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Perché i bambini non scrivono più in corsivo?

di Giorgio Crico - 24.11.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Cosa implica, a livello di sviluppo delle competenze, se i bambini non scrivono in corsivo? L'esperto spiega i vantaggi di questa scrittura.

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Perché i bambini non scrivono in corsivo

Da tempo, la stessa scienza ha confermato quanto sia importante sapere scrivere in corsivo. Si tratta di uno stile di scrittura che porta utilità e benefici indubbi ma oggi sembra essere una forma di scrittura molto meno diffusa, rispetto a qualche decennio fa. Soprattutto, parrebbe essere meno frequentata anche dai bambini, che una volta l'apprendevano per prima e per anni conoscevano quasi esclusivamente quella. Il dottor Carlo Di Brina, neuropsichiatra infantile e dottore di ricerca in neuroscienze sperimentali esperto del settore, traccia una panoramica completa del problema, indagando perché i bambini non scrivono in corsivo, le possibili conseguenze, il ruolo che i genitori possono assumere a sostegno della scuola e anche l'effettiva rilevanza degli apparecchi digitali contemporanei come smartphone e tablet.

A cosa serve scrivere in corsivo

Dottor Di Brina, a cosa serve imparare a scrivere in corsivo?

Il corsivo è il modo più efficace di scrivere a mano per due motivi: consente una scrittura veloce e personalizzata. Quindi, con il corsivo in classe si può restare al passo con il gruppo mantenendo riconoscibile la propria personalità. L'automatizzazione del corsivo permette di lasciare spazio cognitivo ad altre risorse come la correttezza ortografica, la rievocazione dei contenuti dalla memoria a breve termine e l'elaborazione dei concetti in argomenti più complessi. Scrivere in corsivo e farlo in modo automatizzato è, però, difficile ed è tra le abilità di motricità fine più complesse (si può essere bravi a infilare o incastrare costruzioni, montare e smontare col cacciavite ma avere problemi di scrittura in corsivo).

La relazione tra la disgrafia e il non saper scrivere in corsivo

Spesso si dice che ci sia un nesso tra la disgrafia e il non saper scrivere in corsivo. È vero o è solo un luogo comune?

La disgrafia intesa come "Disturbo" non è solo cattiva qualità di scrittura (che ne è un singolo segno), è l'espressione scritta nel suo complesso ad essere coinvolta.

Non basta dunque non scrivere bene in corsivo per avere una diagnosi di Disgrafia/Disturbo dell'espressione scritta. È piuttosto l'abilità di comunicare attraverso il linguaggio scritto in maniera efficace a esserne coinvolta: l'automatizzazione del tratto (saper scrivere senza dover necessariamente guardare sul foglio), l'avere una buona correttezza ortografica e il saper produrre un testo sufficientemente elaborato nei contenuti e nell'organizzazione spaziale.

Come aiutare i propri figli a imparare a scrivere in corsivo

È possibile aiutare efficacemente i propri figli a scrivere in corsivo?

Dunque, le prime fasi di apprendimento del corsivo, quelle puramente esecutive, devono essere insegnate con pazienza e praticate per almeno un anno per poter dire di averle esercitate sufficientemente e in modo da non pensarci più. Non tutti i bambini di una classe riescono ad acquisirlo alla fine del secondo anno della scuola primaria, seppure ben insegnato. Niente di irreparabile: si può utilizzare un carattere di scrittura a mano diverso come lo stampatello, meno faticoso e più leggibile. Va bene lo stesso per un tema o per riportare degli appunti sul quaderno. Molti insegnanti, senza dover necessariamente attivare un BES (Bisogno Educativo Speciale), permettono che si scriva così e a mio avviso fanno bene. Fanno bene se hanno provato a insegnare il corsivo e, nonostante l'applicazione e la costanza, hanno incontrato difficoltà che rendono la scrittura un compito sgradito ad alcuni allievi.

Cosa possono fare i genitori quando scelgono l'insegnante o la classe dove inserire il proprio figlio?

Potrebbero ad esempio informarsi su quale sia il metodo che viene utilizzato in classe, senza accontentarsi di un generico "metodo misto", o peggio un "metodo Globale"; ma pretendere che al proprio figlio sia insegnato con il Metodo fonolessicale. Sarà infatti difficile recuperare a casa con il solo esercizio dei compiti assegnati, il lavoro si deve svolgere a scuola. Se si applicassero durante i primi due anni di scuola primaria tale Metodo che la scienza definisce senza appello come quello efficace per l'insegnamento della letto-scrittura, si alleggerirebbero tutti i bambini che iniziano a leggere e scrivere, senza aggiungere ulteriori fattori penalizzanti a chi ha già le sue difficoltà o avrà una diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento.

