Cos’è l’arteterapia e che applicazioni può avere
Nell'ambito della prevenzione e del trattamento di difficoltà sociali, di apprendimento e psico corporee, la pratica dell'Arteterapia Clinica viene spesso suggerita e impiegata nella scuola di ogni ordine e grado, oltre che con gli insegnanti e con i genitori. L'approccio alle difficoltà e al disagio esistenziale dei bambini e dei giovani, infatti, può risultare più facile e il trattamento molto più efficace quando vengono impiegati strumenti espressivi e creativi. Ma in cosa consiste l'Arteterapia? È necessario avere competenze artistiche per approcciarvisi? Lo chiediamo a Paola Pezzenati, Arteterapeuta e Docente di Lyceum Academy di Milano.
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Cos’è l’Arteterapia
Nel mondo greco e romano era convinzione diffusa che l'uso delle differenti forme d'arte potesse favorire lo sblocco di emozioni represse e il ritorno ad una vita emotiva più equilibrata. Tale idea non ha fatto che rafforzarsi nei secoli: «Quando fai emergere sotto forma di prodotto artistico vissuti personali - spiega l'esperta - ti ritrovi di fronte a un'immagine interiore che è divenuta esteriore e visibile: ciò ti aiuta a rielaborarla. L'atto stesso poi di mettere in forma qualcosa, manipolando un qualunque materiale, mima in linguaggio non verbale conflitti, tensioni o abilità: l'opera artistica finale, così, attraverso il fare, risulta spesso più consapevole di quanto la persona stessa sentiva e sarebbe riuscita a esprimere. Se nella psicoterapia si parte dalla testa, qua al contrario si parte dalla "pancia" e dal mondo inconscio e inconsapevole».
Storia dell’Arteterapia
Già dal Rinascimento per molti artisti le proprie opere erano strumenti terapeutici per esprimere il proprio mondo sofferente ed alienato e salvarsi dalla follia. È però con lo sviluppo delle istituzioni psichiatriche, nella seconda metà dell'Ottocento, che i medici notarono quanto l'espressione artistica giovasse ai pazienti: «Gli stessi psicoanalisti Sigmund Freud e Carl Gustav Jung contribuirono alla diffusione dell'arte con funzione terapeutica, ma lo sguardo in quegli anni era orientato solo all'analisi diagnostica, estetica e stilistica dei lavori».
L'Arteterapia vera e propria, che fa del processo artistico un'esperienza terapeutica di per sé, nacque solo nel secondo dopoguerra grazie alle austriache di origine ebraica Edith Kramer (1916-2014) e Friedl Dicker Brandeis (1898-1944). Quest'ultima lavorò sui traumi dei bambini del ghetto di Praga e del campo di transito di Terezin prima di morire ad Auschwitz e l'allieva, rifugiatasi negli Stati Uniti e completati gli studi in psicologia, elaborò una precisa linea metodologica chiamata "Arte come Terapia".
Casi di applicazione dell’Arteterapia
«L'Arteterapia è adatta a bambini, adolescenti, adulti e anziani senza alcuna preparazione artistica e interviene in termini non verbali sulle problematiche e sulle situazioni esistenziali della persona, lavorando anche solo a livello emotivo». È applicabile ai seguenti scopi:
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Preventivi. Rivolta a soggetti senza patologie al semplice scopo di aumentarne l'equilibrio e il benessere o prevenire qualunque forma di disagio psicosociale come quello adolescenziale.
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Socio-educativi/psicopedagogici. Per lo sviluppo di competenze emotive e relazionali fin dalla scuola dell'infanzia, per supportare i bisogni evolutivi di bambini e adolescenti.
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Terapeutici. Con funzione riabilitativa e psicoterapeutica, l'Arteterapia è indicata in tutte le situazioni in cui una terapia verbale non è ottimale, come in caso di deficit mentale, demenza o psicosi. È utile per la rielaborazione di situazioni oncologiche, lutti e abbandoni e per disagi psichici o dipendenze; o anche per gli stessi caregiver. Oppure può affiancarsi e integrarsi a una terapia psicologica classica.
