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Coronavirus, uscire con i bambini: giusto o sbagliato?

di Sara De Giorgi - 02.04.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Con l'ultimo DPCM del 2 aprile 2020 sono state prorogate le misure restrittive a causa del Covid-19. Il 31 marzo è stato anche specificato dal Viminale che la possibilità di uscire con i figli minori è consentita a un solo genitore, purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione e in occasione di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute. Abbiamo chiesto al pedagogista Daniele Novara e al virologo Fabrizio Pregliasco il loro punto di vista sul tema delle uscite con i bambini.

In questo articolo

Con l'ultimo decreto firmato dal presidente del Consiglio il primo aprile 2020 è confermata la proroga fino al 13 aprile delle regole sugli spostamenti per contenere la diffusione del coronavirus.

In particolare, la circolare del ministero dell'Interno del 31 marzo ha chiarito alcuni aspetti interpretativi sulla base di richieste pervenute al Viminale. È stato specificato che la possibilità di uscire con i figli minori è consentita a un solo genitore, purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione e in occasione di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute.

Abbiamo chiesto al pedagogista Daniele Novara e al virologo Fabrizio Pregliasco di chiarirci qualcosa in più sul tema relativo alle uscite con i bambini in questo periodo difficile.

Coronavirus, uscite con i bambini. Il punto di vista del pedagogista

Abbiamo intervistato Daniele Novara, pedagogista e autore, fondatore e direttore del CPP (centro psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti), sul tema delle passeggiate con i più piccoli in tempo di coronavirus. 

Perché secondo lei è importante che i bambini possano uscire in questo periodo storico?

«I bambini sono coloro che si adattano meglio alle situazioni, hanno una grande plasticità neurovegetativa e anche neurocognitiva. La loro capacità di adattamento è straordinaria. Allo stesso tempo, però, la vita del bambino è in crescita. Durante l'infanzia vi è un periodo di assorbimento straordinario, che non si ripete mai più, in termini di apprendimento, per tutto il resto della vita.

Il bambino, quindi, si adatta, ma paga un prezzo sulla sua crescita: i piccoli, non potendosi muovere adeguatamente, non potendo stare concretamente con i coetanei in un contesto di condivisione sociale, subiscono - esattamente come i bambini ospedalizzati per molto tempo - un rebound significativo sul piano della crescita. Le scuole difficilmente riapriranno. In genere marzo, aprile, maggio sono mesi straordinariamente vitali per i bambini, che però, quest'anno, non avranno la scuola, le attività di gioco sociale e avranno poco movimento.

Certamente, più o meno tutti i più piccoli si muovono in casa, ma non nei termini di prima del coronavirus.

Il governo cerca con estrema attenzione e regole rigide intende giustamente tutelare il futuro di milioni di bambini. Il nostro futuro sono i più piccoli, ma è anche opportuno segnalare che in questo periodo il bambino è solo con il genitore, senza giochi, senza poter stare con altri coetanei, e, dunque, mamme e papà devono fare attenzione». 

Quali sono secondo lei possibili rischi per i bambini in questo periodo di quarantena obbligatoria?

«Dal punto di visto psicologico, potrebbero esserci tre compromissioni abbastanza serie: la compromissione motoria, quella sociale, quella dell'organizzazione spazio-temporale. Purtroppo, un conto sono 15 giorni, un altro conto sono invece tre mesi. I genitori devono organizzarsi molto bene, aiutare i figli a gestire bene ogni giornata e fare in modo che ognuna diventi un'opportunità e non un binario morto.

I bambini devo essere attivi, fare tante cose. È consigliabile fare qualche videochiamata agli amichetti, specialmente durante l'ultimo anno della scuola dell'infanzia o alle elementari (è in queste fasi che i bambini si cercano molto e c'è tanta socialità). Certamente, il contatto primario è di tipo sensoriale, la videochiamata è un succedaneo. È possibile che dopo tre mesi qualche bambino possa anche destabilizzarsi». 

Qual è il ruolo della scuola in questo periodo secondo lei?

«In questo periodo c'è la didattica a distanza. Da un lato c'è quella che pretende di continuare a fare la didattica tradizionale in queste situazioni di emergenza e di dolore. Tanti nonni muoiono in questo periodo, si verificano lutti in famiglia, dunque la scuola non può riempire di bambini di videolezioni, schede, compiti, voti. Ciò è irresponsabile, poiché non tiene conto della realtà e significa che gli insegnanti non hanno competenze psicoevolutive e pedagogiche.

Occorre rispettare la situazione infantile.

