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Educare i bambini alle emozioni negative con il film Inside Out

di Francesca Amè - 28.09.2015 - Scrivici

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Fonte: Alamy.com
L’ultimo film animato realizzato dai Pixar Animation Studios e prodotto da Disney, «Inside Out», è alla terza settimana nelle sale ed è già campione di incassi. Perché vederlo con i bambini

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Terza settimana nelle sale e già campione di incassi: «Inside Out», l’ultimo film animato realizzato dai Pixar Animation Studios e prodotto da Disney, è il cartoon-star del botteghino. Diretto da Pete Docter — già vincitore di un Oscar per il mitico Up, nel 2009 — il cartoon sta conquistando grandi e piccoli. Perché?

E’ il film delle emozioni, con una trama su due livelli: l’ “Out”, ovvero ciò che accade fuori, dunque la vita della piccola Riley, che ha 11 anni e che con la famiglia si trasferisce dal Minnesota a San Francisco (un trasloco un po’ traumatico che coincide con l’ingresso nella pubertà) e l’ “Inside”, ovvero ciò che succede dentro il cervello di Riley.

I cinque i personaggi di questo suo mondo interiore sono le principali emozioni del nostro animo: Gioia, Tristezza, Fastidio, Rabbia, Paura. Ed è qui la vera novità della pellicola: mettere in primo piano emozioni che di solito vogliamo tenere ben nascoste, a noi stessi e agli altri.

Tristezza, ad esempio, è un personaggio disegnato cicciottino e un po’ lamentoso con i capelli blu (la scelta del colore non è casuale: blue in inglese è anche sinonimo di malinconia). All’inizio della storia è perennemente messo da parte da Gioia, nella ‘lotta per i ricordi’ che avviene nella mente della piccola Riley. Poi qualcosa cambia e proprio Tristezza diventa il personaggio-chiave per la crescita della protagonista e per il suo ingresso nel mondo ‘dei grandi’.

Da che età è consigliato Inside Out?

Il cartoon è adatto a bambini dai sei anni in su. La storia costruita su due piani, l’Inside e l’Out del titolo, richiede una capacità di attenzione adatta a bambini di età scolare. I piccoli di 4 o 5 anni possono essere portati al cinema, ma non colgono bene il senso della storia, pur apprezzandone i personaggi (ovvero le ‘emozioni personificate ed animate’ in modo divertente, secondo il tradizionale stile della Pixar).

I personaggi dell'Inside: se la protagonista resta comunque Gioia, il film dimostra che anche Tristezza, Fastidio, Rabbia e Paura sono emozioni che appartengono al cervello dei bambini. In particolare, nel corso della trama Tristezza diventa una co-protagonista indispensabile per il lieto fine della storia: è la prima volta che in un cartone animato per bambini la tristezza ha un ruolo così importante.

Perché Tristezza è importante?

Il film spiega attraverso una divertente animazione un dato supportato delle ricerche psicologiche: i bambini, anche quelli che sono ben accuditi e che vivono in un contesto sereno, possono provare tristezza. Avvertono infatti con dispiacere anche le più normali assenze di persone, animali e cose con cui hanno stabilito un legame di attaccamento e non sono ancora in grado di comprendere che in questo mondo nulla dura per sempre e che bisogna essere ben attrezzati per accettare questa dura legge.

Perché l'Out del film conta tanto quanto l'inside?

Il cartoon dimostra quanto i fatti e le esperienze della vita incidano sulla reazione emotiva dei bambini. Riley diventa sempre più triste e apatica dopo il trasloco a San Francisco anche perché i suoi genitori “non vedono” la sua sofferenza e il suo disagio. Il mondo dell’Out non capisce che cosa succede dentro (Inside) la testa della ragazzina. «Quando un figlio sperimenta un’emozione negativa ha bisogno di adulti che sappiano “vederla” e che sappiano accompagnarlo, sostenendo la sua fatica e non avendo paura del suo dolore, della sua tristezza, dice Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore presso il dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano.

