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Autismo: che cos'è. Sintomi, cause, segnali e strategie per i genitori

di Francesca Amè - 01.04.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Autismo: che cos'è? Ogni individuo affetto da autismo è unico e irripetibile perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome. Tutte le informazioni fondamentali su questa condizione, con l'aiuto dell'esperto Lucio Moderato, psicologo e psicoterapeuta

In questo articolo

Gli autistici sono super-intelligenti. Gli autistici non capiscono nulla. Un bambino autistico non può parlare e non può frequentare una scuola pubblica. Se un bambino a due anni non parla allora ha un autismo lieve. L'autismo è contagioso. L'autismo è ereditario. Una persona autistica è pericolosa…. Continuiamo? Sono davvero tante le inesattezze, i luoghi comuni e le vere e proprie sciocchezze sull'autismo o, meglio, sui disturbi dello spettro autistico.

Nostrofiglio.it cerca di fare chiarezza sull'argomento, con l'aiuto di Lucio Moderato, psicologo e psicoterapeuta direttore dei servizi diurni e territoriali della Fondazione Istituto Sacra Famiglia Onlus, considerato tra i massimi esperti italiani di autismo.

L’autismo non è una malattia

"L'autismo non è una malattia" chiarisce subito Moderato. "Una malattia, infatti, prevede una diagnosi e una cura: dall'autismo invece non si guarisce. L'autismo è una sindrome e sarebbe meglio definirlo 'sindrome dello spettro autistico' o, come piace dire a me, di 'costituzione autistica': è una condizione che riguarda tutta la persona, che interessa ogni aspetto del suo essere". Alcuni non a caso parlano per i disturbi dello spettro autistico di neurodiversità.

Ogni individuo affetto da autismo è unico e irripetibile perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome

Facciamo un esempio pratico: gli autistici sono tutti come il Rain Man interpretato da Dustin Hoffman? No: alcuni (una minoranza) hanno un alto funzionamento intellettivo, (ci sono tanti personaggi famosi autistici) un QI addirittura superiore alla norma, altri invece hanno dei deficit intellettivi e cognitivi che possono essere anche importanti. Alcuni bambini autistici parlano senza grandi difficoltà, altri a 10 anni dicono solo "mamma"; alcuni riescono a condurre una vita del tutto autonoma, altri avranno bisogno di assistenza continua.

Le cause dell'autismo: è ereditario?

"Sono anni che gli studiosi cercano di indagare le cause del disturbo autistico e gli studi più recenti indicano che dipendono da una combinazione di vari fattori, a partire da quelli genetici" afferma Moderato.

In alcuni casi si tratta di cause genetiche dirette, legate cioè all'alterazione di un gene o di un cromosoma che provoca il disturbo, anche nell'ambito di altre sindromi come la sindrome di Down. A volte queste alterazioni genetiche possono essere ereditate dai genitori, mentre altre volte compaiono in forma spontanea nel bambino colpito. Finora sono stati identificati più di 200 geni che possono essere coinvolti nell'insorgenza del disturbo.

In altri casi, non c'è un legame diretto con qualche difetto di geni o cromosomi, ma possono esserci fattori genetici in grado di contribuire alla predisposizione al disturbo, in associazione con altri fattori di tipo ambientale. Quali possono essere questi fattori esterni è difficile da dire. "A volte c'è un collegamento con un'infezione vissuta dalla mamma durante la gravidanza, oppure con l'esposizione a particolari farmaci, sempre durante la vita in utero" afferma Moderato. Sottolineo però anche le difficoltà degli specialisti: "L'ampiezza dello spettro con cui si manifesta la sindrome è tale che spesso la diagnosi è difficile".

Si guarisce dall’autismo?

"No. Il disturbo, lieve o meno che sia, accompagnerà il bambino per tutta la sua esistenza" precisa Moderato. "Ci sono però dei modi, delle strategie per rendere compatibile l'autismo con le sfide quotidiane della vita, facendo raggiungere ai bambini autistici il massimo livello di abilità possibile, per far vivere meglio loro e chi sta loro intorno".

La diagnosi di autismo

Si tratta di una diagnosi essenzialmente clinica (cioè fatta senza ricorrere a indagini strumentali o biochimiche) e complessa. "Certo, noi oggi disponiamo di modelli, anche a livello internazionale, che ci aiutano: ci sono strumenti particolari, come scale di valutazione, con precisi indicatori, ma non si tratta di esami oggettivi e per questo vanno condotti da personale specializzato, in centri con grande esperienza" afferma lo psicologo.

Precisando che può capitare che il disturbo autistico sia scambiato con la schizofrenia, la sindrome da deficit di attenzione o la psicosi infantile. "Purtroppo ancora oggi in Italia a molti bambini non viene diagnosticata la sindrome, con ovvi problemi per il loro trattamento e per la qualità della loro vita".

I segnali dell'autismo: quali possono essere?