Dall'altro lato, c'è la didattica a distanza maieutica: l'insegnante non fa mera trasmissione di contenuti e non ha l'ossessione di finire il programma, ma è un insegnante che offre occasioni di apprendimento e di lavoro agli alunni, stimolandoli a fare qualcosa insieme, sollecitando domande, attività di ricerca, di laboratorio. L'idea che i bambini imparino ascoltando non ha alcuna base scientifica: i bambini imparano piuttosto facendo, come ha dimostrato la più grande pedagogista mai esistita, Maria Montessori. Metodo montessoriano e maieutico sono possibilità concrete per restituire alla scuola le basi scientifiche. 

Attività in casa: cosa si può fare insieme ai bambini?

«Si possono fare tante cose insieme a casa. Un gioco molto bello, che abbiamo proposto con Marta Versiglia, pedagogista del nostro istituto, è quello della tana. Si tratta della costruzione di una tana in un angolo di casa, dove andare, appunto, a rintanarsi. Ciò può sembrare paradossale, poiché nella quarantena i bimbi sono già "rintanati", ma non lo è: quello della tana rappresenta uno spazio completamente loro, dove possono mettere giochi specifici.

Poi ci sono i giochi da tavolo, abbandonati negli ultimi anni, che sono dei supporti cognitivi incredibili: a 5 anni si può imparare la matematica giocando con le carte, con il gioco dell'oca, con la dama. Poi, il gioco degli scacchi è un attivatore davvero eccezionale. Così anche il Monopoli, Uno, Memory, ecc.: si possono riscoprire tanti altri giochi.

Si possono poi fare attività in cucina con i genitori (lavare o preprare i cibi, ecc., lo si fa molto nelle scuole montessoriane), si può collaborare nelle pulizie domestiche, nell'ordinare la casa. Tutto ciò consente di imparare tanto: si sviluppa l'intelligenza spaziale, quella logico-matematica, quella motoria. Poi, se la casa ha uno spazio, si potrebbe creare con il nastro bianco lo schema del "gioco della campana": si tratta di un gioco tradizionale, che si può fare in uno spazio limitato.

E' un gioco importante sia sul piano motorio e sia su quello simbolico, perché si deve giocare fino ad arrivare all'ultima casella». 

Come è giusto parlare loro, secondo lei, di questo periodo così particolare?

«Innanzitutto, bisogna tenerli lontani da fonti di informazioni "horror" e che distorcono la realtà. A causa delle informazioni sbagliate il bambino può subire un contraccolpo forte, poiché non ha gli antidoti sufficienti e pari a quelli degli adulti.

La comunicazione ai bambini fino a 7-8 anni è molto semplice: senza indugiare in dettagli, occorre semplicemente dire loro che fuori c'è un virus che provoca una malattia pericolosa e che quindi occorre stare in casa perché ci si potrebbe altrimenti ammalare gravemente. Non bisogna descrivere loro nei particolari la situazione, ma semplicemente dire la verità, adoperando termini essenziali».

Coronavirus e uscite con i bambini. Il commento del virologo

Abbiamo intervistato, sul tema delle misure restrittive relative ai bambini nell'epoca del Covid-19, anche il dottore Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell'IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, oltre che Ricercatore Confermato in Igiene Generale ed applicata all'Università degli Studi di Milano. È inoltre Consigliere del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) e Membro del Consiglio Nazionale del Terzo Settore al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di Roma.

Perché è importante che tutti rimangano a casa in questo periodo e perché tutti dovremmo fare questo sforzo?

«Questo sforzo è fondamentale perché mollare fa sì che, un po' come per il running, ci sia un certo lassismo. Le situazioni variano a seconda del contesto ambientale. Chi è fortunato e vive in una casa isolata in montagna non ha grandi problemi, ma se si abita in centro a Milano o a Sesto San Giovanni in un condominio di dieci piani la probabilità di contagio aumenta.

È, d'altronde, difficile dare una circolare che possa avere una validità rispetto ai se, ai come, ai quando». 

 

Che cosa si rischia ad allentare ora le misure?

«Allentare le misure faciliterebbe un recupero del contagio. Questa è una cosa che ci dobbiamo aspettare anche nel futuro, perchè nel momento in cui "molleremo la presa", ci sarà il rischio di risalita di una seconda ondata. Ora siamo ancora in una fase crescente, con casi nuovi ogni giorno, quindi è fondamentale arrivare a una discesa oggettiva dei contagi».

Come si possono proteggere i bambini e a quali condizioni è giusto che escano?

«Fondamentale per i più piccoli è un'igiene personale prima e dopo l'uscita ed è importante anche porre attenzione al fatto che possano incontrare altri amichetti e avvicinarsi troppo ad altre persone, anche involontariamente (ciò vale soprattutto i più piccolini). Bisogna porre attenzione: la situazione deve essere molto controllata rispetto all'aspetto logistico complessivo».

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