Se si confrontasse la radiografia della mano di un bambino di tre anni con quella di un bambino di otto, salterebbe subito all'occhio una differenza importante: nella mano del bambino più piccolo sembrebbero esserci meno ossa.
Alcuni genitori, preoccupati, mi chiedono allora se a loro figlio manchino dei pezzi.
No, niente paura, non manca nulla, è tutto nella norma, semplicemente le ossa a quell'età sono ancora in fase di formazione e bisogna avere pazienza.
La mano, come tutto il resto del corpo, ha bisogno del suo tempo per svilupparsi e migliorare le sue abilità. Deve infatti passare dalla fase dei riflessi primitivi alla piena acquisizione della motricità fine.
La motricità fine nei bambini
Per motricità fine si intende la capacità di compiere gesti precisi, coordinando perfettamente gli elementi del sistema muscoloscheletrico sotto il controllo del sistema nervoso centrale.
Possiamo dire che la strada verso lo sviluppo della motricità fine inizia sin dalla nascita, con alcuni movimenti riflessi, ossia non controllati, che col passare del tempo lasceranno il passo a movimenti qualitativamente migliori.
Avrete sicuramente notato che un neonato, a cui si stimoli il palmo della mano, subito la chiude, afferrandovi il dito con una presa molto stretta. Si tratta del riflesso di prensione palmare (grasping), prima fase della presa, il modo più immaturo attraverso il quale un bambino inizia ad afferrare.
Con il trascorrere del tempo la sua presa maturerà e già intorno ai 15 mesi sarà in grado di prendere in mano un grosso pennarello con cui poter cominciare a fare i suoi primi scarabocchi.
Come favorire lo sviluppo della motricità fine
Cosa si può fare per favorire lo sviluppo della motricità fine dei bambini? Almeno fino ai 4 o 5 anni giocare è la parola d'ordine. Il bambino, attraverso il gioco, acquisisce tantissime competenze, tra cui quelle motorie.
Creazioni con la pasta da modellare, ad esempio, fare trenini con le mollette per il bucato, infilare perline nei fili, aprire e chiudere le cerniere, dipingere coi colori a dita, sono tutte attività che aiutano lo sviluppo della motricità fine.
Attenzione però alle perline o agli oggetti piccoli in generale. Assicuratevi che il bambino abbia superato la fase dell'esplorazione orale, ossia non sia più abituato a portarsi alla bocca oggetti pericolosi. Questa è un'abitudine del bambino piccolo che gli serve per conoscere gli oggetti che gli si presentano davanti. Non avendo appunto ancora sviluppato la motricità fine, il bambino utilizza la bocca come surrogato per conoscere la forma, la consistenza degli oggetti. Per quanto debba essere lasciato libero di sperimentare, ci tengo sempre a ribadire che bisogna tenerlo lontano da oggetti che possano ostruire le vie respiratorie.
Bambini e scrittura
Dopo che il bambino ha avuto i primi approcci con pennarelli e simili, si pone la questione della scrittura. Quando imparare a scrivere?
Già tra i due e i tre anni, il bambino prova a dare un senso ai suoi scarabocchi, cercando di imitare gli adulti di riferimento. Viviamo in un'epoca in cui non si scrive quasi più a mano, quindi oggigiorno è più frequente che il bambino tenda ad imitare i fratelli maggiori che frequentano già la scuola.
Ora che non siamo più abituati a scrivere a mano, le rare volte che lo facciamo, ci rendiamo subito conto di quanti muscoli si mettano in moto. Non si attivano solo i muscoli della mano, ma anche quelli dell'arto superiore, il tutto in maniera molto precisa. La scrittura vera e propria richiede infatti molta coordinazione. Considerate che per scrivere è molto importante anche la postura di tutto il corpo. Gli avambracci dovrebbero rimanere appoggiati al tavolo, le spalle devono essere rilassate, il tronco leggermente flesso in avanti, la testa non dovrebbe essere inclinata lateralmente, e i piedi dovrebbero appoggiare entrambi a terra.
Questi atteggiamenti posturali non sono da sottovalutare ed è bene correggere lo scrivente. Proprio per l'impegno richiesto, il mio suggerimento è quello di non avere troppa fretta e di non bruciare le tappe; tuttavia consiglio vivamente il pregrafismo, un modo utile per avvicinare i bambini alla scrittura verso i cinque anni, quattro per i bambini più precoci che si incuriosiscono di loro sponte.
L'impugnatura della penna
Un altro argomento spinoso è quello relativo all'impugnatura della penna.
La presa corretta prevede l'opposizione tra pollice e indice, mentre il medio serve soltanto come appoggio. Questa presa andrebbe raggiunta al massimo tra i 5 e i 6 anni, perché successivamente diventerebbe più difficile modificarla, tuttavia ci sono bambini più precoci di altri che imparano anche prima, e questo fa parte dell'etoregeneità fisiologica. Un'impugnatura scorretta rischia di affaticare il bambino o provocargli dei dolori, ma è giusto dire che ci sono anche quei bambini che, nonostante impugnino la penna nei modi più fantasiosi, non hanno alcuna difficoltà a scrivere. Io li lascerei liberi di continuare a loro modo, laddove non si evidenzi una reale difficoltà (rimangono indietro nei dettati, non scrivono i temi nei tempi corretti...).
Esistono in commercio diversi tipi di impugnature ergonomiche per aiutare (o forzare?) i bambini a tenere correttamente la matita o la penna. Da fisioterapista, il mio parere è che potrebbero anche tornare utili, ma soltanto dopo aver collezionato una serie di insuccessi con l'esercizio, e soltanto come ausilio lungo il percorso, con l'obiettivo finale di farne a meno il prima possibile.
La ripetizione di un gesto è la miglior forma di allenamento e apprendimento per il nostro corpo.
In conclusione, da fisioterapista e da padre, posso affermare che tra i 4 e i 6 anni un bambino abbia ormai acquisito una serie di capacità che possono consentirgli di iniziare a percorrere tranquillamente la strada della scrittura. L'avvicinamento alla scrittura in età prescolare non deve però essere forzato, ma spontaneo, il più naturale possibile.
Per quanto l'impugnatura corretta della penna sia importantissima, ricordiamoci che prima di tutto deve essere funzionale, come ogni gesto, e non faticosa.
Osservando i campioni olimpici delle discipline di corsa, difficilmente si apprezza un appoggio "corretto" del piede, ma ciò non impedisce loro di portare a casa numerose medaglie.
Sull'autore dell'articolo, Luca Zecchini
Luca Zecchini, Dottore in Fisioterapia, specializzato in terapia manuale e fisioterapia muscoloscheletrica.
Certificato Fisioterapista Ortokinetico
Membro dell'US sulla colonna del GSTM