Cos’è e a cosa serve il linguaggio Baby Signs
Noi adulti siamo portati a pensare che i bambini che ancora non parlano non abbiano pensieri chiari, idee, desideri. Non è affatto vero, anzi: vorrebbero esprimerli e ci provano come possono. D'altronde capita spesso che i tentativi dei genitori per capire i bisogni dei figli piccoli si rivelino vani, e questo genera frustrazione da entrambe le parti. C'è però un metodo che facilita questa comunicazione, il Baby Signs: ce ne parla Deborah Auteri, logopedista e autrice del libro "Parla con me" (Mondadori, 2021).
Cos’è (e cosa non è) il Baby Signs
Nato 40 anni fa negli Stati Uniti dall'intuizione delle psicologhe Linda Acredolo e Susan Goodwyn, il Baby Signs è un programma di comunicazione gestuale che i genitori possono utilizzare con i propri figli in accompagnamento a quello verbale.
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Tutti i bambini usano i gesti. Il Baby Signs non crea una sovrastruttura al bambino, anzi non è nulla che il piccolo già non faccia spontaneamente. «I bambini possiedono un universo dentro di loro ancor prima di avere gli strumenti necessari per esprimersi a parole. E, dai 7-8 mesi, iniziano a comunicarli usando gesti e segni in modo intenzionale - spiega l'esperta - Ve ne accorgete voi stessi quando ad esempio vostro figlio tende le braccia verso di voi con l'intento di essere preso in braccio, ma anche quando insegnate loro a fare "buono" con il dito sulla guancia». Il programma, insomma, allena una potenzialità innata dei bambini.
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Non è una lingua dei segni. Non si tratta, però, di una "lingua dei segni": «Questo perché manca di una sintassi ed è la stessa per tutte le nazionalità, a differenza del vero linguaggio dei segni. È composta unicamente da segni che rappresentano singole parole o concetti, facili da replicare e con cui i bambini possono comunicare bisogni, interessi ma anche emozioni e stati d'animo».
Non si insegna insomma un'altra lingua ma un supporto che, da parte dell'adulto, deve sempre essere accompagnato dalla parola corrispondente.
I vantaggi del Baby Signs
Sostenuto, dopo oltre vent'anni di studi, dall'Accademia Americana di Pediatria, il Baby Signs oggi è diffuso in tutto il mondo ed è giunto in Italia nel 2015. Diverse ricerche hanno dimostrato che il programma favorisce:
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Lo sviluppo cognitivo. I bambini incrementano le loro capacità di apprendimento e di concentrazione: «I segni ad esempio rendono loro più facile focalizzare la propria attenzione, perché sono naturalmente attratti da cose che si muovono, come la mimica facciale o le mani della mamma che fa un gesto nella loro direzione».
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L'autostima. Il bambino si sente più capace di modificare la situazione attorno a lui e esprimere i propri bisogni attraverso una comunicazione sufficientemente efficace: farsi capire ora è più facile.
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La relazione genitori/figli. La comunicazione tra loro è meno stressante e non passa più da pianti o scatti d'ira. Si riduce la frustrazione non solo del bambino, ma anche dell'adulto di riferimento che si sente più competente nel suo ruolo e resposivo nei confronti del figlio.
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Lo sviluppo linguistico. Le capacità comunicative e del linguaggio si potenziano.
Baby Signs e sviluppo del linguaggio: ci sono controindicazioni?
Proprio a proposito del linguaggio, in alcuni genitori sorge un dubbio: se mio figlio si abitua a fare ricorso ai segni, mostrerà un ritardo nello sviluppo del linguaggio? Assolutamente no, anzi: la comunicazione gestuale non rallenta, bensì supporta la produzione delle prime parole. Questo per 4 motivi:
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A livello neurocognitivo mani e bocca sono correlati: simbolizzare con le mani aiuta a farlo anche con la parola non appena si è pronti.
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Un bambino che percepisce di essere compreso dall'adulto che gli sta di fronte, sarà molto più portato a investire nelle competenze comunicative.
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I gesti supportano il bambino anche quando sta iniziando a parlare: «All'inizio infatti tenderà a usare la stessa espressione per indicare molte cose diverse: la sillaba "pa", ad esempio, potrà essere usata indifferentemente per indicare sia "palla" che "papà".
Ma se la stessa sillaba viene accompagnata dal segno, l'ascoltatore capirà sempre che cosa il bambino gli sta dicendo».
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Una volta che il bambino avrà imparato a parlare, tenderà progressivamente ad abbandonare i segni in funzione delle parole: «Sono molto più comode e veloci per comunicare. I gesti sono utili in mancanza d'altro, ma rispetto alla parola non c'è paragone in termini di economia e immediatezza. In più il linguaggio verbale permette di esprimere concetti più complessi. Temere che un bambino, scoperta la parola, continui a preferire i segni è un po' come pensare che un bambino che impara a camminare preferirà continuare a gattonare, mettendo più tempo ed energia per raggiungere la sua meta. Ciò non vuol dire però che i bambini, come del resto noi adulti, continueranno a ricorrere ai segni nelle occasioni in cui sono impossibilitati a parlare, come, ad esempio, quando hanno la bocca piena».
Per che fascia d'età è adatto il Baby Signs
Il programma Baby Signs si può applicare potenzialmente fin da subito, da quando cioè il bambino è in grado di vedere le mani di un adulto. «Non sarà certo ancora in grado di riprodurre il gesto, però inizierà ad aumentare la comprensione delle parole e la loro capacità di attenzione durante uno scambio comunicativo. Per i genitori meno costanti o che hanno bisogno di gratificazioni per motivarsi, consiglio invece di cominciare attorno ai 6 mesi ovvero quando il bambino inizia a passare alla comunicazione intenzionale ed è in grado di rispondere. Il Baby Signs verrà adottato dal bambino fin quando ne sentirà la necessità, normalmente fino ai 24 mesi quando cioè ha ormai acquisito un buon linguaggio».
Come creare un linguaggio Baby Signs con il proprio figlio
Il linguaggio Baby Signs comprende 175 segni codificati; per apprendere tutti gli strumenti e imparare a usarli nella comunicazione quotidiana ci sono workshop tenuti da istruttori selezionati da Baby Signs Italia, ma è possibile anche creare i propri.
L'importante che abbiano queste caratteristiche:
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Semplici e intuitivi. Che siano da fare con una o due mani, devono essere facili da realizzare per poterli inserire sempre nelle nostre conversazioni quotidiane con il bambino.
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Il segno va sempre proposto insieme alla parola corrispondente.
2 esempi di Baby Signs
Ecco tre segni da proporre con spontaneità durante le routine quotidiane:
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"Mamma". Si ripete più volte indicando noi stesse.
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"Latte". Associate il gesto alla parola mentre state allattando e riproponetelo più volte. Se vi fa segno del "latte", confermate la sua intenzione rifacendo il segno e commentando: "Vuoi il latte, adesso beviamo il latte".
L'intervistata
Deborah Auteri, autrice del libro "Parla con me", è logopedista pediatrica con un master in neuropsicologia dell'età evolutiva. Per 12 anni si è occupata di bambini con disturbi del linguaggio e delle loro famiglie; oggi si occupa prevalentemente di bambini a sviluppo tipico, guidando i genitori nella prevenzione e insegnando loro a potenziare le competenze dei propri piccoli. Il suo profilo di divulgazione su Instagram ha oltre 90 mila follower.