Le fasi della crescita dei bambini
Nei primi anni di vita i bambini affrontano tantissimi cambiamenti sul piano motorio, corporeo, emozionale e cognitivo. Questi momenti di passaggio sono un po' disorientanti per i bambini, ma anche per genitori ai quali sembra di non avere strumenti, di "non riconoscere più" i loro figli, di non riuscire a leggere i loro bisogni e comportamenti. Ma sono davvero così inaspettati questi cambiamenti? È possibile prepararsi alla fasi della crescita di nostro figlio? Lo abbiamo chiesto alla Pedagogista Giovanna Ambrosone, operatrice formata all'Approccio Touchpoint.
INDICE
Le fasi dello sviluppo dei bambini: l’Approccio Touchpoint
L'IDEA RIVOLUZIONARIA DI T.B. BRAZELTON.
«L'Approccio Touchpoint - spiega l'esperta - è un modello neuro-evolutivo che offre ai genitori una guida anticipatoria che aiuta a leggere e a sostenere i fisiologici momenti di crescita del bambino. A idearlo fu il pediatra americano T.B. Brazelton, il primo negli anni Cinquanta a mettere i bambini al centro degli studi sullo sviluppo infantile e a osservarli accanto alle loro madri».
GENITORI, I VERI ESPERTI.
«Il concetto di fondo è che se il pedagogista è "l'esperto dei bambini", i genitori sono però "i massimi esperti del loro bambino", in grado di coglierne i cambiamenti. Ed è proprio così: i genitori notano tutto di loro figlio, ma molte volte non hanno gli strumenti e il supporto per capire cosa abbia causato tali nuovi comportamenti. Così spesso le uniche spiegazioni che riescono a darsi sono lo spuntare dei dentini o peggio qualche errore commesso da loro o dalle educatrici del nido. L'Approccio Touchpoint prova proprio a accompagnare i genitori verso una maggiore conoscenza del proprio bambino».
Lo sviluppo del bambino: fasi, non tappe
Per avvicinarsi correttamente alla mappa della crescita dell'Approccio Touchpoint, è necessaria una premessa: «Non sono tappe obbligate, né funzionano meccanicamente come equazioni matematiche: sono momenti salienti nello sviluppo in cui il bambino potrebbe cambiare e disorganizzarsi, incidendo così sui genitori nel loro accudimento quotidiano.
Quanto visibilmente tali "scompensi" si manifestano nel bambino dipende dal suo temperamento e anche dai comportamenti dei caregiver».
UNA GUIDA ANTICIPATORIA.
«Bisogna dunque leggere queste fasi non con l'ansia di chi si aspetta certi comportamenti "previsti" e poi si agita se non li vede nel proprio figlio, ma come una guida anticipatoria per rendere consapevoli i genitori di cosa di lì a poco potrà succedere in loro figlio».
REGRESSIONI NELLA CRESCITA.
«Ricordiamoci che la crescita non ha un andamento lineare, ma procede in modo ricorsivo, a "singhiozzo": prima di un'evoluzione spesso c'è una "regressione". Nulla di cui preoccuparsi: è un po' come se vostro figlio, nel prepararsi a fare un grande balzo in avanti, faccia un passo indietro per darsi lo slancio. Il Touchpoint individua proprio il momento in cui avviene quella piccola regressione, che potrebbe agitare i genitori: nella mia esperienza infatti, l'80% delle volte che i genitori mi chiedono un colloquio lo fanno in corrispondenza di queste fasi».
Le 12 fasi della crescita da 0 a 3 anni
L'Approccio Touchpoint individua 12 fasi della crescita nel bambino dagli 0 ai 3 anni:
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Prenatale: "il bambino immaginario"
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Neonato: "il bambino reale"
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2-3 settimane: "il calo di energia"
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2 mesi: "il bambino gratificante"
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4 mesi: "guardare all'esterno"
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7 mesi: "svegliarsi la notte"
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9 mesi: "l'indicatore"
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12 mesi: "il camminatore"
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15 mesi: "l'arrampicatore"
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18 mesi: "il ribelle"
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24 mesi: "no!"
