Autostima nei bambini: le frasi da NON dire mai
Capita a tutti i genitori di dire una frase fuori posto, magari in un momento di stanchezza o perché presi dalla fretta. Ci possono sembrare sentenze innocue, dette così, senza pensare o figlie della rabbia. Non dobbiamo però sottovalutare l'impatto che possono avere sui bambini, soprattutto se non rimangono episodi isolati ma tendiamo a reiterarle spesso.
In gioco c'è la loro autostima, che nei primi anni di vita fa i conti con un mondo in gran parte sconosciuto e che può fare paura. Ecco secondo Laura Mazzarelli, pedagogista, insegnante di scuola dell'infanzia e co-autrice insieme ad Alli Beltrame del libro "Invece di dire… Prova a dire. Le parole per educare i bambini con amorevole fermezza" (Mondadori, 2019). 5 frasi che sarebbe meglio evitare di dire ai nostri figli.
“Non fare la femminuccia”
«Dire a un bambino, maschio o femmina che sia, "Non fare la femminuccia" è più problematico di quanto sembri» dice la Mazzarelli. «Questa frase collega una caratteristica a una categoria, al genere femminile, e lo fa con un pizzico di disprezzo. Dice a nostra figlia che non è forte, che è sbagliata per essere quella che è, una femmina. E a un maschietto dice che il maschio deve essere forte e non può piangere, che i maschi veri questa cosa non la fanno. Così facendo mettete in dubbio la loro identità - perché in quel momento loro sentono di aver bisogno di piangere - e in più passate il concetto che sia meglio non esternare le proprie emozioni».
Attento che cadi!
La frase "Attento che cadi" esprime fondamentalmente la nostra ansia: «Così dicendo riversiamo su nostro figlio queste paure e uno stato di allarme che lo blocca, lo frena dall'esplorare il mondo attorno. In più, il rimando è che ci fidiamo poco di lui».
Di fronte a un potenziale pericolo, meglio dire: «Usa bene il tuo equilibrio, secondo me ce la fai» oppure «Vuoi usare le forbici? Va bene, senti come punge la punta».
E come esprimersi quindi? «Bisogna puntare sulla loro competenza, avvertirli in maniera positiva dei rischi che comportano certe azioni ma poi avere fiducia che possano stare attenti e portare a termine l'operazione».
Smettila di gridare!
Quando un bambino reclama attenzioni, spesso è perché non si sente ascoltato e capito: «"Smettila di gridare" esprime invece un ulteriore rifiuto: per questo non risolve mai il problema». Questa frase ci scappa spesso quando i nostri figli chiedono insistentemente di essere guardati in un momento poco opportuno, magari quando stiamo dando attenzione a un'altra persona: «I bambini sotto una certa età non hanno il senso del tempo, per cui non è che non vogliono aspettare, non sanno proprio farlo. Un trucco può essere invece dire così: "Sto parlando con una persona molto amica, ti chiedo un favore grande: fai qui un disegno per me e poi lo guardiamo. Grazie"».
Con questa frase diamo fiducia al bambino, lo trattiamo da persona quale è: gli spieghiamo cosa succede, gli diamo un compito per riempire il 'qui e ora', lo ringraziamo.
Sostanzialmento lo tranquillizziamo in merito al legame che abbiamo con lui e che non viene messo in dubbio anche se fisicamente per un po' daremo attenzione a un'altra persona.
E' tardi, muoviti
Se i bambini non hanno il senso del tempo, per loro il ritardo non significa nulla e questa frase gli comunica una sorta di fastidio che i genitori hanno in quel momento nei suoi confronti: «Non capiscono certo che tu sei in ritardo al lavoro, lui ha altri ritmi. E dire "è tardi, muoviti" gli rimanda solo che ti sta facendo arrabbiare per un motivo che non capisce.
In questo caso, date loro una motivazione positiva, legata alla sua quotidianità e che possa comprendere, come "i tuoi amici ti stanno aspettando, vogliono giocare con te"».
Ascoltami quando ti parlo!
I bambini hanno modalità di ascolto che non rispecchiano le nostre aspettative «E non è certo aggredendolo che otteniamo qualcosa: proviamo ad abbassare il tono della voce e a dire "devo dirti una cosa molto importante". Come ogni persona, è più facile predisporre all'ascolto un bambino piuttosto che costringerlo».
In generale, dunque, è l'atteggiamento imperativo che il più delle volte non tiene conto della sua autostima: «L'imperativo è il contrario dell'ascolto, di un ascolto profondo dei bisogni e delle sensazioni del nostro bambino. Da una parte possiamo sminuirlo o zittirlo, dall'altro guardarlo - e fare in modo che anche lui stesso si guardi - in tutta la sua autostima».