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Come aiutare i bambini ad emanciparsi dai genitori?

di Stefano Padoan - 13.06.2022 - Scrivici

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Come aiutare i bambini ad emanciparsi dai genitori? Lo psicologo ci spiega le tappe del processo di separazione e come aiutare i nostri figli ad intraprenderlo

In questo articolo

Come aiutare i bambini ad emanciparsi dai genitori?

Il processo di crescita di ogni essere umano tende verso l'acquisizione della capacità di stare nel mondo in modo consapevole e indipendente. Non a caso rendersi via via più autonomo nella cura di sé e nello svolgimento delle attività quotidiane è il principale compito evolutivo di un bambino, così come quello di un adolescente è la successiva individuazione ed emancipazione dalle figure genitoriali. Come gli adulti di riferimento possono favorire questi processi? Ce ne parla Luca Massironi, psicologo dell'età evolutiva.

Emancipazione: significato

Pur non trattandosi di un termine corretto scientificamente per descrivere lo sviluppo di un giovane, l'etimologia della parola ci aiuta a inquadrare l'argomento: «Il termine deriva dal latino "mancipium" e indicava proprio il momento in cui un figlio guadagnava l'estinzione della patria potestà - spiega l'esperto - passava insomma dall'essere una proprietà del padre a un uomo libero. La parola è composta da "manus" (mano) e "capere" (prendere) e in questo senso può richiamare da una parte all'idea di prendere in mano la propria vita, dall'altra al momento da cui non si ha più bisogno di essere accompagnati per mano nel mondo». Il processo di emancipazione, dunque, accompagna un bambino nel corso di tutto il suo sviluppo ed è imprescindibile per formare un adulto in grado di muoversi nel mondo.

Emancipazione e autonomia: sinonimi?

Il concetto di emancipazione, in linguaggio più specifico, può essere diviso in due aspetti di cui l'autonomia rappresenta solo la prima dimensione. Il percorso di autonomia, di cui ogni fase di vita ha un pezzo da svolgere, è un processo trasversale allo sviluppo. «Dal grembo materno a quando viene tenuto in braccio, fino ai primi movimenti autonomi e i primi passi per mano: per un neonato ognuna di queste fasi presuppone un lento e graduale prendere le distanze dall'adulto.

Così come lo sviluppo del linguaggio, che rende il bambino non più dipendente dall'interpretazione dei suoi bisogni da parte del genitore». La conquista di nuove autonomie però prosegue per tutto il ciclo scolastico ed è favorito da un approccio detto "Scaffolding": «L'impalcatura iniziale dell'adulto che avvolge totalmente un neonato, esattamente come un edificio che ancora non sta su da solo, dovrebbe smantellarsi man mano che il bambino cresce e riesce a gestire sempre più aspetti della sua vita».

Il processo di separazione e individuazione

Il secondo aspetto, più associabile al significato di emancipazione, è il processo di separazione, che inizia in età preadolescenziale quando i ragazzi e le ragazze cominciano ad allontanarsi dalle figure adulte di riferimento anche sotto il profilo simbolico: «Rispetto all'acquisizione di nuove autonomie, che comunque prosegue, questo è un compito evolutivo diverso: si esce dallo spazio familiare e ci si approccia a quello extrafamiliare, prendendo le distanze dai genitori fisici ma anche interiori. Inizia il grande lavoro di identificazione, sia fisica che psichica, che proseguirà per tutta l'adolescenza». Il processo separativo però presuppone anche un aspetto culturale e materiale: «Una volta la società non richiedeva i lunghi tempi di formazione di oggi, e così una persona a 18 anni aveva una certa sicurezza economica e poteva dirsi pienamente emancipata. Oggi non è più così: stare in casa con i genitori è un elemento che sicuramente non conclude il processo di separazione, che oggi si protrae fino a quando si è giovani adulti».

Tappe del processo di separazione

Il percorso di distacco dai genitori segue fasi abbastanza definite:

  1. Migliore amico o amica. I ragazzi e le ragazze iniziano a individuare dei nuovi oggetti d'amore con cui avere vicinanza e intimità e con cui si crea un rapporto di fiducia.

    «Confidarsi con loro e non più con i genitori - che iniziano ad essere visti come distanti da alcune esperienze del giovane - così come avere dei segreti (che non vuol dire nascondere le cose o mentire ai genitori) è positivo sintomo di cambiamento».