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36 mesi: "perché?"
Fase 1: “il bambino immaginario”
Dal settimo mese di gravidanza comincia il Touchpoint prenatale, il cui focus è "il bambino immaginario": «Mamma e papà sono impegnati a prepararsi al compito di diventare genitori e devono mettere insieme l'incertezza legata alla non conoscenza del bambino e la ricerca di un nuovo equilibrio tra loro e le famiglie di origine. E se il rapporto tra la mamma e la nonna materna si riformula già durante la prima gravidanza, è invece ricorrente la parte di aspettative sul nascituro: la preoccupazione se sarà sano, il tentativo di immaginarselo, dargli una forma.
In tutto ciò il bambino nella pancia inizia a sentire le interazioni dei genitori, per cui è possibile in questa fase iniziare a "coinvolgerlo", a parlargli».
Fase 2: prime settimane di vita
Appena nato il bambino, ecco il Touchpoint neonatale con focus sul "bambino reale": «I genitori iniziano a paragonare l'immagine del bambino ideale, immaginato, a quella reale: le fantasie si sostituiscono a una persona in carne ed ossa, a cui mamma e papà rivolgono la domanda "chi sei?". In questa fase, in cui la prima preoccupazione è la salute del piccolo, osservatelo e comprendetene il linguaggio, fatto di stati di sonno e di veglia e di ricerca del contatto fisico».
Fase 3: 2-3 settimane
Alla seconda o terza settimana di vita avviene spesso un "calo di energia" nel neonato: «I genitori nell'osservarlo vedono che verso fine giornata è più agitato, magari piange in modo inconsolabile e qui spesso si pensa a possibili coliche. In questa fase in realtà il loro sistema nervoso è sovraccaricati dagli stimoli che ricevono, e scaricando gli stimoli con il pianto poi accade che mangino e dormano meglio. Un suggerimento per questa fase è abbassare gli stimoli, ridurre il più possibile i cambiamenti: ad esempio non fatelo passare in tante braccia diverse e non mettete anche la musica per provare a farli addormentare: la vostra voce e il vostro contatto sono gli stimoli migliori».
Fase 4: secondo mese
A 2 mesi il focus è sul "bambino gratificante". «Compare la socievolezza del bambino, interagisce maggiormente con l'ambiente, direziona meglio lo sguardo. Dà input al genitore e restituisce se stimolato, instaurando potenzialmente uno scambio bidirezionale che dipende molto dalla risposta del genitore. Attorno a lui in questo momento potrebbe però iniziare a mutare la cerchia in cui si era mosso fino ad ora: la mamma e i nonni ad esempio potrebbero iniziare a pensare cosa fare al termine del periodo di maternità.
Azioni a lui rivolte necessarie, che però per la prima volta nella sua vita non dipendono da un suo bisogno ma da una componente esterna».
Fase 5: quarto mese
Dal quarto mese il bambino inizia a "guardare all'esterno". «Se prima era molto reattivo agli stimoli che riceveva, adesso inizia ad andarseli proprio a cercare: il mondo è tutto da scoprire e tutto lo attira. Anche la figura del padre adesso diventa più attiva e percepita. Questa è la fase in cui le mamme smettono di allattare perché pensano che lui non lo voglia più, quando invece spesso il bimbo è solo particolarmente distraibile. La curiosità lo porta anche a dormire meno, per cui ci potrebbero essere maggiori richiami notturni».
Fase 6: settimo mese
A 7 mesi il Touchpoint parla chiaro: "Svegliarsi la notte". «La potenziale regressione in questa fase interessa l'area del sonno, a causa dello stato di eccitazione che nasce dalla capacità di esplorare il mondo. Adesso infatti il bambino sta acquisendo più capacità: sta seduto, inizia la lallazione, ha la presa a pinza quindi esplora anche il cibo. Da questo momento in poi, quanto più le competenze aumentano, tanto più ci saranno regressioni nelle sfere dell'umore, dell'alimentazione e del sonno».