Magari, in questo modo, si ridurranno le preoccupanti percentuali dei soggetti segnalati per difficoltà scolastiche? D'altronde, ci risulta che il corsivo sia ancora molto richiesto in classe, anche se non come unico strumento di scrittura insegnato. Visto che è così utile, perché allora non insegnarlo nel modo corretto?!

Perché i bambini non scrivono più in corsivo: è vero che non viene più usato dai bambini?

Dottor Brina, sempre più spesso si sente dire che i bambini non scrivono più in corsivo. Cosa c'è di vero, in questa affermazione?

In una indeagine effettuata nelle scuole primarie di Roma, il nostro Gruppo Disgrafia Sapienza ha rilevato che il 21% bambini, per una ragione o per l'altra, è classificabile attraverso la sua scrittura in corsivo come scrittore povero. Il 10% presenta una scrittura disgrafica. Si può ipotizzare che due bambini per classe utilizzeranno dunque lo stampatello o sistemi alternativi di scrittura. Se la scuola li individuerà presto e bene come spesso succede, questi bambini vivranno la loro difficoltà come quei bambini che non riescono ad esempio a leggere dalla lavagna perché miopi.
Faranno una visita più approfondita in un Servizio di Neuropsichiatria Infantile dalla quale emergeranno le due diagnosi principali in questi casi:

  • Disturbo Evolutivo Specifico della Scrittura (Disturbo dell'Espressione Scritta) e
  • Disturbo Evolutivo Specifico della Funzione Motoria (Disturbo di Coordinazione Motoria)

e saranno proposte le correzioni necessarie (esattamente come per la miopia le lenti correttive). In entrambe le diagnosi non saranno le lenti degli occhiali ma i caratteri di scrittura più semplici (stampatello) o se si è già agli ultimi anni della scuola primaria l'utilizzo della tastiera (pc e software word) per migliorare la leggibilità e ridurre gli errori ortografici. Se invece non saranno individuati dalla scuola e le famiglie si auto-organizzeranno evitando il compito e riducendo la velocità, la lunghezza del testo e la ricchezza delle idee e dei contenuti.

Spesso penseranno di essere meno bravi dei loro compagni (e meno intelligenti) e spesso verranno penalizzati nelle valutazioni degli insegnanti (che li leggeranno comunque con difficoltà). Dare la possibilità di scrivere in stampatello è dunque un modo per alleggerire il bambino da una attività faticosa sulla quale si è già avviata una attività compensativa didattica o addirittura si è attivato un Piano Didattico Personalizzato in quanto riconosciuto come alunno con Bisogni Educativi Speciali.

Perché i bambini non scrivono più in corsivo: il ruolo dei tablet e degli smartphone

Gli apparecchi digitali potrebbero avere un ruolo nella difficoltà di apprendimento della scrittura in corsivo?

L'insegnamento della scrittura tramite computer (chiamiamola dattilografia digitale?) non è materia curriculare: è raro che si scriva in classe con il pc e si usi la stampante, anche solo in un laboratorio di informatica. Pochi laboratori scolastici lo permettono e pochi luoghi consentono a turno a tutti i bambini di sperimentare modi diversi di scrivere (ad esempio con la tastiera). Dunque, tablet e smartphone a nostro avviso c'entrano poco; c'entra più l'autonomia degli insegnanti e il fatto non ci siano linee guida chiare ministeriali sulla necessità di abbandonare metodi di provata inefficacia come il Metodo globale. Il Neuroscienziato di fama mondiale Stanislas Dehaene definisce addirittura "criminale" il Metodo globale. Tale metodo prevede di presentare visivamente la parola senza scomporla in sillabe e che i bambini la leggano attraverso l'immagine; la via fonologica di leggere la singola lettera o sillaba per sillaba non viene dunque insegnato; per la scrittura prevede che l'insegnante presenti la lettera e i bambini la scrivano in tentativi autonomi di trovare il percorso di tracciatura più conveniente; il percorso più efficace ed economico non viene dunque insegnato. La letteratura sull'argomento indica invece che per imparare a leggere bisogna insegnare prima a sillabare (Metodo fonolessicale) e per la scrittura va insegnato qual è il percorso più efficace ed economico per ogni lettera da tracciare (Metodo esplicito del percorso con semaforo).

L'intervistato

Carlo Di Brina è uno Neuropsichiatra infantile, dottore di ricerca in neuroscienze sperimentali e cliniche e attualmente coordina il "Gruppo Disgrafia Sapienza". Dirigente medico presso la UOC di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I° di Roma e collabora in progetti di ricerca con l'Università di Lucerna (Padagogische Hochschule, Svizzera). Si occupa di disturbi del neurologici e del neuro-sviluppo dell'area motoria: paralisi cerebrali infantili, Disturbo Evolutivo Specifico della Funzione Motoria (DCD), Disturbo di apprendimento non-verbale, Disturbi del movimento e della scrittura (coordinazione motoria globale e fine), automatizzazione e riabilitazione del gesto.

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