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Perché i bambini dicono le "bugie"?

di Marzia Rubega - 26.02.2014 - Scrivici

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In età prescolare i bambini non dicono bugie perché non hanno la volontà di ingannare come l’adulto. E’ più corretto parlare di ‘piccole storie’ ed è un atteggiamento sano perché dimostra un’aspirazione all’autonomia e una volontà diversa da quella dei genitori. Parola di Paola Scalari, psicologa e autrice del libro Parola di bambino. Il mondo visto con i suoi occhi

Nella top ten delle convinzioni comuni più gettonate sulla presunta 'natura' del bimbo piccolo (spesso dipinto come un mostriciattolo che tiranneggia in ogni modo l'adulto) si piazza in una buona posizione l'idea che sia 'furbetto'. Bugiardo, insomma, già in età prescolare.

'Eheh, sono furbi fin da piccoli, signora mia, bisogna fare attenzione!'

Non c'è da credere ai racconti di un bambino, di sicuro, non dice la verità!'

A ogni genitore sarà capitato, almeno una volta, di essere messo in guardia da una flotta di 'esperti' - parenti, vicini di casa, nonne, zii, signore con figli – sulla (perniciosa!) tendenza a mentire dei più piccoli.

Ma allora, i bambini raccontano davvero (intenzionalmente) un mare di bugie?

In realtà, non è giusto definire 'bugie' i racconti dei bimbi in questa fascia d'età perché non sono animati dalla volontà di ingannare, diversamente dall'adulto che dice, invece, una frottola in modo consapevole.

A spiegarlo è Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista e autrice prolifica. L'ultimo lavoro, con Francesco Berto, è Parola di bambino. Il mondo visto con i suoi occhi, La Meridiana, che approfondisce anche questo tema.

“Di fatto, è più corretto chiamare quello che dicono i bambini 'piccole storie' e non bugie. Il bimbo in età prescolare cerca di passare dalla dipendenza verso il genitore, tipica dei primi anni di vita, a una graduale autonomia anche attraverso il sotterfugio. Raccontare storie dimostra la sua volontà distinta da quella dell'adulto”, dice la psicologa. (Leggi anche: perché i bambini a volte sono spiegati?)

Il mondo dei bimbi è dominato dalla fantasia e senza tempo

Lo stesso episodio, raccontato da un bimbo risulta, spesso, diverso dalla 'versione' che ne darebbe un adulto, ma questo non sottintende il desiderio di ingannare volontariamente l'interlocutore. Occorre anche tenere ben presente che i confini tra realtà e fantasia sono ancora molto labili.

Non a caso, quando si chiede, per esempio, a un bimbo di tre-quattro anni cosa ha fatto il giorno precedente, la risposta può variare da un serafico 'niente' alla meticolosa descrizione di un divertente pomeriggio di due mesi prima.

La connessione temporale non appartiene al mondo dei piccoli che vivono in una sorta di 'qui-e-ora', dove spazio, tempo e relazioni sono 'distillate' tra sensazioni emotive e corporee.

Secondo lo psicologo e pedagogista svizzero J. Piaget, in sostanza, prima dei sei-sette anni, la mente dei bimbi è dominata dal pensiero magico: la realtà, cioè, si mescola alla fantasia senza alcuna connessione logica.

Il bimbo dice ‘bugie? Allora è intelligente e autonomo

Le storie dei piccoli e la loro interpretazione di episodi quotidiani sotto il segno dell'immaginazione, costituiscono una tappa fondamentale della crescita e dello sviluppo cognitivo.

“I racconti dei bimbi rappresentano il preludio a due aspetti a cui ogni genitore, di solito, tiene molto: intelligenza e autonomia – dice la psicologa Scalari - Raccontare storie, infatti, è indice di intelligenza e, allo stesso tempo, è un modo per affermare se stessi nel cammino verso una maggiore autonomia.