Fase 7: nono mese
Al nono mese c'è la fase de "l'indicatore". «Le aree di regressione sono il sonno e l'alimentazione: difficoltà di addormentamento e risvegli notturni, ma anche intraprendenza a tavola perché vuole fare da solo. In questo periodo aumentano le capacità cognitive: capisce cosa succede attorno a lui, mette in fila gli eventi, si rende conto della presenza o assenza delle persone. Per questo è anche più sensibile all'allontanamento delle figure note e potrebbe quindi risultare più attaccato a mamma e papà, più timoroso di stare con altre persone».
Fase 8: anno di vita
A 1 anno ecco "Il camminatore": «Il suo sistema nervoso centrale concentra tutte le sue energie sull'area motoria: prova a mettersi in piedi, ha una manualità più fine, aumenta la comprensione linguistica e il rapporto causa-effetto. Trascura però lo sviluppo dell'area emotiva e del linguaggio: diventa più irritabile, perché vuole sperimentare le sue nuove abilità e lo fa anche in fase di addormentamento, tanto che spesso lo si ritrova in piena notte a bordeggiare aggrappato alla spalliera del lettino. Nell'alimentazione invece vuole fare sempre più da solo e magari se non lo lasciamo sperimentare serra la bocca. Suggerisco ai genitori di mettergli a disposizione tanti contesti in cui sperimentare le sue nuove abilità».
Fase 9: quindici mesi
A 15 mesi arriva "l'arrampicatore". «I genitori più esasperati in questa fase potrebbero sbottare con "non ti bastava camminare?". No, camminare non basta e adesso bisogna salire sul divano o su una sedia, un gesto motorio molto complesso da elaborare. La voglia di essere autonomo aumenta, e con essa iniziano anche a resistere al controllo dell'adulto. Quelli che sono sbrigativamente bollati come capricci, sono manifestazioni delle prime frustrazioni quando si rendono conto che non va tutto come vorrebbero e alcune cose non le possono fare. Di fronte a un pianto vanno sempre accolte le sue emozioni senza sminuirle, ma non vanno accolte tutte le sue azioni: "Capisco che vuoi girare da solo al parco e esplorare, ma puoi esplorare solo con me". Il vostro obiettivo è quello di incoraggiarli verso la scoperta di nuova competenze e verso la sperimentazione, ma garantendo la loro sicurezza fisica e emotiva, ovvero essendo presenti e rassicuranti. Anche perché alla voglia di esplorare si affianca allo stesso tempo la paura dell'ignoto».
Fase 10: diciotto mesi
A 18 mesi è la fase del "ribelle". «Si avvicinano i "terribili" 2 anni in cui l'area di potenziale regressione è legata alla relazione.
Lui vuole avere il controllo delle situazioni e lotta contro gli adulti perché vuole esercitare in maniera autonoma le sue competenze: aumentano le proprietà di linguaggio e di pensiero simbolico, di consapevolezza di sé e delle regole che ruotano attorno a lui. Inizia a percepire il distacco da ciò che vuole fare e ciò che si aspettano i genitori da lui, infrange le regole per vedere cosa succede: scappa dalla mano della mamma, non vuole dormire perché vuole giocare ancora. Qui le regole vanno mantenute e rafforzate, sapendo però che la sua voglia di autonomia è lecita e va accolta».