Di solito gli adulti sanno interagire solo con la rabbia del bambino, ma a volte nemmeno con quella: la tristezza di un figlio invece fa male. Vorrebbero avere un bambino sempre felice e, se soffre, spesso i genitori si fanno in quattro per insegnargli a non subire, per provare a fargli credere che il suo stare male non serve a nulla, che non c’è un motivo valido.

Quanti maschi si sentono dire: “Non piangere, perché è una cosa da femminuccia”? Quanti bambini di fronte ad un dolore vengono accompagnati da frasi inutili come: “Ormai sei grande non devi soffrire per questo”? . Invece, entrare nelle emozioni negative di un bambino significa prima di tutto sapere che ci sono e imparare ad accettarle insieme a lui».

Chiamare le emozioni per nome

“InsideOut” è utile perché definisce le cinque emozioni fondamentali con caratteri precisi (ad esempio Gioia è una ragazzina snella, carina e super attiva, la Rabbia è un ometto grassottello con il naso fumantino) e in modo comprensibile anche a bambini tra i 6 e i 10 anni. Secondo gli psicologi l’educazione emotiva dei bambini deve partire proprio dal “dare un nome alle emozioni”. «L’educazione emotiva è una parte fondamentale dell’educazione del bambino - continua Pellai - si svolge ogni giorno, nelle piccole e grandi cose (un trasloco, la delusione per un amico, la sconfitta nel giorno), all’interno della relazione con chi si prende cura di lui.

Agli adulti il compito di far trovare ai bambini le parole giuste per esprimere ciò che provano, primo passo per l’accettazione delle proprie debolezze e per il superamento del momento delicato. Quando gli adulti riescono nel compito, il bambino si sente amato, sicuro e protetto: sa che ad ogni difficoltà può chiedere aiuto e che ci sarà sempre qualcuno che cercherà con lui le parole per dare voce al suo stare male e i gesti che lo aiuteranno a venirne fuori».

L’Out, ovvero il ruolo degli adulti

Nella seconda parte del cartoon, Riley tenta la fuga da casa, perché si sente incompresa dai suoi genitori. Riuscirà a provare di nuovo Gioia solo quando mamma e papà sapranno capire il suo dolore (nell’abbraccio finale). Il ruolo dei genitori o degli adulti nell’educazione emotiva dei bambini, specie in momenti delicati della loro vita, è insostituibile sostiene Pellai: «Il bambino ha il diritto di avere al suo fianco genitori o educatori che sappiano dire le parole che sembrano così difficili da essere pronunciate e accettate.

Se gli adulti attorno a lui non lo sanno fare, nessuno potrà farlo al loro posto: il bambino viene travolto dalle emozioni che nessuno sa gestire con lui e per lui. Ecco perché il film “Inside Out” è davvero molto bello: mostra come nascono le emozioni, ci fa capire come ci attivano e ci sregolano e perché talvolta ci sentiamo persi e soli se nessuno ci aiuta ad attraversare, gestire e superare questi momenti della vita».

Gioia, il motore del racconto

Gioia resta comunque un personaggio chiave del racconto. Se il film dimostra come in tutte le nostre vite, compresa quelle dei bambini, la tristezza è un’emozione utile e nient’affatto negativa (è grazie a lei che Riley capisce di amare davvero i suoi genitori e ritorna a casa), è Gioia a guidare i comportamenti della ragazzina protagonista della storia. «La tristezza, pur presente di tanto in tanto nella vita dei più piccoli, non è e non dovrebbe mai essere la caratteristica dell’infanzia. Se questo avviene, vuol dire che c’è qualcosa che non va, non nei bambini, ma nell’ambiente in cui stanno crescendo,» conclude lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro, fondatore dell'Associazione GeA Genitori Ancora .

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