Perché diciamo ai bambini che arriva l'uomo nero?
Pensavamo di averlo messo a dormire per sempre e invece ogni tanto capita di sentirlo ancora nominare in qualche casa, chiamato in causa affinché un figlio o una figlia sappia a cosa va incontro se non rispetta una determinata regola. Arriva l'uomo nero. Arriva ancora a quanto pare ed è pronto - suo malgrado - a spaventare i sogni dei bambini che sono stati disobbedienti o che si rifiutano di assecondare un comando di mamma e papà.
Ma perché usiamo questa formula nell'educazione dei figli? Ha ancora senso? Lo abbiamo chiesto a Roberto Pavanello, insegnante oggi in pensione, scrittore e autore di un libro per famiglie in cui questa ombrosa figura misteriosa è protagonista di avventure del tutto inaspettate. "Guarda che chiamo l'uomo nero!" (Il Battello a vapore, 2016).
Qual è l'origine del modo di dire "Arriva l'uomo nero"?
"In Italia abbiamo un Museo dedicato allo spazzacamino, si trova in Val Vigezzo, nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola - premette Pavanello - e lì si può conoscere l'origine di questo modo di dire. Infatti, qui si racconta che in pieno inverno, quando c'erano i camini a scaldare le case, il lavoro dello spazzacamino era molto richiesto. Per una pulizia profonda delle canne fumarie, le mani minute dei bambini e la loro struttura più snella poteva riuscire ad andare in profondità in questo lavoro e spesso le famiglie meno abbienti con molti figli ne mandavano qualcuno a lavorare per la stagione insieme agli spazzacamini. Perché uomo nero, quindi? Perché questi lavoratori avevo spesso il viso sporco di fuliggine e quando giravano le città in cerca di giovani aiutanti erano considerati l'uomo nero che stava arrivando a prenderli".
Perché si dice ai bambini che arriva l'uomo nero?
"Questa storia ci mostra come l'arrivo dello spazzacamino non corrispondesse a una visita felice, perché per i bambini significava che sarebbero stati mandati a fare dei lavori pesanti, con gravi rischi per la loro salute - racconta l'autore -.
Era risaputo, inoltre, che qualche bambino potesse rimetterci la vita. Sappiamo però anche che in tempi di estrema povertà, per le famiglie numerose qualsiasi possibilità di mandare un figlio a lavorare e a mantenersi autonomamente fosse un modo per tirare avanti. Quell'accezione negativa, dunque, adottata sin dall'inizio per spaventare i bambini, è rimasta nell'uso sino a oggi".
Arriva l'uomo nero: giusto o sbagliato dirlo ai bambini oggi?
"Nel mio libro ho cercato di utilizzare l'ironia e di non insistere sugli aspetti pedagogici - commenta l'autore del libro "Guarda che chiamo l'uomo nero!" - perché tutto sommato nessuno sa chi sia veramente questo uomo nero e la fantasia potrebbe portarci a dipingerlo anche molto diversamente da come viene prospettato dagli adulti. Di fatto, però, questa frase è utilizzata per fare leva sulle paure e anche sull'ignoranza, ossia sulla posizione di minore conoscenza del bambino, per ottenere qualcosa. E questa modalità "educativa", va detto con chiarezza, è sempre un errore".
La paura dell'ignoto. "La paura è un'emozione importantissima, che riguarda tutti noi. L'ignoto fa paura e l'uomo nero, che il bambino non ha mai visto, è sicuramente un essere ignoto, misterioso e quindi inquietante. La paura che si instilla tramite questa fantasia distrae completamente dagli scopi per cui desideriamo ottenere qualcosa dai nostri figli o dare loro un insegnamento. Fare leva sulla loro consapevolezza, invece, è una modalità alternativa che può aiutare moltissimo. Innanzitutto perché, mano a mano che si accompagna il bambino alla scoperta dell'ignoto, si realizza che poi ciò che era sconosciuto non era poi così spaventoso. In secondo luogo perché l'adulto che fa da "mediatore" nelle conquiste dei bambini permette loro di acquisire fiducia in se stessi e anche nelle parole dell'adulto, parole sincere che non trasmettono verità fasulle, come l'esistenza di un uomo nero che alla fine non c'è".
Validare la paura. "I bambini non imparano soltanto in modo razionale, ma anche emotivo - aggiunge Pavanello -. Validare le loro paure, non deriderle, prenderle sul serio è incoraggiare loro ad affrontarle, e quindi a scoprire qualcosa di nuovo. Dire, inoltre, che arriva l'uomo nero come minaccia è aggiungere paure ingiustificate e in generale usare questo espediente è una bomba a orologeria: nel momento in cui il bambino capisce che l'adulto insiste su paure ingiustificate quest'ultimo perderà automaticamente ogni sua autorevolezza perché difficilmente sarà creduto in seguito. Le paure poi si presentano nelle modalità più diverse e si ha timore che questo uomo nero si nasconda sotto il letto, con il risultato che il bambino, ad esempio, non riesca a prendere sonno. Siamo "detective" insieme a loro e andiamo a cercarlo insieme questo mostro, staniamolo per poi rassicurare il piccolo che può dormire sonni tranquilli perché quell'ombra, quel rumore non erano reali pericoli. Un effetto simile si ha anche con i castighi che non hanno lo scopo di rimediare a un errore commesso. Sono espiazioni di pena ma anche occasioni perse come opportunità di crescita".
Quali parole sarebbe preferibile usare con i bambini?
"Non esistono scuole per genitori e non ci sono regole infallibili - conclude l'insegnante -. Ma la controproposta è solo una: il dialogo. Così come il genitore deve validare le paure del bambino o i suoi bisogni, deve anche saper parlare e in modo sapiente spiegare il perché di un divieto o di un comando dato per il bene del bambino. Utilizzare parole semplici, affinché lui possa comprenderle e ascoltare attentamente le sue domande, perché dietro a ogni difficoltà o paura di un bambino c'è sempre una domanda: le domande e la ricerca delle risposte giuste sono una medicina universale".
Ragionamento e carezze emotive dunque. "Non basta parlare soltanto: i bambini hanno bisogno di sentire la nostra vicinanza. Facciamo percepire loro la nostra comprensione e il nostro rispetto. Non basta soltanto la "ratio della norma" per insegnare una regola, occorre sottolineare qual è il bene comune che sostiene quella norma. Questi bambini potranno tenerci il muso, arrabbiarsi di fronte a un no, ma il dialogo è la via per aiutarli a crescere superando paure e fatiche".
L'intervistato
L'intervistato è Roberto Pavanello insegnante, animatore ed esperto di teatro per ragazzi. Ha iniziato a scrivere libri inventando racconti per i suoi tre figli. Ha pubblicato alcune sue storie sia nella serie Azzurra sia nella serie Arancio del Battello a Vapore. Suo il libro "Guarda che chiamo l'uomo nero!" (Battello a vapore (2016).