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Il bambino sbatte la testa volontariamente, cosa fare?

di Angela Bisceglia - 28.08.2024 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Il bambino sbatte la testa volontariamente. Succede soprattutto quando si arrabbia e non riusciamo a capire perché lo faccia. E soprattutto come impedirglielo. Facciamo chiarezza con l'aiuto della pedagogista

In questo articolo

Urla, si butta per terra, dà pugni contro il muro, lancia oggetti, dice alla mamma che è cattiva. E qualche volta sbatte volontariamente la testa. Sono reazioni esagerate, che un bambino sotto i 6 anni può avere quando si arrabbia tanto. Ma che ci spaventano, anche perché abbiamo il timore fondato che possa farsi male. Perché succede? C'è modo di prevenirlo? Che cosa dire al bambino in quel momento o quando è 'passata la tempesta', per evitare che lo faccia ancora? Ecco quel che ci ha detto la pedagogista Elena Cortinovis.

Perché un bambino può avere reazioni emotive esagerate

"Facciamo subito una distinzione di età" premette Elena Cortinovis: "Fino ai 6 anni circa, i bambini fanno fatica a controllare le proprie emozioni. La motivazione ci viene spiegata dalle neuroscienze, che ci dicono che la corteccia prefrontale, ossia la parte del cervello che aiuta a gestire le emozioni in maniera sana e ad avere reazioni consone alle varie situazioni, è in uno stato di quiescenza fino ai 6 anni circa; per questo i bambini, quando si arrabbiano, potrebbero avere reazioni esagerate, che il mondo adulto fatica a capire ed accettare: urlano e si dimenano, lanciano giocattoli ovunque, mordono la mamma e possono arrivare anche a sbattere volontariamente la testa contro il muro.
Questo stato di 'anarchia emotiva' dura fino ai 6 anni circa, età in cui la corteccia prefrontale si 'accende' e mette finalmente un freno a certe reazioni eccessive. E allora anche di fronte a forti sentimenti di rabbia, le risposte del bambino cominciano ad essere più razionali e moderate".

Che messaggio vuole trasmettere il bambino con certi atteggiamenti?

"Nessun messaggio in particolare, semplicemente perché il bambino non ha il controllo di quel che sta facendo" risponde la pedagogista. "Soprattutto tra i 2 e i 3 anni, quando i bambini cominciano a sperimentare una serie di emozioni nuove che provocano una iperstimolazione del cervello, che può andare incontro a veri e propri black out.

Il cervello, cioè, non riuscendo più a gestire il surplus di emozioni da cui è pervaso, non risponde delle proprie azioni: una difficoltà che può essere manifestata in tanti modi, comprese alcune azioni che possono sembrare di autolesionismo, come dare pugni o battere la testa contro il muro. Ma che, a quell'età, non hanno nulla a che fare con l'autolesionismo o con presunti tentativi di far sentire in colpa i genitori per qualcosa che hanno fatto: tali processi mentali richiedono una maturazione cognitiva superiore che un bambino sotto i 6 anni ancora non ha. Per il momento ha un sistema cognitivo ancora immaturo, che lo porta a comportarsi in maniera immatura".

Che fare quando vediamo che il bambino sbatte la testa volontariamente

Assodato che sotto i 6 anni si può considerare una reazione normale, la parte difficile è capire come gestire il bambino mentre ha certi comportamenti che possono anche diventare pericolosi. "Il primo consiglio è cercare di mantenere la calma" sottolinea Elena Cortinovis. "Più facile a dirsi che a farsi, ma è l'unica strategia davvero efficace, perché la pacatezza del genitore infonde calma al figlio. Come un'hostess di un aereo che, in caso di turbolenze, continua a mostrarsi tranquilla, trasmettendo ai passeggeri la rassicurante convinzione che è tutto sotto controllo e sta andando tutto bene.
Al tempo stesso, dobbiamo mettere il bambino in sicurezza: cerchiamo di contenerlo fisicamente con un abbraccio o, se non lo accetta, posizioniamo un cuscino lì dove va a sbattere, in attesa che la crisi passi.
Perché in genere la crisi dura poco, dopodiché si trasforma in pianto, che consente al bambino di scaricare la sua tensione emotiva".

Che cosa non dire e non fare

Nel momento in cui il bambino è in preda alla sua rabbia, qualunque cosa il genitore dica, non funziona, perché il bambino non riesce a capire quel che sta facendo e non riesce a fermarsi, visto che l'emozione è tanto potente da prendere il sopravvento.

"Per questo è inutile urlare frasi del tipo: 'Ma che fai? Smettila!' che non ascolterebbe neanche", evidenzia la pedagogista.

"Anzi, se lo rimproveriamo, alziamo ancora di più i livelli di stress e rischiamo di farlo arrabbiare maggiormente. Proviamo piuttosto a dirgli frasi come 'vedo che sei tanto arrabbiato, ma ti devo spostare da qui perché rischi di farti male e non posso permetterti di farlo'.

"E, un po' per volta, lo guiderò a trovare altre soluzioni dando voce alle sue emozioni: parlarne, arrabbiarsi, anche urlare, ma senza bisogno di picchiare gli altri o se stessi.

Che cosa dire quando è passata la rabbia

Passato il momento clou, possiamo fare un discorso breve al bambino. "Niente discorsoni, ma poche frasi brevi in cui l'obiettivo non è capire perché l'ha fatto – non lo sa neanche lui e, se glielo chiediamo, non saprebbe cosa risponderci –ma guidarlo verso la soluzione" suggerisce la Cortinovis.

"Ad esempio potremo dirgli: 'ti ho visto davvero tanto arrabbiato, ma dando testate al muro rischi di farti tanto male; la prossima volta che ti senti così prova a dirmelo, proviamo ad urlare forte insieme e magari ci passa'.
Oppure: 'Quando sei triste puoi piangere, chiedere di stare solo, però non devi dare pugni'. In questo modo mostriamo di avere accolto e legittimato la sua emozione, e al tempo stesso gli insegniamo una via d'uscita per gestirla meglio".

Facciamo attenzione ai nostri comportamenti

Ci sono adulti che quando sono arrabbiati danno pugni al muro, alla porta o al tavolo: non dimentichiamo che i bambini ci osservano e interiorizzano quel che ci vedono fare. Ed il messaggio che arriva a loro è che è normale adottare certi comportamenti violenti quando si è arrabbiati.

Se sbatte la testa contro il muro dopo i 6 anni

Dai 6 anni in poi i bambini imparano gradualmente a controllare le proprie emozioni. Se però certi comportamenti continuano a verificarsi, è opportuno parlarne con il pediatra, che eventualmente indirizzerà verso altre figure professionali, come un pedagogista, uno psicologo dell'età evolutiva o uno psicomotricista, che aiuteranno a capire quale fatica il bambino sta vivendo e quali difficoltà gli
impediscono di gestire adeguatamente le proprie emozioni.

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