Dal primo sorriso al primo giorno di scuola, quante sono le prime volte di un bambino! Tanti piccoli e grandi passi verso il raggiungimento dell'autonomia e la piena costruzione di sé. E quante emozioni suscitano nei genitori! Ripercorriamo le “prime volte” più importanti, provando a “leggerle” con l'aiuto della psicologa Daniela Bulgarelli, ricercatrice in psicologia dello sviluppo e dell'educazione all'Università di Torino.
Le prime volte di un bambino
La primissima volta, forse la più emozionante, è quella in cui il bambino, subito dopo la nascita, apre gli occhi sul volto della mamma e la guarda. Da quel momento in poi il piccolo, che per nove mesi è stato nutrito, protetto e cullato nella pancia della mamma, comincia il suo percorso di autonomia, mettendo in campo una serie di abilità e competenze già spiccate nei primi giorni di vita. I genitori, intanto, si incantano a guardarlo, sospesi tra la magia del momento e l'attesa delle conquiste che arriveranno.
Il primo sorriso
Arriva in genere intorno ai due mesi, quando il bebè per la prima volta sorride in risposta al sorriso di un adulto (per questo si chiama sorriso relazionale). Ma attenzione: come sempre quando si parla di fasi di sviluppo, non c'è un'ora X che deve scattare: possono volerci giorni o settimane in più.
Le prime pappe
Che si scelga uno svezzamento “tradizionale” con le pappe oppure l'autosvezzamento, intorno al sesto mese – anche qui, settimana più, settimana meno – il bimbo comincia ad assaggiare qualcosa di diverso dal latte, materno o artificiale che sia.
È un passaggio importante, perché segna la prima, importante separazione tra la mamma e il suo bambino, che con l'allattamento hanno vissuto un rapporto molto speciale. Ora cambia tutto: quello che si mangia e anche come lo si mangia (seduti, con le mani o il cucchiaino e non più in braccio, succhiando).
“È vero: molti vedono questo momento come un distacco, ma possiamo vederlo anche in modo diverso e meno traumatico, come momento in cui si ritara la relazione mamma-bambino o, in generale, genitori-bambino” suggerisce Bulgarelli.
“È inevitabile che via via che il bambino cresce gli adulti debbano modificare un po' l'assetto relazionale, per accompagnarlo nella sua conquista dell'autonomia”. Può essere faticoso, ma è anche motivo di grande orgoglio.
“D'altra parte, se è vero che alcuni genitori possono vivere come un piccolo 'lutto' la chiusura di una fase della vita, come potrebbe essere l'allattamento, è anche vero che il fatto che si percepisca un po' di tristezza significa che quella fase è stata bella, gratificante, arricchente. Lo si accetta e si va avanti”.
Come cresce un bambino mese per mese nel primo anno di vita
vai alla galleryDai primi sorrisi a quando riesce a reggere da solo la testolina, da quando comincia a interessarsi al cibo ai primi passi. Nel primo anno di vita del bambino ogni piccolo progresso è una...
Altro momento di grandissima emozione: per il bambino, che finalmente può lanciarsi nell'esplorazione autonoma (più o meno...) di quel mondo che tanto lo interessa, e per i genitori. In genere si comincia a camminare tra gli 11 e i 15 mesi ma, di nuovo, non c'è una regola fissa: qualche bimbo può cominciare a muoversi da solo già a nove mesi, altri tardare fino all'anno e mezzo.
“L'esperienza dei primi passi aiuta a mettere a fuoco un concetto molto importante nel discorso sulle prime volte dei bambini, e cioè che quando hanno a che fare con lo sviluppo e la maturazione del bambino non sono mai di cambiamenti netti, che arrivano all'improvviso come fulmini a ciel sereno” afferma Bulgarelli. “Si tratta invece di momenti che fanno parte di un percorso cominciato tempo prima. La prima volta che un bambino si alza in piedi e cammina è preceduta da un periodo più o meno lungo di altri spostamenti nello spazio: magari il bambino gattonava, o si spostava sul sedere. Poi a un certo punto si è tirato su, appoggiandosi a qualche supporto – magari le mani di mamma e papà - e cominciando a muovere qualche passo laterale, e infine ha mosso il suo primo passo da solo, senza sostegni”.
“Le prime volte – precisa la psicologa – sono in realtà il culmine di tutta una costruzione precedente, che ha molto a che fare sia con i tempi di sviluppo del bambino, sia con la sua relazione con gli adulti (i genitori, i nonni) o i fratellini se ci sono”.
Le prime parole
Sempre intorno all'anno di età compaiono anche le prime parole, oltre a mamma e papà, ed è buffo scoprire quanta varietà può esserci nelle parole che vengono pronunciate per prime: il nome di un fratellino o sorellina, quello del cane o del gatto, un cibo di cui il bimbo è particolarmente ghiotto (o l'acqua) e tanto altro.
“Anche le prime parole sono il chiaro esempio di come le grandi conquiste dei bambini arrivino da lontano” sottolinea Bulgarelli. “Prima di parlare, il bambino avrà emesso vocalizzi e fatto esercizio con la lallazione”.
