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“Io imparo da solo”: filosofia e pratica dell’Unschooling in Italia

di Giulia Foschi - 17.03.2020 - Scrivici

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Con Unschooling si intende un approccio formativo ancora di nicchia che punta tutto sull'autonomia e sulla libertà dei bambini, nato in America negli anni '70. Ne parliamo con chi pratica Unschooling in Italia

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Unschooling in Italia

Esistono bambini che non vanno a scuola e imparano comunque a leggere, scrivere e fare di conto tanto bene quanto i loro coetanei, a patto che l'ambiente in cui vivono sia ricco di stimoli. Questi bambini potrebbero essere "Unschooler".

L'unschooling è una tendenza che, diversamente dall'homeschooling, si distacca concettualmente dall'impostazione educativa e formativa proposta dalla scuola. Chi pratica l'unschooling, lascia i bambini liberi di seguire le proprie passioni e inclinazioni, di stabilire autonomamente a cosa dedicarsi e in quali tempi e modi, naturalmente con la presenza di un genitore vicino. Ne parliamo con Elena Piffero, autrice di "Io imparo da solo – L'apprendimento spontaneo e la filosofia dell'unschooling" (Terra Nuova Edizioni).

Andiamo a conoscere più da vicino questo approccio pedagogico.

Unschooling, il significato

Cosa si intende per unschooling? "A me piace pensarlo come uno stile di vita in cui ci si muove con la consapevolezza che l'apprendimento e la vita quotidiana non sono due aspetti separati, ma associati, che vanno di pari passo", spiega Elena Piffero. "Nella pratica significa permettere ai bambini di continuare a imparare secondo gli stili, i modi e i tempi che mettono in pratica, liberamente, fino ai 5/6 anni: nei primi anni di vita i bambini imparano moltissimo, indipendentemente dalla scuola".

La capacità del bambino di acquisire conoscenza autonomamente e senza percorsi scolastici standardizzati è il concetto chiave dell'unschooling. Quello dell'apprendimento senza scuola è un approccio formativo americano nato negli anni '70 grazie all'intuito dell'educatore John Holt e si basa sulla constatazione che i bambini quotidianamente apprendono e acquisiscono competenze in maniera indiretta, senza che necessariamente adulti e insegnanti li guidino in questo percorso di conoscenza.

Fino a quando si può portare avanti l'Unschooling?

"Teoricamente si può andare avanti quanto si vuole: normalmente si parla di unschooling in concomitanza con l'istruzione obbligatoria; dal sedicesimo anno di età cessa l'obbligo di registrarsi come unschooling.

Negli Stati Uniti spesso prosegue fino alla fine delle superiori; alcune università hanno reclutato anche delle persone che non avevano mai messo piede a scuola".

Unschooling, quanto è diffuso in Italia e nel mondo?

"Il fenomeno è abbastanza sfuggente, non esistono dati ufficiali. In Inghilterra, dov'è molto diffuso, non è richiesto di comunicarlo alle autorità, dunque non esistono banche dati. In Italia dev'essere comunicato, ma non sono noti dati aggregati. Posso parlare dunque di una percezione, in base alla quale credo che l'unschooling sia ancora una nicchia molto piccola, seppure in crescita; rispetto all'homeschooling, è una scelta ancor più fuori dagli schemi, che suscita ancora perplessità e timore, proprio perché poco conosciuta; anche per questa ragione ho deciso di scrivere questo libro".

Unschooling: quali azioni è necessario intraprendere a livello pratico e burocratico per iniziare?

"Non è richiesta alcuna abilitazione da parte dei genitori, che devono però dimostrare di avere la capacità economica e pratica nel sostenere i figli. È una scelta che richiede una profonda ristrutturazione della vita familiare. Noi abbiamo rivisto tutto in termini di carriera, delle nostre esigenze… naturalmente almeno un genitore dev'essere sempre presente, quindi ora con mio marito lavoriamo part-time. La sfida consiste anche nel rivedere il modo di essere genitori, abbandonando un modello di genitorialità autoritaria in favore del dialogo costante".

Quali sono i benefici dell’Unschooling?

"In primo luogo il rispetto delle traiettorie individuali dei bambini e l'apertura a diversi modelli e modalità di apprendimento: il bambino impara nelle modalità a lui più consone, senza etichette, senza il rischio di essere considerato un caso a parte, senza pressioni, senza l'ansia della performance, del voto, di doversi adeguare a standard di un certo tipo. L'unica valutazione è quella che fanno su loro stessi. Inoltre, dal punto di vista della relazione umana è bello per i bambini condividere molto tempo con la famiglia, cosa che accade sempre meno. Io vedo i miei figli molto sereni".

 

Che differenza c’è tra unschooling e homeschooling?

"Generalmente l'homeschooling riproduce il percorso scolastico in un contesto domestico, utilizzando i libri di testo, seguendo le tappe, i tempi e i contenuti che la scuola propone. L'homeschooling non si distacca concettualmente dalla scuola; l'unschooling sì, perché lascia ai bambini il controllo sia sui contenuti, sia sui traguardi".

Unschooling, una giornata tipo

A prendere il posto delle aule scolastiche, nel modello senza scuola, sono le biblioteche, i musei, le ludoteche, la propria stanzetta e, perché no, anche la banca o il supermercato. La giornata dei piccoli viene infatti completamente assimilata a quella del genitore che si occupa di trascorrere l'intera giornata con loro e viceversa, quindi, è inevitabile che durante il giorno ci possa essere qualche piccola commissione da fare, ma anche quella può diventare una piacevole esperienza di apprendimento: "Il presupposto è che si impara stando immersi nella società, anche andando a fare la spesa. Noi spesso andiamo in biblioteca, ci piace leggere quindi dedichiamo del tempo a leggere insieme. Sostanzialmente la giornata dei nostri figli somiglia alla giornata dei bambini che vanno a scuola durante le vacanze scolastiche: se vogliono giocare giocano, perché crediamo molto nel ruolo pedagogico del gioco, e in generale fanno ciò che hanno voglia di fare. Hanno scelto di studiare uno strumento musicale, e in questo incoraggiamo la pratica quotidiana".

 

L'intervistata

Elena Piffero ha conseguito un dottorato in Cooperazione internazionale e politiche per lo sviluppo sostenibile all'Università di Bologna e ha lavorato come ricercatrice in Egitto, Israele e Inghilterra. Vive in un casolare nella campagna modenese con il marito e i tre figli, e si occupa di sostenibilità nella vita quotidiana. È assessore nel suo Comune di residenza ed è attivista sociale e ambientale con una forte convinzione: imparare vivendo e vivere per imparare costituisce un'avventura affascinante che arricchisce l'esistenza. E' autrice del libro "Io imparo da solo – L'apprendimento spontaneo e la filosofia dell'unschooling" (Terra Nuova Edizioni).

 

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