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Cellulare in classe: cosa ne pensano gli esperti

di Alice Dutto - 09.06.2016 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione, vuole annullare il divieto di portare gli smartphone in classe. «Un conto sono i tablet, un altro i cellulari» ammoniscono pedagogisti e psicologi nell'evidenziare la pericolosità del telefonino in classe. Ma qualcuno vede anche delle potenzialità

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Portare e utilizzare lo smartphone a scuola: non è un sogno, ma la nuova proposta del sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone, che vuole abolire la direttiva del 2007 del Ministero dell'Istruzione in cui si vieta ai ragazzi di usare il proprio telefono in aula.

LA PROPOSTA

I vantaggi? Secondo Faraone, i benefici sarebbero sia a livello didattico sia nella lotta al cyber-bullismo, ma anche nell'inclusione dei ragazzi problematici. Una norma che andrebbe nella direzione già presa dal governo di investire nella digitalizzazione delle scuole: il Piano Nazionale prevede un investimento di oltre un miliardo di euro per portare la fibra e la banda ultra-larga in classe, cablare le strutture e pagare il canone di connettività, ma anche formare il personale. Dal prossimo anno, quasi l'80% delle scuole avrà una connessione wi-fi, grazie ai finanziamenti europei. In questo senso, dunque, «Suona quasi una contraddizione vietare l’uso di qualsiasi dispositivo in classe, durante le lezioni» ha dichiarato il sottosegretario. Quindi, proprio attraverso gli smartphone si potrà attuare la rivoluzione che porterà a sostituire man mano i libri e gli altri materiali didattici classici.

LE CRITICHE

Non tutti però sono d'accordo. «Se è vero che le nuove possibilità tecnologiche stanno rivoluzionando la scuola, supportando e potenziando le possibilità didattiche, è anche vero che non si devono confondere le funzionalità offerte dai diversi device: un conto sono i tablet, un altro gli smartphone» sostengono Elisabetta Rossini ed Elena Urso dello Studio di consulenza familiare Rossini-Urso.

Concorda la psicologa Sara Bruzzone, co-fondatrice di Mammechefatica.it, «Personalmente, sono d'accordo con l'utilizzo della tecnologia a scuola, perché grazie a questi strumenti si possono sfruttare nuove tecniche di apprendimento, ma dipende dall'uso che se ne fa e da come viene regolamentato dagli adulti. In generale vale la regola che questi device non devono sostituire la relazione umana, né con i docenti-educatori, né con i coetanei.

Bisogna poi sottolineare che non è tanto il cellulare ad avere dei vantaggi per l'apprendimento quanto internet più in generale».

I DUBBI

I problemi dello smartphone in classe sarebbero diversi, secondo le esperte: lo schermo troppo piccolo e l'impossibilità di gestirne l'utilizzo da parte dei docenti, ma anche la disparità di possibilità, tra chi si può permettere un modello di ultima generazione e chi no, ad esempio.

«Se il tablet ha la possibilità di essere utilizzato solo a scopi didattici, lo smartphone personale ha dentro Whatsapp e la posta: strumenti che distraggono dalla lezione» continua Bruzzone. «È come se in una riunione di lavoro ci mettessimo a mandare dei messaggini: non sarebbe consentito. E perché ai bambini dovrebbe essere concesso? Tra l'altro, con una legge che prevede l'utilizzo di questi strumenti in aula, i docenti sarebbero delegittimati: come potrebbero valutarne un utilizzo improprio e quindi ritirarlo ai ragazzi?» chiedono le esperte dello Studio Rossini-Urso.

Del resto, numerosi studi sottolineano quale sia l'effetto dannoso dei cellulari a scuola. Un lavoro della London School of Economics dimostra che bandire il cellulare da scuola equivale a una settimana in più di lezione. Negli istituti che non prevedono l'uso dei telefonini i voti sono più alti. Il problema è che questi strumenti distraggono.

«Un altro aspetto – sottolinea Elisabetta Rossini – sono gli studi psicologici che valutano le conseguenze della progressiva perdita della capacità di scrivere a mano; un'abilità che mette in moto circuiti neuronali differenti e più complessi rispetto alla scrittura sulla tastiera».


UN PROBLEMA DEGLI ADULTI

Nel caso dei bambini più piccoli che vanno alle elementari, il fatto di portare il cellulare a scuola è spesso un'esigenza dei genitori. «È legato al bisogno che gli adulti hanno di controllare il loro figlio. Un fatto molto pericoloso, perché la scuola è il primo luogo dell'autonomia del bambino e non va invaso» sottolineano le specialiste dello studio Rossini-Urso.


Altro elemento è la lotta al cyber-bullismo che, secondo Faraone, non si fa vietando l'uso di uno strumento, ma insegnandone l'uso corretto. «Sicuramente, la scuola e la famiglia hanno il dovere di educare i ragazzi a un utilizzo consapevole e rispettoso di questi mezzi. Ma non significa che poi debbano usarli ovunque e sappiamo quanto possano diventare pervasivi questi strumenti» riprende Rossini. «Più che sull'utilizzo dello smartphone in se stesso, contro il cyber-bullismo c'è tutto un lavoro culturale e psicologico da fare, con le famiglie e i docenti e dopo con ragazzi. In questo caso, l'uso del cellulare è del tutto marginale» aggiunge Sara Bruzzone.

Anche per quanto riguarda i ragazzi che soffrono di disturbi specifici dell'apprendimento, secondo le esperte, gli smartphone non sarebbero necessariamente benefici. «Ci sono già i tablet che vengono utilizzati a tale scopo e funzionano benissimo. Lo schermo dello smartphone, poi, non permetterebbe ciò che si può già fare con gli altri device» continua la psicologa.


LA SOLUZIONE

Un tablet fornito dalla scuola, senza Whazzup, Facebook o la posta, ma con all'interno libri di testo e con la possibilità di interagire con il docente, sarebbe la soluzione ideale secondo le esperte per rimanere al passo con i tempi, insegnare l'importanza della condivisione e potenziare l'apprendimento dei giovani. Uno strumento che, comunque, si dovrebbe affiancare alla didattica tradizionale per potenziarla.

LA VISIONE ALTERNATIVA

C'è però anche chi la pensa diversamente: «Se il modello di didattica è quello tradizionale frontale, dove il docente spiega e gli studenti ascoltano, sono anch'io d'accordo che lo smartphone di nuova generazione sia uno strumento di distrazione. Ma se pensiamo a un approccio totalmente diverso, che pone al centro lo studente e che si basa sulle possibilità offerte dalle nuove tecnologie, allora sposo di più la proposta di Davide Faraone» commenta Giovanni Biondi, presidente di Indire, l'ente specializzato nello sviluppo di nuovi modelli didattici anche attraverso la sperimentazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.



«Oggi si parla sempre più spesso di “mobile learning”, che permette la formazione continua, e di “flipped classroom”, cioè l'insegnamento capovolto: in questo caso, i ragazzi vedono la lezione a casa sul loro device e a scuola fanno dei laboratori su ciò che hanno già assimilato. In questo senso, non c'è differenza tra smartphone e tablet, se non per le dimensioni dello schermo che però incidono fino a un certo punto». Un modello che si sta già sperimentando in Europa e anche in oltre 400 scuole italiane che aderiscono al movimento delle Avanguardie educative.

«Se interpretato così, l'utilizzo dello smartphone in classe è una spinta verso l'innovazione: non è tanto il fatto che venga reintrodotto a scuola, quando il fatto che attraverso questo strumento si cambi l'ambiente scolastico e si rivoluzioni l'organizzazione della didattica» conclude il presidente.

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