“Parliamo, appunto, di segni, non di prove, ma di segnali che devono attirare l’attenzione del genitore e guidarlo verso il consulto con uno specialista".

Gli aspetti più importanti da considerare in un bambino di 2/3 anni sono:

  • la presenza dello sguardo laterale, cioè la difficoltà a guardare negli occhi, ad agganciare lo sguardo di chi parla;
  • la presenza di movimenti senza scopo apparente (movimento di mani e piedi in modo a-finalistico);
  • la ripetitività dell’esecuzione di alcune attività;
  • l'assenza di gioco simbolico (il far finta).

Di fronte a possibili segnali, che cosa si deve fare?

“Ribadisco che questi segni non sono una diagnosi" spiega Moderato. "In ogni caso, se si osserva la presenza di questi comportamenti o si ha qualche dubbio la cosa da fare è recarsi dal pediatra, che di solito indirizza verso un neuropsichiatra infantile, il quale a sua volta eventualmente redigerà la diagnosi, basandosi sull’osservazione del bambino e sulle scale di valutazione alle quali abbiamo accennato".

"In realtà, io credo che il bambino debba essere indirizzato più verso uno psicologo infantile esperto perché, come detto, il disturbo autistico non è una malattia che può avere una cura, ma una condizione che necessita di strategie corrette, psicologiche ed educative, per aiutare il soggetto a stare il meglio possibile”.

Come si deve comportare il genitore di un bambino autistico?

“Voglio usare una metafora enologica: il vino lo possiamo versare nelle damigiane e nelle botti. Se con bambini ‘normodotati’ possiamo fare come con la botte, cioè versare il liquido in abbondanza, anche velocemente, con i bambini autistici dobbiamo farlo come con la damigiana, cioè con maggiore cura, ponderando bene quanto liquido ci sta dentro e dosando con calma".

"La regola fondamentale quando si ha a che fare con un bambino autistico? Non serve fare tanto e tutto insieme. Bisogna fare poco per volta”.

Strategie: quali sono le attività migliori per stimolare un bambino autistico?

“La cosa più importante è la serialità dell’apprendimento e la sua costanza. Gli autistici sono bambini molto delicati, perché sono spesso iper-sensoriali: il loro cervello è fatto in modo da percepire tutti gli stimoli (udito, gusto, olfatto, vista) contemporaneamente e questo genera in loro una grande confusione: è fondamentale non presentare attività in parallelo, per non mandare in tilt il loro cervello”¸ spiega Moderato.

Bisogna parlare più lentamente ai bambini autistici?

“L’importante è fare una cosa alla volta: usare poche parole, solo quelle strettamente necessarie. Aspettare con calma e pazienza la loro risposta, verbale o non verbale. Non accelerare mai il processo. Dire a un bambino una frase come ‘Mi ascolti? Allora, guardami in faccia e ascoltami’ è un non-sense: sono troppe informazioni tutte insieme. Un bimbo autistico, anche lieve, non è in grado di fare due cose contemporaneamente”, continua Moderato.

Strategie: come deve essere la casa per tranquillizzare un bimbo autistico?

“Essendo individui iper-sensoriali, cioè con uno sviluppo di tutti i sensi che è molto più ampio rispetto al nostro e che va in cortocircuito, gli autistici sono bambini molto delicati, spesso nervosi e agitati. Sanno essere anche violenti, quando hanno delle crisi acute. Spetta a noi evitarle. Come? Cominciando a ripulire il mondo intorno a loro".

"Per un autistico il mondo esterno ‘è troppo’: non a caso spesso tendono a mettere le mani sulla fronte o sugli occhi per ripararsi dalla luce oppure si mettono le mani sulle orecchie per attutire i suoni. Il lavoro dei genitori dovrebbe essere quello, almeno in casa, di ridurre l’intensità di tutti gli stimoli esterni”.

Dunque la casa “va ‘bonificata’: via tutti gli orpelli, via i soprammobili, via i giocattoli, via le ceste piene di peluche. L’ideale per un autistico sarebbe vivere in una celletta monastica, mi si passi il paradosso. La cameretta dei bambini deve avere colori neutri, tenui, luce soffusa, mai troppo abbagliante e mai al neon. No ai giochi con suoni forti e ai display che emettono luce molto forte, ai giochi elettronici e digitali in genere”.

La musica fa bene ai bambini autistici?

“Se provassimo a entrare nella testa di un bambino autistico sentiremmo un continuo rumore di fondo, una confusione senza senso come quando si entra in un negozio di multimedia e ci sono centinaia di televisioni sintonizzate su canali diversi con mille voci discordi – spiega lo psicologo -. Come calmare questo fastidio? Non esistono rimedi unici: ho visto bambini autistici rilassarsi molto con la musica classica, altri con le melodie stile new age. La musica deve essere in ogni caso a un volume soft, preferibilmente senza cantato e parole. Per i bambini piccoli? L’ideale è il carrillon, molto tranquillizzante”.

