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Cyberbullismo: come impedire che la violenza rovini la vita dei nostri figli. Intervista ad Anna Oliverio Ferraris

di Federica Baroni - 13.03.2017 - Scrivici

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Il cyberbullismo ha una portata maggiore del bullismo. Attaccare attraverso le tecnologie e non direttamente ha un effetto disinibitorio, si scrivono cose che a voce non si direbbero mai; e la diffusione della calunnia raggiunge ampiezze una volta inimmaginabili grazie alla massa che condivide contenuti pesanti senza pensare alle conseguenze. In merito a questo fenomeno abbiamo intervistato la psicologa Anna Oliverio Ferraris, autrice del libro "Piccoli bulli e cyberbulli crescono" (Bur), e le abbiamo chiesto come devono comportarsi i genitori. 

In questo articolo

Tutti abbiamo incontrato un bullo: era di solito il prepotente della classe, spesso con problemi familiari, e si divertiva a prendere di mira i soggetti deboli. Ma era facilmente identificabile da insegnanti e genitori e facilmente isolabile. I compagni, se anche non intervenivano in difesa della vittima, di solito nemmeno appoggiavano le azioni del bullo.
Per i nostri figli, però, non è più così.

Le nuove tecnologie hanno ridefinito anche il comportamento dei ragazzi dando vita a un nuovo fenomeno, definito cyberbullismo.
La differenza è che il nuovo bullo non è per forza il violento, in senso fisico, della classe.
E' meno identificabile. E le sue azioni denigratorie sui social vengono condivise (e quindi sostanzialmente appoggiate) dagli altri compagni, amplificandone notevolmente la violenza.
Per questo la psicologa Anna Oliverio Ferraris ha sentito la necessità di aggiornare il suo libro del 2007 sul bullismo per rieditarlo con un nuovo titolo: "Piccoli bulli e cyberbulli crescono" (Bur).

"Il cyberbullismo è più preoccupante del bullismo. Calunnie, insulti, video, possono diffondersi in tempi brevi e raggiungere centinaia di persone" ci spiega l'esperta.

"L'uso del computer o del cellulare hanno un effetto disinibitorio: si dicono cose che in faccia non si direbbero mai.

Per questo è diventato più facile attaccare. Così anche i repressi, che non sarebbero mai stati bulli, tirano fuori l'aggressività e diventano cyberbulli.
E' come chi guida un aereo bombardiere e bombarda una città, non è come sparare in faccia a uomini, donne e bambini; ma l'effetto non è meno grave, anzi maggiore.

Ad aggravare la situazione è la massa che condivide. Ad esempio è capitato che durante una scazzottata tra due ragazzi, gli altri compagni, anziché intervenire, riprendessero la scena per metterla sui social e avere tanti like.
Spesso, inoltre, i cyberbulli prendono in giro i familiari della vittima e in tanti condividono per scherzo. Ma i danni che si fanno al ragazzino preso di mira sono molto pesanti.
Fino ad arrivare a casi estremi che hanno portato le vittime del cyberbullismo al suicidio.
Ecco perché importantissimo cercare in tutti i modi di fermare il fenomeno. E un ruolo importante spetta ai genitori e alla scuola."

Cosa possono fare i genitori?

I genitori devono mettere in guardia i figli.
Far capire che uno scherzo può trasformarsi in qualcosa di diverso che può avere conseguenze anche gravi.
Bisogna insegnare ai ragazzi a mettersi nei panni della vittima, in modo che non condividano un contenuto denigratorio, ma lo blocchino. I ragazzi devono imparare a non diffondere immagini e video pericolose per gli altri, ma anche per se stessi.
Infatti, i bambini non sanno che divulgare immagini lesive o private di una persona senza il suo consenso è contro la legge.
Poi sono i genitori a dover rispondere alla polizia postale.
Un altro concetto importante da insegnare ai ragazzi è quello di non vendicarsi, può capitare che una vittima si trasformi a sua volta in cyberbullo. Ecco, queste catene vanno interrotte. Spiegare ai figli di tenere a freno le proprie emozioni e insegnare a dialogare con chi offende, a parlare con gli altri. E' solo attraverso il dialogo che si possono smorzare sentimenti negativi come la rabbia e la vergogna, che sono alla base dell'odio.

Leggi anche: Mio figlio è una vittima di bullismo: 5 cose da fare

Non aver fretta di dare un cellulare in mano a un bambino.

Molti genitori regalano il cellulare già alle elementari, anche con lo scopo di poter controllare meglio i figli. Ma è davvero troppo presto.

Idealmente non andrebbe dato prima dei 16 anni. Il cervello dei bambini è davvero troppo immaturo per gestire una tecnologia tanto complessa. Così come non si dà un'automobile prima dei 18 anni, con lo stesso principio bisognerebbe gestire il cellulare.

Se aspettare così tanto risulta troppo difficile, almeno darglielo non prima delle medie impostando però delle regole: si può usare solo in determinati momenti della giornata e i contenuti vanno condivisi col genitore; ad esempio si può dire: "te lo do, ma lo guardiamo assieme".

Leggi anche: A che età dare il cellulare a un bambino?
Inoltre è fondamentale che mamma e papà diano il buon esempio e non passino il tempo con lo smartphone in mano. Si tratta di una tecnologia totalizzante ed è facile, soprattutto per i piccoli, diventare dipendenti.


Tra l'altro il cyberbullismo non è l'unico pericolo della rete: ci sono siti pornografici, giochi online d'azzardo, ma anche giochi dall'apparenza innocui come Clash Royale e Clash of Clans, la cui chat interna è frequentata da pedofili e adescatori di minori, a quanto riportato in un articolo sul sito Business Insider. I genitori devono rendersi conto di questi rischi legati al cellulare.

Anche la scuola dovrebbe giocare il suo ruolo; i docenti dovrebbero vietare il telefonino in classe. Inoltre sarebbe molto importante organizzare degli incontri genitori insegnanti per parlare del buon uso di queste tecnologie.

Leggi anche: cellulare in classe: cosa ne pensano gli esperti

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Aggiornato il 08.03.2018

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