Si sta avvicinando il primo compleanno del vostro bambino. Già da qualche mese, o da parecchi, ha cominciato a emettere qualche suono e ora c’è l’attesa delle prime parole: mamma, pappa, bau, nanna…
Di solito nei genitori si crea un’attesa, un’aspettativa. Qualche volta, strada facendo, delusa: ci sembra più “lento” di altri, o troppo silenzioso, o con difficoltà di pronuncia particolarmente spiccate. L’ansia dei genitori non aiuta mai il piccolo.
Quali possono essere allora i riferimenti per un genitore? E quando vale la pena preoccuparsi, o, più semplicemente, osservarlo in tutte le sue manifestazioni e stimolarlo di più? Ne abbiamo parlato con Laura D’Odorico, docente di Psicologia dello sviluppo e disturbi del linguaggio all’Università Bicocca di Milano.
UN PERCORSO A TAPPE, CON TANTE VARIABILI
“Ci sono bambini che a quest’età non dicono ancora nessuna parola, ma questo non è di per sé preoccupante” spiega Laura D’Odorico.
“L’importante in questi casi e badare che il bambino capisca, che comunichi attraverso gesti con le persone che gli stanno intorno e che ci sia produzione di lallazione o comunque di suoni con presenza di consonanti: quest’ultimo infatti è un buon indice per la previsione di un normale sviluppo del linguaggio. Al contrario non lo è il fatto che produca solo suoni vocali tipo “aaaa….”
Il bambino dovrà essere stimolato, parlandogli di più, stimolando ogni sua forma comunicativa anche gestuale e coinvolgendolo molto nella lettura di libretti, non solo per favorire la nanna, ma anche in altri momenti della giornata”.
“Se il bambino di 2 anni produce meno di 50 parole, merita di essere osservato, perché è una condizione che potrebbe essere indice di rischio per futuri problemi linguistici.”
Non occorre nessuna terapia, ma un’osservazione più attenta: è importante che ci sia un incremento mensile, anche solo di una parola alla volta.
Bisogna incrementare gli stimoli. Per esempio, fate più attenzione a dedicare momenti della giornata alla vostra comunicazione tu per tu, accompagnate con le parole il momento della pappa, del gioco; durante le passeggiate coinvolgetelo nell’osservazione di quel che c’è intorno; favorite i suoi gesti rispondendo al suo tentativo di comunicazione silenziosa, per tenere comunque “viva” la relazione; dedicate più tempo alla lettura della sera, scegliete libri con belle illustrazioni, soffermatevi su singoli oggetti o figure parlando sempre in modo lento e rilassato e inventando brevi storie che attraggano la sua attenzione sulle nuove parole.
Si possono già fare e sono consigliabili accertamenti sull’udito. Otiti ravvicinate o prolungate nei primi anni di vita, causando di fatto periodi di sordità, potrebbero essere la causa del rallentamento nel processo di sviluppo: in questi casi l’esito è un rientro alla normalità.
“Quando si nota una mancanza di comunicazione e l’udito non ha problemi, tra i 3 e i 4 anni diventa opportuno rivolgersi a uno specialista: uno psicologo dello sviluppo esperto in problemi dello sviluppo, un neuropsichiatra infantile o un esperto in logopedia, che farà gli opportuni accertamenti” spiega Laura D’Odorico.
I DSL risultano avere una diffusione del 5-7% sotto i 6 anni, che si riduce all’1-2% sopra i 6 anni
I Disturbi specifici del linguaggio (DSL) hanno sempre alle spalle una storia di ritardo nello sviluppo, ma è molto spesso presente anche una componente neuropsicologica: se prima dei 3 anni è molto difficile impostare un serio programma di riabilitazione, può essere importante, per il futuro esito degli interventi di cura, non aspettare i 6, cioè quando le difficoltà linguistiche si evidenzieranno più drammaticamente con l’ingresso a scuola.
(fonte dati normativi: Primo vocabolario del bambino, di M. Cristina Caselli, Patrizia Pasqualetti e Silvia Stefanini, ed. Franco Angeli)
Leggi anche: Il bambino parla poco e male, consigli ai genitori
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Aggiornato il 10.05.2010