Fase 11: 2 anni
I 2 anni sono il momento del "no". «Se a 18 mesi il genitore poteva non capire il bambino rispetto alle sfide, adesso ci si chiede "Perché mi dici sempre di no?". La regola ormai l'ha capita, però si ostina a non adeguarsi. Sappiate sempre che è un processo necessario per esercitarsi alla vita, non è una sfida personale a voi. L'area della sfida è più ampia perché aumentano le competenze, per esempio fanno gioco immaginario come mettere in scena la quotidianità. Hanno più capacità linguistiche (comunicano con gli altri bambini e con gli adulti) e motorie e questo li rende soddisfatti, ma anche più spavaldi verso l'autonomia e movimenti più pericolosi. Qui serve definire chiaramente regole e limiti, ma essere anche pronti ad andare in soccorso dei primi incubi: il loro mondo interiore si inizia a popolare delle tante cose nuove che vivono».
Fase 12: tre anni
A 3 anni c'è la fase dei "perché?" che denota la «voglia di aumentare la conoscenza del mondo tramite un'esplorazione attiva in cui mette anche se stesso. Inizia a parlare di sé e ad avere un'alta capacità simbolica (un amico immaginario, un oggetto transizionale); compaiono le competenze sociali come emozioni, empatia, invidia, imbarazzo.
Insieme alle domande "scientifiche" sul mondo e la realtà è sviluppata anche la fantasia e questo mix fa emergere preoccupazioni nuove come incubi e paure. I genitori devono accogliere l'emozione della paura e non definirla irrazionale: "Ho visto che ti sei preoccupato, vieni qui che ci abbracciamo e ti aiuto ad addormentarti" oppure "Controlliamo se ci sono i mostri, mettiamo un campanellino che fa da allarme se si avvicinano". Dire invece "I fantasmi non esistono" è una risposta sul piano cognitivo e oltretutto non molto coerente: se per noi adulti Babbo Natale può esistere, perché un fantasma no?».
Le fasi della crescita da 3 a 6 anni
Nel periodo dai 3 ai 6 anni i bambini «sono coinvolti in molte sfide di crescita che si traducono in nuove richieste verso i genitori. Ricordatevi sempre tuttavia che ogni bambino ha il suo ritmo e il suo stile di sviluppo, per cui possono esserci variazioni individuali rispetto a questo schema».
3 anni: Perché?
Come detto per la fine del primo ciclo (0-3 sopra descritto) a 3 anni il bambino è curioso, vuole conoscere il mondo e fa domande in continuazione: è la fase dei "perché?". «I genitori qui hanno il compito di dare risposte convincenti per la loro età. Il focus non è più l'oppositività e il negativismo dei 2 anni, ma piuttosto quello di voler fare da solo, padroneggiare le proprie azioni. Che può tradursi, ad esempio, in sonore rimostranze se noi sovrappensiero premiamo il tasto dell'ascensore invece di farlo fare a loro». Per i genitori diventa dunque prioritario trovare il giusto equilibrio per regolare le nuove velleità del figlio: bisogna concedere al bambino di sperimentare tutto? È necessario rispondere ad ogni perché?
«Ricordiamoci che i bambini imparano facendo: "se faccio questo accade questo, se chiedo questo mi rispondono che…".
Per questo limitare la sua attività esplorativa o al contrario non dare alcun limite sono entrambi estremi sbagliati: sarà dunque da cercare la via di mezzo tra quello che per il contesto i genitori possono concedere e ciò che è adatto alle esigenze di apprendimento del loro bambino». Parallelamente a questo, ci sono altri aspetti di crescita da tenere presenti:
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Linguaggio. Diventa un mezzo per dare voce alla crescente curiosità, ma «può anche vedere una regressione in una fase di balbuzie o di scarsa fluidità: è solo un momento transitorio, che non deve preoccupare i genitori perché spesso rientra con l'arricchimento del vocabolario. Come se le parole dovessero mettersi alla pari delle idee e delle domande che il bambino ha in testa».
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Sentimenti. «Aumenta la capacità di interiorizzare alcune preoccupazioni, che possono assumere la forma di paure e incubi; stanno inoltre sviluppando l'empatia e questo li aiuta, spesso, a giocare più tranquillamente con i coetanei».
