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Blackout challange: che cos'è e i rischi

di Lorenza Laudi - 21.01.2021 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Si torna a parlare di blackout challenge. Che cosa è e quali sono i rischi per i ragazzini?

In questo articolo

Dopo gli ultimi eventi legati all'attualità, si torna a parlare del blackout challenge, una sfida pericolosa che vede protagonisti bambini e ragazzini alle prese con internet e i social network. Si torna a parlare di questo "gioco" (ma non chiamiamolo così!) proprio oggi: una bambina di 10 anni si è legata la cintura alla gola per partecipare su TikTok a questa sfida. La sfida si è però trasformata in una tragedia.

La bambina non ce l'ha fatta: è in morte cerebrale. Era stata ricoverata in rianimazione all'ospedale "di Cristina" di Palermo, portata dai genitori, in arresto cardiocircolatorio dovuto a un'asfissia prolungata. Il suo cuore si sarebbe fermato per alcuni minuti prima di ricominciare a battere.  

Perché si chiama blackout challenge

Stiamo parlando di "blackout challange" ma in realtà questa sfida è conosciuta con diversi nomi:

  • "blackout game",
  • "choking game",
  • "passing out",
  • "fainting game",
  • "space monkey",
  • "black hole",
  • "flatline game",
  • "gasp game".

e tanti altri.

Letteralmente in italiano si può tradurre come:

  • "sfida dello sfinimento",
  • "gioco dello svenimento",
  • "svenimento",
  • "buco nero",
  • "senza fiato".

In che cosa consiste il blackout game

Questo gioco consiste nel soffocarsi per poco tempo. Una sfida che spinge a privarsi dell'ossigeno per periodi sempre più prolungati e che può essere praticata da soli o in compagnia, usando corde, sciarpe o le braccia di un amico strette attorno al al collo.

Lo scopo è provare il proprio coraggio, ma anche la sensazione di euforia da asfissia

Perché è pericoloso: i rischi

Dopo qualche tempo di mancanza di ossigeno la mente raggiunge uno stato confusionale dovuto all'eccessiva concentrazione di anidride carbonica nel sangue (ipercapnia), il cui esito può essere uno svenimento o la formazione di "visioni", causate da un rallentamento dell'attività cerebrale.

Nei casi peggiori si può arrivare all'arresto cardiocircolatorio dovuto a un'asfissia prolungata, fino alla morte, come successo a Milano nel 2018 al quattordicenne Igor Maj,

 morto soffocato da una corda. Sulla cronologia del suo computer c'era il video: «Cinque sfide pericolosissime per sballarsi senza droga» e una di queste mostrava proprio il chocking game.

La risposta della Croce Rossa Italiana a questo fenomeno

Certi fenomeni  sono lo specchio della solitudine e della mancanza di relazione che i più giovani membri della nostra società stanno vivendo. Una società apparentemente interconnessa ma in realtà alienante e conformista. Alla base della nostra strategia, come Croce Rossa Italiana, ci sono proprio il rafforzamento delle competenze personali, lo sviluppo delle relazioni autentiche tra individui e il miglioramento delle comunità. Una strategia che stiamo costruendo con e per gli adolescenti. Come Giovani CRI, impegnati nel volontariato, partiamo dalle nostre stesse fragilità per intercettare quelle che possono essere le necessità dei nostri coetanei, impegnandoci a proporre esempi positivi per rispondere ai bisogni e alle problematiche di generazioni connesse dalla tecnologia, ma sempre più sole.

Da tempo, quindi, lavoriamo su bullismo e cyberbullismo. Ma questi fenomeni sono diversi: ci spostiamo dalla dinamica 'uno o tanti contro l'altro', passando alla modalità dell' 'uno contro se stesso'. Il bisogno di essere accettato dalla massa (dalla sua 'rete', in questo caso) rappresenta oggi infatti una necessità primaria rispetto al proprio benessere psico-fisico. In linea con la nostra Strategia, affrontiamo tutto questo partendo dall'ascolto, passando poi all'azione. Lo facciamo non solo negli ambienti educativi, come nelle scuole, nelle quali entriamo grazie al protocollo siglato con il MIUR, ma anche all'interno dei nostri stessi Comitati, partendo in primis da noi Giovani volontari. Cerchiamo di essere esempi positivi, perché la vita non è il numero di 'like' ricevuto, ma quello che uno è e fa concretamente, accentando e valorizzando le diversità proprie e degli altri.

Solo partendo dalle passioni e dai sogni e mostrando l'intensità e la bellezza che è dentro ognuno di noi, non avremo più bisogno dell' 'estremo' per sentirci vivi.

Il commento dell'avvocato

Sul caso della bambina di Palermo che ha rischiato la vita per una sorta di gioco/sfida su TikTok interviene l'avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime e Garante per la tutela delle vittime di reato di Regione Lombardia:

«Innanzitutto, mi domando come mai una bambina di dieci anni avesse un profilo o accesso a TikTok, dato che si tratta di un social che, in base alle sue regole, consente l'iscrizione a partire dai 13 anni. Regole però non soggette a controlli particolari, e così basta 'mentire' sull'età e ci si iscrive. Non si vuole capire che i social non sono giocattoli per bambini, ma mondi virtuali in cui, spesso senza i dovuti controlli, vengono caricati video e immagini assolutamente non idonei a menti acerbe che non possono capire né i contenuti né le conseguenze cui vanno incontro partecipando a certe assurde sfide. E i genitori o gli adulti dovrebbero controllare, sempre, sia chi 'seguono' i loro figli, sia i loro followers. Oltre al fatto che servono regole severe che impediscano l'accesso a chi non ha l'età stabilita e che sanzionino in modo efficace chi pubblica e condivide contenuti che istigano alla violenza e all'autolesionismo».

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