  2. Gruppo di amici. «L'apertura al mondo si allarga poi alla scelta del gruppo di amici, qualcosa che prima era più prerogativa dei genitori in base alle loro amicizie o agli ambienti che decidevano di far frequentare ai figli». Inizialmente il gruppo è monogenere, poi diventa un gruppo misto.

  3. Primi innamoramenti. Un passaggio importante che ancora di più riversa l'affetto personale al di fuori del nucleo familiare di origine.

  4. Prime coppie. La creazione di un nucleo di appartenenza stabile segna una separazione emotiva quasi completa: «Non si tratta dell'illusione del giovane di non aver più bisogno di cura e di potersela cavare da solo, ma nella consapevolezza che ora la cura si manifesta in una relazione che, rispetto a quella con i genitori, ha un tipo diverso di reciprocità».

Come aiutare un bambino ad emanciparsi

Dal punto di vista educativo, nel processo di emancipazione ci sono due attori, i ragazzi e i genitori: entrambi devono essere sicuri a sufficienza di intraprendere questo percorso e spesso le fatiche maggiori sono da parte dei genitori.

  1. Vostro figlio è una persona diversa da voi. Sembra banale, ma in realtà molti genitori percepiscono i figli in modo estremamente proiettivo, ricercando un rapporto eccessivamente invischiato e troppo ravvicinato: «Ciò inibisce la separazione. Finché i genitori vedono i comportamenti dei propri figli come effetto della propria condotta e non come scelte autonome da parte loro, si sentiranno sempre legittimati a intervenire e a sostituirsi a loro. E inoltre vivranno con ansia eventuali comportamenti a rischio come segnali di fallimento personale e non il momento fondamentale nel quale stare accanto a loro».

  2. Dialogo e non controllo. La difficoltà a distinguere che il proprio figlio è un individuo "altro da sé" fa sì che il genitore non colga di doverlo conoscere e di avere bisogno di tempo, attenzione e ascolto per farlo: «Conoscerlo non vuol dire sapere tutto di lui, controllarlo, preoccuparsi se "non vi dice tutto", utilizzare lo smartphone come strumento di monitoraggio a distanza; vuol dire approcciarsi a lui con il tratto della curiosità e pronti alla scoperta anche di aspetti che non si vorrebbe vedere, verso i quali avere affetto e accettazione. In "Luca", film Disney del 2021, la scoperta del protagonista di essere diverso viene molto ostacolata da dei genitori preoccupati e fonti di ansia».

  3. Date loro spazio. Rinunciare al ruolo di regista della vita del figlio implica lasciarli andare dando sempre la possibilità di un rientro sicuro. «L'esperienza evolutiva la si favorisce non stando sempre accanto a loro, ma pronti a sorreggerli negli eventuali momenti di fatica: i ragazzi sanno chiedere quando hanno bisogno. Anche il registro elettronico priva i ragazzi dell'occasione di prendere l'iniziativa: i genitori vengono già informati di voti e note scolastiche e così ai ragazzi non è più richiesto di trovare le parole per dirlo a casa. Concedete loro anche spazi di solitudine, non proteggeteli sempre da questo perché poi, nella vita adulta, non potrete aiutarli e non saranno in grado di sostenere la solitudine».

  4. Non siate genitori estintori. Essere un buon genitore non vuol dire "estinguere" ogni tipo di sofferenza che sperimenta mio figlio. «Senza sofferenza non si cresce, e i genitori che vogliono spegnere subito la sofferenza dei figli non li aiutano. Il modo corretto per sostenere la crescita dei ragazzi e delle ragazze è fornire comprensione e supporto davanti alle fatiche evolutive.

    Può capitare talvolta che si possano osservare dei comportamenti di tipo regressivo (ossia condotte che erano tipiche delle fasi evolutive precedenti e ormai superate che si ripresentano in un secondo momento): questi indicano che il ragazzo o la ragazza sta un po' faticando nel suo cammino e ha bisogno di fermarsi un attimo e tornare magari un po' indietro. D'altronde non è semplice spiccare il volo, bisogna però affiancare il percorso dei giovani nella ripresa della crescita e ricordare loro che se ci si imbatte in una difficoltà è perché ci si è andati incontro e non la si sta schivando».

L'intervistato

Luca Massironi è psicologo dell'età evolutiva presso Anagramma Psicologi, Centro Polispecialistico che conta più di 30 professionisti. Tra i servizi psicologici, oltre all'attività clinica in studio il Centro ha vari progetti sul territorio proponendo interventi di prevenzione, di promozione del benessere psicologico e di ascolto mediante sportelli nelle scuole e nei municipi di Milano.

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