebbe essere quella di giocare in spazi aperti e con altri bambini della sua età. Per questo bisogna limitare l’uso dello screen; scegliere giochi che stimolino l’immaginazione, interattivi e non violenti; leggere libri prima di carta e solo in seguito in formato digitale; acquistare videogiochi accuratamente selezionati.

6-10 anni: si cerca, si legge e si controlla con mamma e papà


Quando il bambino ha tra i sei e i dieci anni, il genitore può iniziare a spiegargli come utilizzare Internet. L’importante è non lasciarli mai soli davanti al pc o davanti al cellulare. «Si può mostrare al bimbo le varie applicazioni dei dispositivi digitali: dai giochi alla ricerca delle informazioni, fino ai social network. Internet va introdotto nelle attività della vita quotidiana gradualmente e nella sua valenza utilitaristica, come ad esempio cercare una ricetta per realizzare una torta di compleanno». Resta di vitale importanza per il bambino socializzare offline, nella vita reale.

11-14 anni: si naviga insieme verso l’indipendenza digitale


Secondo i dati del Rapporto Eurispes del 2012 al 44,4% dei bambini viene regalato il telefonino tra i 9 e gli 11 anni. «Di solito il cellulare viene dato in occasioni speciali, come regalo per la prima comunione o per una bella pagella alla fine della scuola». La Società italiana di pediatria raccomanda di non dare il cellulare ai propri figli prima dei 10 anni. Il 12,7% lo ha già a 8 anni e sa usarlo senza problemi. «Bisognerebbe aspettare i dodici anni ma questo consiglio va valutato caso per caso. Se i genitori ad esempio sono separati, il cellulare può essere un modo per comunicare con il padre o con la madre quando è affidato all’altro genitore».

Gli anni dagli 11 ai 14 rappresentano un momento delicato, in cui il pre-adolescente non è grande ma non è neanche più un bambino. Come spiega Volpi nel libro: «Da una parte c’è il desiderio dei figli di uscire per la prima volta da soli e dall’altra c’è l’esigenza dei genitori di controllare le prime scorribande dei figli. La dialettica tra libertà e controllo, che costituiscono il Leitmotiv della fase preadolescenziale e adolescenziale, trova nel gesto simbolico del donare il telefonino il compromesso ideale. Presto, tuttavia, i genitori si renderanno conto, a loro spese, che il “lazzo digitale” si trasforma da alleato genitoriale a nemico inconsapevole, anche solo in relazione al fatto che i ragazzi sono molto bravi a trovare le scappatoie per eludere il controllo dei genitori».


Nello sviluppo di una sana genitorialità digitale, in questa fascia di età bisogna introdurre gradualmente i ragazzi alla scoperta dei social network nell’ottica di insegnare le regole della gestione della privacy e l’accettazione di richieste di amicizia; visionare e limitare il gioco online dei ragazzi; mantenere viva la comunicazione in famiglia; favorire la lettura condividendone l’interesse; farsi aiutare dalla scuola creando una rete di media education; favorire la socializzazione del ragazzo offline e orientare i ragazzi a individuare le loro passioni.

15-18 anni: si conquista l’autonomia digitale


«Se c’è stata una corretta educazione digitale prima, nell’adolescenza si può stare tranquilli. Questo è un momento di transizione e di distacco dalle figure genitoriali. Se non c’è comunicazione in famiglia, non ci sarà comunicazione neanche nella digitalità. Bisogna, invece, mantenere dei rituali quotidiani per la comunicazione (come una semplice cena a tavola). Il gruppo familiare Whatsapp aiuta a creare dei momenti di condivisione affettiva, ma nulla può sostituire il rapporto umano tra genitori e figli e lo strumento tecnologico rappresenta solo un mezzo per aprire nuove possibilità di comunicazione e relazione. L’importante ad ogni età è vivere l’interazione togliendo di mezzo il cellulare».

In questo periodo, i genitori devono stare attenti alle foto e ai video pubblicati in rete, rispettando la loro privacy. Non bisogna spiare, ma comunicare. «Ci deve essere una protezione parentale e non un controllo parentale».

Per poter accompagnare i ragazzi in questo percorso di crescita, è essenziale che i genitori acquisiscano delle competenze digitali. «Dobbiamo aiutare i ragazzi a cogliere le opportunità e ad evidenziarne i pericoli. Non dobbiamo farci spaventare da un territorio che non conosciamo». Per questo a Milano è nato il primo corso per diventare “Genitori digitali”, che rilascia la certificazione CYBERSCUDO Battibullismo, a cura di AICA (Associazione Italiana per l'Informatica ed il Calcolo Automatico) e Pepita Onlus. Con l’aiuto di specialisti, i genitori studiano i rischi legati all’uso scorretto della rete, dal cyberbullismo al sexting, e le caratteristiche delle App di messaggistica istantanea e dei social più usati dai ragazzi.

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