Spesso la pratica del conto con le dita è scoraggiata dagli insegnanti. Roba da bambini, bisogna abituarsi a contare a mente, come fanno i grandi.
Eppure lo studio della Northwestern University ha dimostrato che il nostro cervello quando è coinvolto in operazioni di somme e sottrazioni attiva aree cerebrali designate all'esperienza "tattile". La nostra mente dunque auto-riproduce l'esperienza del conto con le mani proprio per la relazione tra lo spazio, il corpo (le dita) ed il concetto numerico.
Autrice di rilievo delle ricerca è l'italianissima Ilaria Berteletti, dottoressa di Scienze Cognitive a Padova che perà è dovuta emigrare per continuare il suo lavoro:
«Utilizzando la risonanza magnetica - riporta il Corriere.it - abbiamo registrato l’attivazione cerebrale di bambini fra gli 8 e i 13 anni mentre eseguivano sottrazioni e moltiplicazioni semplici. Al termine dell’esperimento abbiamo trovato una relazione tra i risultati dei bambini nelle sottrazioni - ma non nelle moltiplicazioni - e la quantità di attivazioni nella corteccia somatosensoriale, che è quell’area che appunto permette di identificare la provenienza di una sensazione tattile»
Il nostro cervello è una struttura "plastica", modellabile, che dunque si plasma sule strategie usate nell’apprendimento, modificando permanentemente il suo modus operandi. Ecco perché di fronte a una sottrazione continuiamo a figurarci le nostre dita (cosa che non avviene durante una moltiplicazione o una divisione, che vengono interiorizzate in altri modi).
GENERAZIONE DI DISCALCULICI, O NO?
Si apre così la questione dell'insegnamento, che in alcuni casi risulta financo dannoso se non esercitato secondo corrette metodologie.
In tale direzione si concentrano gli sforzi di Maria Giuseppina Bartolini Bussi, docente di Didattica della Matematica, la quale, insieme ad alcuni colleghi e psicologi clinici, ha dato vita al progetto PerContare, ponendosi l'obbiettivo di "insegnare agli insegnati" nuovi strumenti per una migliore condotta didattica nelle materie matematiche.
«In Italia il 20 per cento dei bambini ha significative difficoltà nell’apprendimento della matematica.
Molti di loro, purtroppo etichettati come discalculici, sono però dei falsi positivi i cui problemi non dipendono da veri e propri disturbi cognitivi ma semmai da cattive pratiche didattiche».
Il lavoro dei ricercatori italiani opera su un campione ampio di bambini di prima e seconda elementare fra Emilia Romagna (il progetti nasce all'Università di Modena e Reggio Emilia) e Piemonte, cercando di indicare un percorso basato su buone pratiche didattiche (abaco, dita, righelli ecc...) per far calare con una certa rilevanza l'incidenza dei piccoli a rischio discalculia. (Leggi anche: dislessia)
FONTE: Corriere.it, PerContare
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