4 anni: Conta ciò che faccio
«Parlando dei 4enni dico sempre che quattro è due alla potenza! Ritorna infatti la forza del negativismo oppositivo anche se con sfumature diverse da quelle incontrate nel secondo anno di vita, perché più legato alle nuove e contrastanti emozioni che comportano le nuove acquisizioni cui stanno giungendo». Continua poi lo sviluppo di:
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Linguaggio. Non più legato solo alla conoscenza del nuovo: adesso il linguaggio diventa anche il mezzo per dare voce alle idee, al mondo interiore: «Il bambino inizia a capire che le sue parole, le sue idee hanno un peso: adesso sa che lui conta e che ha il potere di modificare le cose attorno a lui… Fino a un certo punto, perché si scontra anche con la "dura realtà" che le nuove capacità cognitive gli hanno fatto scoprire e lo costringono ad affrontare.
È questa lotta a renderlo oppositivo: ad esempio fa i conti con il fatto che non basta desiderare fortemente una cosa per ottenerla, e i genitori devono accompagnarlo in questa dolorosa scoperta».
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Emozioni e relazioni. Oltre al mondo interiore si arricchisce anche quello esterno: «La crescente empatia dei 3 anni assume adesso la capacità di identificarsi con i genitori e con gli altri adulti che lo circondano e questo diventa un grande stimolo per imparare nuove abilità. Inoltre i bambini iniziano a comprendere le differenze sessuali, a voler scoprire se stessi (esplorano il proprio corpo), a conoscere gli altri».
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Altro aspetto caratteristico di questa età è la fantasia, il pensiero magico. «Anche se il bambino inizia ad avere più il senso della realtà, continua a sviluppare i suoi desideri nel suo mondo immaginario e spesso porta questi nel mondo nei suoi giochi oppure si arricchisce di amici immaginari che stanno sempre dalla sua parte. Questo andare e venire dalla realtà alla fantasia li aiuta a guardare il mondo com'è e sognare il mondo che vorrebbero: questo fa sì che a volte ci raccontino piccoli o grandi bugie. Nulla di preoccupante, perché per lo più li aiutano a superare i limiti della realtà ("è stato Buddy (l'amico immaginario) a mangiare l'ultima fetta di torta") e a gestire le frustrazioni. Vederli mentire può aiutarci a capire quali aspetti della realtà sono più difficili da tollerare per i nostri bambini: accogliamo le loro emozioni per non poter controllare il mondo e aiutiamoli a trovare altri modi per chiedere quello che desiderano e per gestire la delusione».
5 anni: Conta chi sono
All'età di 5 anni i bambini spostano la loro attenzione dal "cosa faccio" al "chi sono". «Per questo i loro sogni e le fantasie di onnipotenza devono lasciare spazio alla realtà: la fine - o meglio la limitazione - del mondo dei sogni è un touchpoint importante nella crescita, perché impegna il bambino a cercare nuovi modi di affrontare la realtà.
Sta arrivando la fine della prima infanzia».
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Gioco. Per il bambino in questo passaggio il gioco diventa (e lo sarà per molto) una sorta di rifugio in cui sfogare le nuove pressioni della crescita, in cui poter portare anche i sentimenti poco piacevoli e confusi: «Giochi come i dinosauri o i mostri sono visti distanti dalla realtà, per cui diventano personaggi di un mondo fantastico dove nostro figlio può mettere in scena impulsi che sta imparando a modulare: sto imparando a controllare i miei gesti ma i miei dinosauri possono continuare a lottare e sfogare l'aggressività».
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Principi morali. In questa fase infatti i bambini acquisiscono la consapevolezza dell'effetto delle proprie azioni sulle risposte e sui sentimenti dell'altro: «Diventa più chiaro capire quando deve fermarsi e questo porta a nuove domande, si rende conto (a differenza di quello che succedeva negli anni precedenti) che gli eventi accadono indipendentemente dai propri desideri… il suo principio morale in formazione si esprime con frasi come "non è giusto"».
