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In buoni rapporti: 4 consigli per promuovere le relazioni sociali nei bambini con la teoria della mente

di Valentina Murelli - 07.05.2018 - Scrivici

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Fonte: Cultura RM / Alamy / IPA
Andare d’accordo con gli altri, lavorare bene in gruppo, trovare una via d’uscita quando scatta un conflitto: sono abilità importanti per un bambino, che possono facilitargli la vita in casa e a scuola. La psicologa Serena Lecce spiega come potenziarle

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Ci sono bambini "popolari", che vanno d'accordo con tutti, e non hanno grosse difficoltà neppure con gli insegnanti: tutte caratteristiche che, ovviamente, semplificano la vita. Se è vero che alcuni bambini sono portati per natura a districarsi con facilità nelle relazioni sociali, la buona notizia è che mamme e papà possono incentivare queste abilità con atteggiamenti e piccole attività legate al concetto psicologico di “teoria della mente”.

nostrofiglio.it ne ha parlato con Serena Lecce, professoressa di psicologia dello sviluppo all’Università di Pavia, esperta di teoria della mente e autrice, con Federica Bianco, di un libro contenente un vero e proprio programma per promuoverla anche a scuola: Mettiti nei miei panni (Erickson 2018).

Teoria della mente, che cos’è


“Si tratta della capacità di concepire i pensieri degli altri” afferma Lecce. “O, in modo un po’ più articolato, della capacità di capire che la mente esiste e che dentro la mente, nostra e degli altri, ci sono stati mentali, cioè pensieri, desideri o emozioni”. E’, quindi, il requisito fondamentale per la capacità di “mettersi nei panni degli altri”, di vedere le cose non solo dal nostro, ma anche da altri punti di vista.

A sua volta, questa capacità è fondamentale per la vita di relazione: “Non a caso è molto carente nelle persone con autismo” sottolinea la psicologa. Tutti noi la mettiamo in pratica ogni giorno per interpretare il comportamento degli altri e modulare il nostro di conseguenza: per esempio, se vediamo che una persona solitamente vivace e allegra se ne sta da sola in silenzio potremmo pensare che sia triste e decidere di andare a parlare con lei.

A che cosa serve la teoria della mente


“La teoria della mente è importantissima per la cooperazione, per lavorare in gruppo, per mediare i conflitti trovando un punto di contatto tra i differenti desideri che li hanno generati, dunque per sviluppare e mantenere buoni rapporti con gli altri” spiega Lecce.

E questo vale sia in casa sia a scuola. “Pensiamo a un bambino che inizia la prima classe di scuola primaria” scrivono Lecce e Bianco in Mettiti nei miei panni. “Dovrà conoscere i suoi insegnanti e cercare di capire cosa vogliono da lui, dovrà relazionarsi con i compagni, capire come ci si deve comportare ecc. Dal modo (e dal grado) in cui riuscirà ad affrontare tutte queste sfide ne deriverà il suo benessere e il suo successo scolastico”.

Alcuni studi mostrano che bambini con livelli maggiori di teoria della mente tendono ad avere relazioni più cooperative con i fratelli, e a manifestare meno emozioni negative e meno stress durante i conflitti. Ma anche a essere più popolari (e meno esclusi) tra i compagni di classe e ad avere più facilità nell’instaurare una relazione positiva con l’insegnante.

Le tappe di sviluppo


La teoria della mente è un’abilità molto complessa, e servono diversi anni perché possa raggiungere piena maturità.

“Alcuni studi recenti dicono che già a 18 mesi possono esserci segnali che indicano la capacità del bambino di capire che gli altri hanno stati mentali diversi dai suoi, ma in genere le prime manifestazioni evidenti si hanno intorno ai due anni, quando comincia il gioco simbolico e di finzione” afferma Lecce. In effetti, giocare a far finta che qualcosa (per esempio una banana) sia qualcos’altro (un telefono), condividendo questa finzione con altri, indica che il bambino riesce a elaborare e mantenere una rappresentazione mentale della realtà. Di solito, però, è intorno ai quattro anni che la teoria della mente comincia ad assumere una forma più matura.

