Come affrontare la morte di un genitore
"Mamma, dove è andato papà? Non torna più?" è forse la domanda che fa più paura a un genitore. Bisogna però, per quanto sia difficile, avere la forza di rispondervi. Come deve dunque il genitore rimasto in vita affrontare il lutto con il proprio figlio? Lo abbiamo chiesto ad Alessandra Portaluppi, psicologa e psicoterapeuta in formazione presso l'Istituto Italiano di Psicoanalisi di gruppo.
In questo articolo
Genitori, lavorate sul vostro lutto
La perdita di un genitore è un trauma?
Parlate della morte voi per primi ai bambini
Parlare della morte ai bambini: dire la verità
Parlate ai bambini delle vostre emozioni
Metafore, non storielle fantasiose
Genitori, lavorate sul vostro lutto
La morte è un tema doloroso per noi, ma fa parte della vita e, presto o tardi, ne fanno esperienza anche i bambini. «Affrontarla con i bambini - esordisce l'esperta - per un adulto è difficile perché è lui per primo a volerla esorcizzare ed escludere dai discorsi: trattandosi di una tematica molto delicata, spesso ciascuno di noi allontana da sé il pensiero e vive come se non esistesse. Salvo poi rimanerne travolto quando si trova ad affrontare un lutto, e questo né fa bene a noi stessi né ci rende in grado di accompagnare anche i più piccoli in questo passaggio faticoso».
Non temete le emozioni negative
«L'istinto di proteggere i bambini e la loro innocenza dalle emozioni negative deriva molto più dalla nostra paura della tristezza: loro la sanno gestire con più naturalezza di noi, se proviamo a spiegarla». E se non è mai un bene nascondere ai propri figli che la vita ha una fine, risulta addirittura impossibile quando a lasciarci non è il nonno o un lontano parente, ma un genitore la cui presenza era costante nella quotidianità nostra e del bambino e che improvvisamente non c'è più.
La perdita di un genitore è un trauma?
«Un trauma è una rottura tra un prima e un dopo, e questo è ciò che avviene quando un figlio perde un genitore: la vita si modifica, cambia. E lo fa anche per i bambini sotto i 3 anni, che afferrando solo il concetto di tempo ciclico non comprendono come una persona possa scomparire per sempre.
Il bambino va dunque accompagnato dall'adulto nel lutto, in modo paziente e rispettoso dei suoi tempi, lasciandolo libero di esprimere la tempesta emotiva che lo travolge».
Non lasciatelo solo
Il genitore superstite deve elaborare anche il proprio lutto e potrebbe avere bisogno dei suoi spazi, ma deve anche essere consapevole di essere «l'ambiente del bambino ovvero, secondo lo psicoanalista britannico Wilfred Bion, il contenitore in cui il bambino è inserito e che deve rispondere alla sua esigenza aiutandolo a elaborare quanto accaduto. L'esperienza di perdita va riconosciuta, dandole parole e ascolto, condividendo il dolore senza lasciarlo da solo. Una cosa che si può dire e pensare, fa meno paura».
La paura di rimanere solo
Considerate poi che quando non è una persona anziana ad andarsene, ma un genitore magari all'improvviso, i bambini scoprono che anche i più giovani possono morire: «possono quindi sviluppare la paura di rimanere soli - perché potrebbero perdere anche il secondo genitore - e anche, verso gli 11-12 anni, anche temere di poter morire anche loro stessi».
Parlate della morte voi per primi ai bambini
Gli avvenimenti spiacevoli come una malattia, una separazione o la morte vengono però spesso taciute ai bambini più per l'incapacità degli adulti di accettare queste cose che non per la reale capacità dei più piccoli di capirle e sostenerle.
Non aspettate le loro domande
«È l'adulto che si trova in difficoltà a parlare con i bambini, non viceversa. I bambini infatti sono più realistici e concreti rispetto a noi e, anche quando non chiedono, spesso non lo fanno perché avvertono che noi saremmo in difficoltà nel dare risposte. I bambini percepiscono i non detti dei genitori e, in qualche modo, li rispettano pur avendo loro bisogno di capire». Su un tema così delicato non aspettate dunque le loro domande, ma apritevi voi per primi.
Non fatelo sentire in colpa
Apritevi piuttosto anche verbalizzando che per voi è difficile parlarne, ma fatelo: «Se invece non parlate con lui o evitate qualsiasi discorso in merito alla morte del vostro compagno e del suo genitore, penserà che ce l'abbiate con lui per qualche motivo, se non addirittura che sia colpa sua».
Parlare della morte ai bambini: dire la verità
I bambini percepiscono le cose più per rispecchiamento emotivo che tramite le parole: se ad esempio dite a vostro figlio che siete felici ma avete il volto triste, noteranno l'incoerenza e daranno più importanza alla vostra espressione.
Non siate evasivi
Questa capacità di andare oltre alle parole ci fa capire quanto sia controproducente mentire loro o dire frasi come "Lo capirai quando sarai grande" o "Non posso spiegartelo adesso, è una cosa complicata": «Difficilmente contesteranno che state mentendo, ma accetteranno passivamente la bugia pur intuendo che la verità è un'altra. Però poi la prossima volta non torneranno a chiedere a voi e saranno più restii a dare voce a ciò che sentono: avrete perso la loro fiducia». Dire "è partito per un lungo viaggio" o "sta dormendo" poi li confonde e suscita in loro pensieri non realistici e paure come "perché non torna, non mi vuole più bene?" oppure "non voglio dormire, perché potrei non svegliarmi più".