E sono anche un chiaro esempio di quanto conti la relazione con l'adulto in queste prime tappe, visto che le parole arrivano dopo un lungo periodo (cominciato ancora prima della nascita) in cui mamma e papà hanno a loro volta parlato al bambino, gli hanno letto libri, recitato filastrocche e cantato ninnananne, e hanno accolto le sue vocalizzazioni con entusiasmo, ripetendogliele.
“Ai genitori può sembrare che i primi mesi di un bambino non passino mai e che tutto si ripeta uguale a sé stesso nella routine dell'allattamento (al seno o artificiale), del cambio dei pannolini, dei tanti risvegli notturni. Invece quello che succede è che in questa routine quotidiana si stanno costruendo le relazioni fondamentali per lo sviluppo del bambino” conclude Bulgarelli.
La prima volta al nido o alla scuola materna
In questo caso l'età varia: al nido si può entrare in genere dai tre mesi ai tre anni, mentre alla scuola materna o d'infanzia si va di solito a tre anni o a quattro. È un altro importante momento di distacco, se non proprio dalla mamma - che magari ha già ripreso a lavorare affidando il piccolo ai nonni o a una tata – almeno dall'ambiente domestico.
“A differenza di altre prime volte legate alla maturazione del bambino, in questo caso c'è veramente un giorno X in cui le cose cambiano radicalmente” sottolinea la psicologa. “Nel caso della scuola materna, però, questo non significa che quel momento X non possa essere preparato. Anzi: l'adulto dovrebbe avere la consapevolezza del fatto che proprio perché si tratta di un giorno speciale, va preparato e accompagnato, spiegando al bambino che cosa succederà, come si svolgerà la sua giornata, chi incontrerà e preparando con lui l'occorrente per l'asilo (lo zainetto, le ciabattine).
Questo è molto importante per aiutare il bambino a farsi un'idea dell'asilo”.
Ovviamente una preparazione di questo tipo, in cui coinvolgere attivamente il bambino, è impossibile per un piccolo di pochi mesi che deve entrare il nido. “In questo caso è l'adulto a doversi preparare bene a questa prima volta. Scegliendo una struttura che lo fa sentire tranquillo e convincendosi dell'importanza di questo passo. Non solo perché così può tornare a lavorare, ma anche perché è effettivamente una grande opportunità di crescita e sviluppo per il bambino”.
Le prime volte “in società”
“Alcune prime volte non sono legate alla maturazione psicofisica del bambino – spiega Bulgarelli – ma a un ruolo ben preciso dell'adulto, che è quello di accompagnarlo poco per volta alla vita in società. È il caso della prima volta al ristorante, al cinema, in biblioteca, o della prima volta a dormire da solo dai nonni: una prima volta, quest'ultima, che attraverso il passo indietro dei genitori aiuta il consolidamento di una relazione speciale com'è quella tra nonni e nipotini”.
La prima volta senza pannolino
Altro esempio in cui non scatta – o non dovrebbe scattare – l'ora X. In genere, lo spannolinamento avviene tra i due e i tre anni, quando il bambino conquista da solo, in virtù della sua maturazione fisiologica, il controllo degli sfinteri.
“Può succedere però che alcuni genitori arrivino a forzare il momento dell'addio al pannolino, magari perché è il contesto che lo richiede, per esempio per l'inserimento alla scuola materna. In questi casi però la situazione può diventare critica, perché se il bambino proprio non è pronto lo spannolinamento non riesce e questo diventa fonte di ansia e stress per i genitori, che si mettono a pensare solo a quello”.
“In questi casi la cosa migliore da fare è un passo indietro. Fermarsi, rilassarsi e uscire da una dinamica di stress che non fa bene a nessuno, né al bambino né ai genitori.
Eventualmente, chiedere un sostegno a un pediatra o uno psicologo, per un semplice percorso di accompagnamento alla genitorialità. Vale per il pannolino, ma vale per esempio anche per l'inizio dello svezzamento o la fine dell'allattamento, se vengono proposti in momenti in cui proprio il bambino non è pronto. Il fatto è che passaggi come questi sono davvero importanti e dovrebbero avvenire in un contesto il più possibile piacevole, positivo”.
Il primo giorno di scuola
È vero: l'ingresso alla primaria avviene in un giorno ben preciso, ma non è un giorno che compare dal nulla. È preceduto da anni di preparazione all'autonomia e il bambino infatti ci arriva quando è in grado di vestirsi da solo e prendersi cura da solo della propria igiene. Non solo: è preceduto da una certa preparazione da parte della scuola materna (spesso c'è continuità tra gli istituti, e i bimbi dell'asilo possono andare in visita a quella che sarà la loro primaria) e da parte dei genitori, che gli raccontano spesso – anche su richiesta del bambino stesso – come sarà la nuova scuola, cosa imparerà, come sarà organizzata e così via.
“Una narrazione che poi accompagna, a posteriori, il ricordo di questa come di tutte le altre prime volte del bambino, aiutandolo a costruirsi il senso delle sue esperienze” conclude Bulgarelli. “Quante volte, nella vita, i genitori gli racconteranno, magari anche con l'aiuto di foto e video, quando ha cominciato a camminare, quali sono state le sue prime parole, come hanno vissuto l'inserimento al nido o, appunto, l'inizio della scuola”.
Aggiornato il 03.07.2019