Come funziona l’Arteterapia Clinica
Il particolare metodo dell'Arteterapia Clinica si rifà alle intuizioni della Kramer: «Il nostro focus è sul processo creativo e non solo sull'opera realizzata. Nell'atto creativo vengono mobilitate fantasie ed energie, attivate capacità e risorse, evidenziate modalità di funzionamento e strategie adattive, magari di fronte alla difficoltà data dalla scelta o dalla manipolazione di uno specifico materiale e delle sue caratteristiche intrinseche. Il doppio livello pratico e simbolico va di pari passo, perché non solo l'opera che stiamo creando ma anche le prassi adottate dicono qualcosa di noi, oltre che promuovere un senso di autostima e autoefficacia».
L'arte diventa così uno strumento di consapevolezza e conoscenza di sé: «Il nostro corpo, attraverso sensazioni visive e tattili implicate nel lavoro artistico, esprime in modo più autentico della parola stessa il nostro mondo interiore: "pancia", cuore e testa viaggiano insieme, e così questo metodo aiuta molto sia chi è molto razionale o viceversa chi fatica a mentalizzare».
Come si svolge una sessione di Arteterapia Clinica
Un incontro di Arteterapia Clinica può durare anche più di un'ora ed essere individuale o di gruppo: «Il gruppo è una risorsa in più perché si osservano anche le interazioni tra i partecipanti e dinamiche come leader-gregario. Spesso i bambini lavorano addirittura insieme alla stessa opera». Lo svolgimento è il seguente:
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Setting. L'Atelier è uno spazio accogliente e protetto, pensato e preparato per essere neutro senza stimoli come quadri o musica. «Il contesto richiama l'atteggiamento del terapeuta che è innanzitutto una guida sicura e senza giudizio con cui il partecipante instaura una relazione simile a quella con il caregiver primario. Non offre stimoli e si limita solo a rispondere a richieste di aiuto o consiglio».
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Presentazione dei materiali. Ai partecipanti non si propone né un tema né una tecnica, ma si presenta una tavola imbandita con gli strumenti:
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Tele, fogli e cartoncini colorati e non.
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Materiali di controllo. Matite, pennarelli, pastelli poco sfumabili: «Si chiamano "di controllo" perché sono meno fluidi e difficili da gestire, vengono scelti prevalentemente quando una persone è agitata o vuole mantenere una certa precisione e controllo nella definizione dei dettagli. Riempire gli spazi con un pennarello ad esempio può essere un gesto autoregolatore».
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Materiali espressivi. Tempere acriliche e non, acquerelli, creta, materiali di recupero e ritagli: «Sono materiali che permettono gesti fluidi e maggiori possibilità di sfumatura e, nel caso della creta, possono anche avere una funzione regressiva: si possono tagliare e incollare, impastare, sbattere, spezzare.
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Riordino. Rimettere a posto il proprio spazio dopo il caos creativo ha un forte significato simbolico di ritorno all'ordine interiore.
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Verbalizzazione finale. C'è poi un momento finale, facoltativo, della verbalizzazione in cui chi vuole commenta la sua opera e come si è sentito durante la sua realizzazione. «Non diamo mai delle interpretazioni delle opere, perché noi osserviamo solo la persona mentre fa il lavoro, a ciò che fa quando lo produce. L'opera finale può diventare oggetto di confronto attraverso l'uso della metafora artistica, per far emergere possibili contenuti o riflessioni se il partecipante apre il dialogo».
Come diventare Arteterapeuti
L'Arteterapeuta è un professionista che rientra nella Legge 4/2013 e svolge la propria attività in ambito socio-educativo e sanitario pubblico o privato (CSE Centri Socio Educativi, RSA Residenze Socio Assistenziali, CPS Centri Psicosociali, NOA Nuclei Operativi Alcologia, SERT Servizi Tossicodipendenza, UONPIA Unità Operative di Neuropsichiatria per l'Infanzia e l'Adolescenza, Centri di Salute Mentale, Scuole). In Italia èAPIArT (Associazione Professionale Italiana Arteterapeuti) a riconoscere e abilitare le diverse scuole, tra cui la Formazione Triennale in Arteterapia Clinica il cui diploma permette di iscriversi al Registro Professionale Nazionale. Al corso, composto da 1600 ore di formazione e tirocini, possono accedere laureati triennali (Psicologia, Scienze dell'Educazione, Beni Culturali, Architettura, Lettere ad indirizzo artistico o settore Socio-Sanitario) o diplomati in Accademia di Belle Arti.