Le certificazioni per i disturbi specifici dell'apprendimento (DSA in cui rientrano dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia in base alla Legge n. 170, dell'8/10/2010) rischiano di essere controproducenti per i bambini se non si basano su diagnosi estremamente accurate e precise.

A lanciare l'allarme è Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo psicoterapeuta e logopedista, Direttore dell’IdO (Istituto di Ortofonologia) di Roma, che ne parlerà al primo Festival dell'educazione di Viterbo.
Che cosa può comportare una diagnosi e certificazione generica di DSA se non rispecchia il disturbo specifico di apprendimento del bambino?
“La diagnosi è importantissima e nel caso in cui sia sbagliata 'massacra' il bambino: farlo entrare in una categoria grave, se non è davvero così, causa danni enormi. Tutte le patologie hanno bisogno di un processo diagnostico che non si deve basare sui semplici sintomi ma è fondamentale rintracciare le cause", per poi adottare strategie differenziate.
'Ci ha messo tanto per leggere, dunque è dislessico': questa è una affermazione sbagliata, perché i sintomi possono essere analoghi ma non avere le stesse origini”, sostiene Federico Bianchi di Castelbianco.
Quali sono i casi più comuni in cui si parla erroneamente di dislessia, secondo lei?
C'è poi il bambino che ha grosse difficoltà, per esempio, e fatica a scrivere ma quando la maestra si mette accanto a lui, improvvisamente 'sembra miracolato'! In questo caso, una serie di sintomi che potrebbero indicare la dislessia, sono causati invece dalla paura e dall'ansia da prestazione”. (Leggi anche: Come si tiene la disciplina in classe? Con lezioni coinvolgenti)
Nell'ambito della scuola, in quali altri casi può capitare che la certificazione presentata non valuti correttamente il bambino?
“Tra questi casi rientrano anche i bambini plusdotati che sono circa 500mila su una popolazione scolastica di 10 milioni ma soltanto 3.000 sono riconosciuti come tali. E spesso vengono etichettati come DSA o anche come bambini con il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, ADHD. Come mai questo accade? Per il fatto che escono dalla regola: questi bambini catalogati vanno dallo specialista che si occupa della diagnosi, non è quindi colpa degli insegnanti.
Un bambino che ha un quoziente di intelligenza (QI) molto alto, 130, è anni luce avanti, e se gli viene diagnosticato, per esempio, il disturbo ADHD va in depressione perché è intelligente.
Inoltre, è importante anche considerare che chi non riesce a stare attento e a concentrarsi, a volte non ce la fa perché dipende dallo stato di quel momento. In ogni caso, se un bambino ha le strutture organizzative e cognitive per concentrarsi, la domanda da porsi è 'perché non le mette in atto? E poi, è fondamentale cercare i motivi”. (Leggi anche: Scuola, 8 regole d'oro per aiutare il bambino a concentrarsi)
Come deve essere una diagnosi accurata di DSA?
“La regola vincente per una buona diagnosi è quella di fare una serie di ipotesi da verificare nel tempo, non può essere una valutazione statica. E' importante tenere conto dell'origine del problema e lavorare su causa ed effetto.
La diagnosi deve essere completa, non solo due righe. Quindi, tutti coloro che si occupano di certificazioni dovrebbero fare una riflessione, poiché i numeri sono alti. Tra l'altro, una diagnosi sbagliata danneggia la vita dell'alunno in classe: le maestre non si fanno completamente carico dei bambini perché hanno la certificazione”.
E la famiglia? Come dovrebbe agire se vede che il figlio ha qualche difficoltà?
"Oggi, spesso, i genitori si sentono inadeguati se il figlio ha qualcosa: chiedono la certificazione, così non dipende più da loro. C'è anche chi pensa che se il bimbo ha qualche disturbo di apprendimento, a scuola, almeno, lo manderanno avanti. Ma non va bene scambiare eventuali lacune culturali e scientifiche per un deficit che non è reale.
E' importante che anche il genitore cerchi di verificare l'origine del problema del figlio prima di pensare alla certificazione. A volte, le difficoltà nella letto-scrittura, per esempio, sono legate alla disorganizzazione e, in questo caso, anche la famiglia può dare un aiuto ad aggirarla”.
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