Parlate ai bambini delle vostre emozioni
Nessuno di noi comprende fino in fondo la morte, ma bisogna essere il più possibile sinceri con i bambini, soprattutto rispetto a ciò che sentiamo: «È il modo migliore per aiutarli ad esternare e non reprimere anche la loro di tristezza. Piangere va bene, essere tristi va bene, anche arrabbiati».
Non temete di farvi vedere tristi
Da questo punto di vista attenzione a chi vi raccomanda contegno: «dovete vivere tutto il vostro dolore, se invece tentate di reprimerlo, oltre che esercitare una forma di menzogna, il rischio è che il bambino si senta sbagliato a provare qualcosa di diverso o più intenso».
Emozioni, non teorie sull’aldilà
Accogliamo e condividiamo con loro le emozioni dunque, sapendo che le spiegazioni che chiedono i bambini sono molto concrete: «Vogliono sapere se il genitore sta bene e dove sia, non le vostre teorie sull'aldilà e quindi come questo modifichi la vostra visione della morte: sul piano esistenziale le emozioni di fronte alla morte non sono diverse per chi crede o per chi no. Quello di cui hanno bisogno è chiarezza nelle cose fondamentali e una speranza rispetto a un legame che continua: che il genitore non è più qua con loro, che questa cosa è dolorosa, ma anche che la vita continua e che il caro defunto sarà sempre con noi in modo diverso nei nostri ricordi. E questo legame può esistere anche se, per esempio, noi siamo convinti che dopo la morte non ci sia nulla».
Metafore, non storielle fantasiose
Ma che mezzi si possono utilizzare per parlare con i più piccoli? «Le fiabe possono essere strumenti di semplice comprensione ma portatori di messaggi non banali, che rendono la realtà più comprensibile e tollerabile. Talvolta succede che, dopo il racconto della fiaba, il bambino esclami "proprio come è successo a me"; ma questo lavoro aiuta anche il genitore a elaborare il suo lutto».
Dov’è il lieto fine
Le favole non devono mentire, nel senso che «anche il "lieto fine" non è un miracolo irrealistico: non cambia il fatto che la mamma o il papà sono morti e non torneranno più in questa vita, ma piuttosto che essi rimarranno una presenza costante nella vita del piccolo per proteggerlo, nonostante lui non possa toccarli, vederli o sentirne l'odore». Per evitare l'equivoco che il caro scomparso possa tornare, non è consigliabile raccontare che torni tutte le notti a trovarlo fisicamente, come un Babbo Natale che torna e lascia tracce concrete in casa: «Questo è un personaggio che vive nell'immaginario del bambino, il papà o la mamma sono reali».
Perché come dice Chiara Gamberale nella favola "Qualcosa" (Longanesi, 2017), «La perdita del genitore crea nel bambino un "buco nel cuore"».
LIBRI UTILI. Alcuni libri per bambini e per i genitori su questo tema sono:
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Piumini R., "Mattia e il nonno" (Einaudi, 1993)
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Benji Davies, "L'isola del nonno" (EDT Giralangolo, 2016)
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Dolto F., "I problemi dei bambini e l'adulto sordo" (Mondadori, 1987)
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De Gregorio C., "Così è la vita. Imparare a dirsi addio" (Einaudi, 2016)
Portare un bambino al funerale e al cimitero
I bambini possono e devono affrontare le esperienze dolorose: «Accudire un animale ammalato e poi seppellirlo è un modo per crescere ed elaborare poi lutti più importanti, così come è ormai sconsigliato non portare i bambini a visitare i propri cari in ospedale. Anzi, i riti che accompagnano la morte aiutano a separarsi dalla persona che viene a mancare: il funerale e la visita al cimitero sono dunque esperienze di vita che mettono in contatto in maniera concreta con la morte e con il ricordo della persona amata. La tomba poi è anche un luogo fisico dove andare a trovare il genitore, lasciargli un regalo, continuare ad alimentare quel legame diventato più impalpabile ma non meno forte».
Come festeggiare il compleanno del genitore scomparso
Ha senso continuare a festeggiare la festa del papà o della mamma o il compleanno del genitore defunto? «Continuare a festeggiare il compleanno è un modo per aiutare il bambino a sentire la perdita in modo diverso, una giornata in cui il bambino sperimenta che la gioia della festa, della torta e magari anche di un regalo si può mischiare alla nostalgia e alla tristezza. Molte insegnanti a scuola decidono di non fare i lavoretti per le feste del papà o della mamma madre per non mettere in imbarazzo l'alunno che è orfano di padre o di che ha perso un genitore.
Ma in realtà è un'altra occasione di alimentare il suo ricordo e - perché no - il bambino potrebbe poi portare quel regalo al cimitero».
L'intervistata
Alessandra Portaluppi è psicologa e psicoterapeuta in formazione presso l'Istituto Italiano di Psicoanalisi di gruppo.