La musicoterapia funziona?

"Anche in questo caso non mi sento di dare una risposta univoca: ci sono bambini che nei momenti di crisi si calmano mettendo loro della musica in cuffia nelle orecchie. Quale tipo? Dipende dal bambino: i genitori possono fare delle prove. Di solito funzionano bene le musiche ripetitive e cadenzate, come appunto quelle in stile new age, ma ci sono bambini che preferiscono altro. Mi permetto comunque di sollevare qualche dubbio sulla sua reale efficacia della musicoterapia per migliorare le condizioni dei bambini con autismo", continua il professore.

Lo sport aiuta i bambini affetti da autismo?

“Se già per tutti i bambini è importante avere una 'dose giornaliera' di moto, per scaricare le tensioni, questo diventa fondamentale nelle persone con disturbo autistico. Gli sport ideali? Direi due: il nuoto e un bel campo d’atletica dove correre”.

Si può viaggiare con bambini autistici?

“Ovviamente sì, ma con cautele maggiori che con altri bambini: l’ideale sarebbe sempre fare un sopralluogo del posto che s’intende visitare. Fare delle foto dei punti più importanti e poi mostrarle ai bambini, in sequenza, senza troppe spiegazioni a parole: questo sarà utile a rassicurarli e, una volta sul posto, a far loro riconoscere lo spazio nuovo in cui sono giunti".

"La regola fondamentale è evitare sorprese e contrattempi, che mandano letteralmente ‘in tilt’ il cervello con disturbo autistico”, spiega Moderato.

Strategie: la comunicazione visiva e l'uso delle fotografie

Lo stimolo iconico, meglio se senza parole, funziona benissimo con il soggetto autistico: insegno spesso ai genitori a usare gli strumenti tecnologici perché delle semplici foto fatte con il loro telefonino e mostrate ai bambini possono aiutarci.

La foto è meglio del disegno perché è precisa: se voglio spiegare a mio figlio autistico che esco di casa e che poi ritorno, e che dunque non deve preoccuparsi se rimane con la tata o un familiare, che cosa di meglio di mettere sulla porta una mia foto mentre esco e una mia foto mentre entro?"

"Questo è un messaggio chiaro, inequivocabile: è effettivamente ciò che sta capitando, nella maniera più realistica possibile. Nella foto infatti sono davvero io mentre un disegno, per quanto fatto bene, non avrebbe la stessa precisione nei dettagli: i bambini autistici spesso non sono in grado di distinguere un oggetto dalla sua generalizzazione o da un simbolo, come accade per forza quando si disegna qualcosa. Abbiamo insegnato a bambini autistici gravi a lavarsi i denti, a mangiare da soli, e ad adulti persino a cucinarsi da soli tramite fotografie in sequenza dei singoli passaggi di ogni azione”.

E' una strategia che prende il nome di Task analysis (analisi del compito) e consiste appunto nella suddivisione del compito in tante piccole attività da fare in sequenza, che vengono mostrate al bambino in genere sotto forma di immagini o fotografie. Altre strategie hanno mostrato una certa efficacia, nell'ambito di approcci diversi (Aba, Teacch, Denver).

I farmaci: quando servono?

L'approccio messo a punto da Moderato e dalla sua équipe è di tipo psico-educativo integrato, basato sulla collaborazione tra personale esperto e la famiglia e su tre punti comuni a tutti i trattamenti, per qualsiasi livello dello spettro:

  • proporre una cosa alla volta (attività nuova, fisica o intellettiva);
  • attivare meno stimoli possibili;
  • sfruttare la comunicazione visiva, per immagini e soprattutto fotografie.

Per quanto riguarda i farmaci, non si possono fare generalizzazioni: "Dipende molto dal grado di gravità del disturbo, dalle caratteristiche del soggetto, dalla presenza di particolari condizioni in associazione" chiarisce Moderato.

Per esempio, alcuni farmaci possono essere utili per il trattamento di alcuni aspetti associati a disturbi dello spettro autistico, come iperattività, irritabilità o comportamenti stereotipati, mentre nei bambini che hanno anche epilessia questa sarà ovviamente viene trattata con farmaci appositi.

Le Linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico del Ministero della salute riportano che in caso di problemi del sonno può essere utile la somministrazione di melatonina.

Quali sono indirizzi web attendibili sull'autismo?

Domande e risposte

L'autismo è ereditario? 

Gli studi più recenti indicano che dipende da una combinazione di vari fattori, a partire da quelli genetici.

Quali possono essere i segnali dell'autismo?

La presenza dello sguardo laterale, cioè la difficoltà a guardare negli occhi, ad agganciare lo sguardo di chi parla; la presenza di movimenti senza scopo apparente; la ripetitività dell’esecuzione di alcune attività; l'assenza di gioco simbolico.

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