Binge eating disorder nei bambini: riconoscerlo e intervenire
Il binge eating disorder è un disturbo alimentare che porta chi ne soffre ad abbuffarsi di grandi quantità di cibo in tempi molto rapidi e in maniera incontrollata. Si tratta di un disturbo del comportamento che non va sottovalutato, perché sottende un disagio più complesso, che è importante approfondire. Ne parliamo con la professoressa Anna Ogliari, psicologa clinica, esperta in età evolutiva all'IRCCS Ospedale San Raffaele.
Cos'è il disturbo da Binge eating?
"Il binge eating disorder, o disturbo da alimentazione incontrollata, è un disturbo del comportamento alimentare che può colpire soggetti in età evolutiva ma anche adulta - chiarisce la professionista -. È caratterizzato da episodi ripetuti di fame nervosa, durante i quali il soggetto che ne soffre risponde a delle fatiche emotive o a stimolazioni ambientali con una assunzione di cibo eccessiva sia in termini di quantità sia per il poco tempo in cui avviene l'introduzione di cibo nel corpo. Parliamo di dosi molto più elevate rispetto al fabbisogno e al consumo abituale. Una vera e propria abbuffata in seguito alla quale permane una sensazione di pienezza e di nausea e che avviene in mancanza di controllo: durante l'ingestione del cibo, la persona ha la sensazione di non avere più il "controllo".
Cibo ed emozioni.
E in seguito, viene assalita da un fortissimo senso di colpa, di vergogna, di angoscia, che spesso ha come conseguenza il ritiro sociale. Talvolta le persone che soffrono di binge eating possono fare ricorso a condotte compensative per bilanciare il grande consumo di cibo, ad esempio restrizioni alimentari marcate nelle ore successive, utilizzo di lassativi, vomito autoindotto. Queste condotte compensative però sono rare e si associano più frequentemente alla bulimia, mentre il senso di colpa e di vergogna sono sempre presenti".
Binge eating disorder ed età dello sviluppo
Può questo specifico disturbo manifestarsi nell'età dello sviluppo?
"Sì, di recente lo stiamo riscontrando di frequente anche nei bambini e ragazzini - conferma Ogliari -.
I genitori devono mostrare particolare attenzione anche a cambiamenti nell'umore, alla presenza di tristezza, imbarazzo nello stare con gli altri. Tenendo conto che durante la fase dello sviluppo sono numerosi i fattori che concorrono nella formazione della propria identità e diverse le difficoltà che possono emergere: siamo in un periodo particolarmente delicato".
Quali sono i segnali da cogliere a tavola in chi soffre di binge eating disorder?
"Il primo campanello d'allarme è proprio la gestione incontrollata del cibo. La velocità, la voracità e talvolta l'imbarazzo nel mangiare in compagnia. O al contrario, l'inappetenza. Tuttavia spesso le abbuffate avvengono di nascosto e in solitudine quindi è più facile che il genitore si accorga magari che la dispensa si svuoti rapidamente, che il bambino nasconda cibo in camera o in luoghi non deputati alla conservazione degli alimenti o, nel caso degli adolescenti, ancora che chieda più soldi, cercando altri modi per avere accesso al cibo. Qualche volta chi soffre di binge eating si ritaglia dei momenti appositi nella giornata per consumare cibo: questo aspetto potrebbe essere notato dai genitori che potrebbero trovare anche, oltre al cibo, carte, confezioni o residui alimentari in giro per casa, in luoghi diversi dal solito".
Quali sono le conseguenze di questo disturbo per la salute alimentare?
"Spesso il binge eating si associa a una condizione di sovrappeso, nei casi più gravi di obesità - commenta la specialista del San Raffaele -. Con tutte le conseguenze che queste condizioni patologiche portano con sé. Altrettanto importanti sono le conseguenze sul piano psicologico e sociale causate, come abbiamo detto, dal senso di colpa e di vergogna che questo disturbo scatena. Purtroppo, in questo modo si innesca un circolo vizioso".
Cosa fare se si suppone che il proprio figlio soffra di binge eating disorder?
"Per prima cosa occorre comprendere che si è di fronte ad una patologia da non sottovalutare, non certo a un capriccio. Se vediamo una modificazione del comportamento in questa direzione che inizia a stabilizzarsi nel tempo, e non è dunque frutto di una deviazione momentanea, è necessario chiedere aiuto - conclude Anna Ogliari -.
L'ideale è rivolgersi a una equipe multidisciplinare che possa rispondere alle esigenze fisiche e psichiche del ragazzo, ad esempio un neuropsichiatra esperto in disturbi alimentari associato a un dietista. Se il bambino o ragazzo è ancora seguito dal pediatra e scattano alcuni campanelli d'allarme, può sicuramente essere utile rivolgersi a lui per un consulto, come primo passaggio".
L'intervistata
Anna Ogliari è responsabile del servizio di Psicopatologia dello sviluppo presso il Centro Disturbi del comportamento alimentare di Ospedale San Raffaele Turro.