Il genitore, quindi, dovrebbe accettare le piccole storie del bimbo in età prescolare come una sorta di faro delle sue capacità. Le sue storie non sono una manipolazione della realtà come quella che può effettuare l'adulto - dice la psicoterapeuta. (Leggi anche: 7 dritte per crescere bambini intelligenti)

Le ‘piccole storie’ sono un modo per sottrarsi alla dipendenza dalla mamma

Naturalmente, a volte, un genitore può restare perplesso davanti alle 'uscite' (piene di candore) di un bimbo di due-tre anni che nega, per esempio, di avere mangiato la cioccolata, con la faccia tutta sporca.

Anche in questo frangente, la storia ha valore per la crescita perché “crea lo spazio separato abitato dal figlio e dal genitore – sostiene Scalari -. Le storie, infatti, sono anche un modo per sottrarsi alla dipendenza genitoriale”.

Ma in una situazione del genere, come dovrebbe comportarsi l'adulto?

“In un caso simile – spiega Scalari - la mamma dovrebbe ascoltare con attenzione il bambino. Non ha invece senso domandargli: 'Perché hai detto che non sei stato tu a mangiare la cioccolata?'

Se per lei non è una cosa buona che il bimbo non ammetta di averlo fatto, dovrebbe rivolgersi al piccolo in terza persona, raccontando, a sua volta, un'altra storia.

'Ah, davvero, non è stato Carlo a mangiare la cioccolata, ok, ho capito, è stato Carletto che è un bimbo più grande e un po' furbetto e molto goloso!'.

Con questo tipo di approccio, il genitore può educare il bimbo, passandogli un messaggio ma senza uccidere la sua creatività e voglia di indipendenza”, dice la psicologa. Leggi anche: Come arricchire il vocabolario dei bambini

Le prime 'vere' bugie compaiono intorno ai sei anni

Con l'ingresso alla primaria, intorno ai sei anni, il discorso cambia. Spesso, quando la mamma chiede al figlio, 'Cosa hai fatto oggi a scuola?', una risposta tipica è 'Niente!'.

'Ma la maestra ti ha detto qualcosa? 'No, niente!'.

Questo è un 'botta e risposta', noto a quasi ogni genitore, che segna una nuova fase e una percezione diversa del bimbo del mondo reale, molto più simile a quella dell'adulto.

“ In questa fascia d'età, quando un bimbo racconta qualcosa che non corrisponde a quanto accaduto realmente, compare l'intenzionalità”, dice la psicologa. Ma anche in questa nuova fase è importante non bollare il bimbo come un impenitente Pinocchio senza tenere in considerazione cosa lo muove.

In questo periodo, come spiega la psicoterapeuta, la bugia nasce, principalmente, da due direzioni: la ricerca di approvazione e il desiderio di indipendenza.

Il bambino non vuole deludere il genitore

Il primo aspetto, da cui scaturisce la bugia, è dettato dal desiderio del bimbo di essere proprio quello che vogliono i suoi genitori. In altre parole, ci tiene a dare un'immagine più bella di se stesso: la bugia, dunque, gli serve per non deludere mamma e papà.

“Per lui l'approvazione è così importante che nasconde alcuni aspetti della sua indole e indossa una maschera sorretta dalla bugia, - dice la psicologa.

Ha troppa paura di deludere il genitore, il pensiero di leggere la disapprovazione, per esempio, nello sguardo della mamma è insopportabile”.

Dico le bugie per fare bella figura”

La bugia è un’arma di difesa che i bambini hanno per poter combattere contro i grandi”

“Io in mensa non volevo mangiare il formaggio. Allora l’ho messo nel contenitore e l’ho portato a casa. Alla maestra ho detto che l’avevo mangiato tutto perché era buonissimo. E mi ha detto brava perché credeva che avessi mangiato tutto”

(Pensieri di bambini dei primi tre anni della scuola primaria sulle bugie raccolte da uno degli autori, F. Berto, tratte dal libro Parola di bambino).