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Il fulcro di questa età per il bambino è "io so chi sono" e posso cominciare a dire delle cose di me come "mi piace il gelato" o "non mi piacciono i fagioli". «I genitori, per sostenere il bambino in questa definizione dell'immagine di sé, possono apprezzare le piccole azioni che portano a termine, come quello di vestirsi da soli. Potreste poi notare che vostro figlio tornerà ad avvicinarsi al genitore dello stesso sesso, per crescere nella conoscenza di sé attraverso l'osservazione di chi è simile a lui. Per lo stesso motivo, tuttavia, non saranno più solo i genitori i suoi riferimenti, ma assume grande importanza anche il gruppo dei pari. Amici che possono essere fonte di autostima, ma anche fonte di dispetti… e cosa fare davanti a bambini che si prendono in giro o si fanno dispetti? La scelta migliore non è cercare di proteggerlo ma accogliere le sue emozioni e, se necessario, condividere strategie per aiutarlo a far fronte alla situazione».
6 anni: L’ingresso nel mondo reale
A 6 anni c'è il grande passo di iniziare la scuola Primaria, la scuola dei "grandi": è l'ingresso definitivo nel mondo reale, che porta con sé anche momenti di regressione di fronte alle tante nuove sfide che gli vengono richieste dal nuovo ambiente.
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Apprendimento. «Il gioco non basta più e si inserisce il nuovo tema dell'imparare, su cui rivestono particolare importanza anche le pressioni dei genitori: ci aspettiamo che debbano imparare e talvolta, in perfetta buona fede, spingiamo i nostri figli a farlo precocemente e rapidamente. Consiglio di non farlo, perché se i bambini non trovano da sé gli stimoli necessari per apprendere non riusciranno mai a sperimentare il piacere del conoscere».
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Prosegue anche il processo di identificazione sessuale: «Nonostante i crescenti sforzi della società di liberarsi dei tabù sessuali i bambini sembrano volere, almeno inizialmente, separare i due sessi e manifestano differenze anche nelle modalità di socializzazione: le bambine scelgono modalità più sedentarie rispetto ai bambini, ma nonostante questa differenza, anche a distanza bambini e bambine si guardano, si conoscono, si influenzano… e apprendono insieme».
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Sviluppo morale. A 6 anni i bambini hanno un chiaro senso della differenza tra finzione e realtà, ma «questo non vuol dire che non proveranno a mettere in atto nuove strategie per modificare la realtà. Pensiamo ad esempio alla voglia irrefrenabile dei bambini di vincere nei giochi. Una volta apprese le regole, non passerà molto tempo prima che proverà ad imbrogliare pur di vincere. Non è qualcosa di cui preoccuparsi, fa di nuovo parte delle sue strategie per gestire le nuove competenze di competizione, frustrazione, superamento del limite. Anche qui ai genitori è richiesto di trovare un equilibrio tra le occasioni in cui i bambini hanno bisogno di vincere, di controllare la realtà e di accettare le inevitabili sconfitte».
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La morte. Nel loro sesto anno di vita è probabile che i bambini comincino a fare domande sulla morte: «Per i genitori sarà certamente difficile affrontare l'argomento, ma provare a spiegarla è assolutamente necessario. Nessuno di noi comprende fino in fondo la morte, ma bisogna essere sinceri con i bambini: dire "è partito per un lungo viaggio" o "sta dormendo" non è adeguato, perché i bambini si accorgono quando stiamo mentendo. Usiamo chiaramente la parola morte, per non confonderli o attivare in loro pensieri non realistici e paure come "non voglio dormire, perché potrei non svegliarmi più" oppure quello di sentirsi abbandonati dal nonno che senza motivo non vuole tornare dal suo viaggio. Accogliamo e condividiamo con loro le emozioni e le eventuali domande sul tema che ogni bambino porrà con i suoi tempi e le sue modalità».