Diversi segnali possono farci capire che le cose stanno andando nella giusta direzione. In particolare:

  • la comparsa del gioco simbolico;
  • il fatto di dire le bugie. “Possono infastidire, ma la realtà è che dal punto di vista cognitivo sono un ottimo segno di sviluppo” commenta Lecce. “Indicano che il bambino ha capito perfettamente che l’altro ha degli stati mentali diversi dai suoi, e che può cercare di manipolarli per alterarne il comportamento”;
  • la comparsa del lessico psicologico, cioè l’utilizzo di termini (sostantivi, verbi, aggettivi) che si riferiscono non a oggetti reali ma a stati mentali piacere, essere affezionato, fare tenerezza, emozionarsi, avere paura, essere geloso, sentire la mancanza, sentirsi solo, essere stufo, essere deluso, desiderare, decidere, fare apposta, preferire e molti altri ancora.

Come potenziare la teoria della mente

Nel libro Mettiti nei miei panni, Lecce e Bianco propongono un vero e proprio programma didattico per aiutare gli insegnanti di scuola primaria a potenziare lo sviluppo della teoria della mente nei bambini. Molto, però, si può fare anche a casa, dai primissimi giorni di vita del piccolo. Ecco alcuni consigli:

1. Fin dai primi giorni, cercare di promuovere un buon attaccamento con il neonato.

“Alcuni studi suggeriscono che pensare al bambino come a un essere dotato di mente propria rappresenta un fattore di promozione della teoria della mente” spiega Lecce.

2. Proporre libri che abbiano a che fare con il tema degli stati mentali degli altri

Secondo Lecce, l’esempio più efficace da questo punto di vista è Il Gruffalò (Emme Edizioni), in cui un topolino a passeggio nel bosco riesce a sfuggire a una serie di predatori inducendoli a credere che esista un predatore ancora più temibile, il gruffalò, appunto – goloso di volta in volta di volpi, serpenti o civette. Salvo poi scoprire che il gruffalò… esiste davvero!


“E’ un libro utilissimo per far capire che la teoria della mente è un eccellente strumento sociale: il topolino, infatti, riesce a districarsi da una situazione tremenda proprio manipolando gli stati mentali altrui attraverso un fitto sistema di false credenze”.

La psicologa comunque ricorda che molti libri per bambini contengono prove di false credenze, e sono quindi indicati come letture per promuovere la teoria della mente. Altri esempi: Un sasso nella strada, in cui tutti gli animali protagonisti credono che una certa cosa comparsa all’improvviso in mezzo a una strada sia un sasso, quando invece è una tartaruga (e non finisce qui…), o Dov’è la mia mamma?

3. Fare attenzione alle parole, promuovendo uno stile educativo attento al riconoscimento e alla descrizione degli stati mentali del bambino e di chi lo circonda


“Un aspetto molto importante nella capacità di sviluppo della teoria della mente di un bambino è l’esposizione, in famiglia, a un lessico psicologico ricco e usato in maniera connessa rispetto al bambino stesso, ai suoi desideri e alle sue emozioni” spiega Lecce. Insomma, si tratta di parlare con il bambino dei suoi stati mentali, espandendoli e collegandoli alle esperienze vissute.

Immaginiamo che la famiglia abbia fatto una gita allo zoo. Ecco come potrebbe essere un dialogo sull'esperienza capace di promuovere la teoria della mente:

"Ti ricordi che siamo stati allo zoo? Ti piaceva? A me è piaciuto, pensavo mi facesse paura l'elefante ma poi mi sono molto divertita a osservare i lemuri”.

4. Proporre frequenti esercizi di "decentramento"

Niente di complicato: si tratta solo di invitare il bambino a mettersi nei panni degli altri, sempre stimolando una riflessione sugli stati mentali, e possono essere fatti in varie occasioni quotidiane. Per esempio:
- Il fratellino piccolo piange. Si può dire al bambino: “Vedi? Piange, probabilmente non è felice. Secondo te che cosa vuole? Forse piange perché vuole andare fuori, o perché gli hai preso il gioco? Proviamo a dargli questo altro gioco e a vedere come va?”
- Il regalo per il compleanno di un compagno. Si può cheidere al bambino: "Secondo te che cosa gli potrebbe piacere? Pensi che questo gioco lo annoierebbe o che potrebbe farlo felice?”
- Quando ci sono altri bambini e per esempio si offre una merenda, o si decide un gioco. Si può chiedere a ciascun bambino cosa gli piace, cosa preferisce. “Questo esercizio ha un grande valore etico - conclude Lecce - perché promuove il riconoscimento dell’individuo e l’accettazione della diversità”.

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