Una bugia può rappresentare una via d’uscita alle ansie dei genitori

L'altra grande motivazione di fondo che spinge un bambino grandicello a raccontare bugie è quella di sottrarsi al controllo invasivo dell'adulto. “Il bimbo si sente assediato dai genitori, dalle loro pretese, attese, ansie e così si costruisce un paravento per vivere un po' di autonomia”, dice Paola Scalari.

Se, per esempio, il bimbo decide di andare a scuola in bici ma sa che la mamma non gli avrebbe dato il permesso, eviterà di parlarne. Alla domanda: 'Ma oggi sei andato a scuola a piedi?', dirà semplicemente 'sì'.

In questo caso, la frottola nasce a causa del 'divieto' (magari imposto per un eccesso di ansia) che al bimbo va troppo stretto. “Con la bugia, si crea la sua libertà ma si assume anche la responsabilità di stare attento in bici, perché se succede qualcosa e lo 'sgamano', poi non ci va più”, dice la psicologa.

Di frequente, l'adulto cerca di avere un controllo totale su ogni aspetto della vita del figlio e questo può spingerlo alla ricerca di una 'via di uscita', la bugia, per ritagliarsi degli spazi di manovra (e autonomia).

La mamma, per esempio, chiede al bambino se ha mangiato la merendina, e lui conferma. In realtà, l'ha data alla sua compagna di banco di cui è innamorato ma non lo vuole raccontare.

“La mia mamma ha la mania di farmi lavare mille volte al giorno le mani, il viso, le ginocchia e anche i denti. Io mi stufo e allora le dico sempre che mi sono lavato anche se non è vero perché piace anche a me essere un po’ sporco come i miei compagni”

“Delle volte la bugia serve per poter tenere segrete le nostre cose”

(Pensieri di bambini dei primi tre anni della scuola primaria sulle bugie raccolte da uno degli autori, F. Berto, tratte dal libro Parola di bambino).

Una buona regola per il genitore? Ascoltare e mediare

Quando il bimbo in età scolare non dice la verità come nel caso della bici, secondo l'esperta, il genitore che lo scopre, dovrebbe sorridere. ascoltare suo figlio e cercare di capirlo.

Dietro a ogni bugia raccontata da un ragazzino in età scolare, con un po' di attenzione e disponibilità all'ascolto, l'adulto può cogliere ragioni, desideri nascosti e aspirazioni del figlio.

E quasi sempre, basta poco per trovare insieme una soluzione.

Tuttavia, non è per tutti così immediato sforzarsi di capire le motivazioni del bimbo mantenendo la calma. Perché c'è chi carica di valore negativo, un episodio del genere, che è una tappa della crescita?

Secondo la psicoterapeuta, le mamme, spesso, hanno paura di fronte a una bugia, si sentono mettere fuori dalla porta dei figli ('ma come? Chi lo conosce meglio di me?') e questo porta a un senso di ansia da esclusione.

Se per il genitore la bugia del bambino non è accettabile, per l'autrice, la via migliore è quella della mediazione.

“È importante mediare la libertà del bambino, dargli più autonomia, magari dicendo: 'Non mi piace che vai in bici da solo, è molto meglio in compagnia!'. Certo, in ogni caso, la sgridata non è la modalità giusta, e la tipica frase, 'non si dicono le bugie!' stop, non porta a nulla, non ha senso.

Tra l'altro, è negativo che un bimbo non racconti le sue 'piccole storie', insomma non è un valore non dire bugie, dice Paola Scalari.

La bugia prepara, poi, quello spazio che nell'adolescenza diventa il segreto, la capacità di tacere e ragionare con la propria testa. A volte, non si può dire tutto, è importante per le relazioni future anche saper tacere”, conclude la psicologa.

Leggi anche: Come arricchire il vocabolario dei bambini

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