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Come crescere figli emotivamente competenti

di Stefano Padoan - 15.09.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Le emozioni sono educabili? Ecco come si può fare a casa e in classe e come crescere figli emotivamente competenti. I consigli del pedagogista Davide Antognazza

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Come crescere figli emotivamente competenti

Si parla sempre più frequentemente di educazione emotiva dei bambini, eppure è ancora difficile applicarla con strumenti e consigli pratici. Eppure le neuroscienze dovrebbero venirci in aiuto: Davide Antognazza, pedagogista e ricercatore sull'educazione socio-emotiva e sulle life skills formatosi a Yale e ad Harvard, consiglia a genitori e insegnanti come crescere bambini emotivamente competenti a scuola e a casa.

Le emozioni sono educabili?

Tutti gli esseri umani sperimentano la propria vita emotiva e le emozioni sono le stesse per tutti: «Essendo dunque un'esperienza condivisa, con un terreno comune, le emozioni sono educabili» conferma l'esperto. «Questa idea intuitiva è supportata anche dalle neuroscienze, che dimostrano che alcune parti del nostro cervello sono principalmente deputate alla reazione emotiva e lavorano in collaborazione con la parte cognitiva. Se per secoli ci siamo distinti dagli altri esseri viventi descrivendoci come esseri principalmente razionali e in grado anche di sentire, sarebbe più corretto dire che siamo esseri innanzitutto senzienti che in più sanno anche ragionare».

Perché è importante educare le emozioni

Una società deve allenare anche questa parte umana perché le emozioni esistono e non possiamo prescindervi: «Prima di tutto, il mondo delle emozioni semplicemente esiste nei nostri bambini; e poi il sentire ha a che fare con i comportamenti e la vita concreta. Se non ti occupi delle emozioni, loro in ogni caso si occupano di te: permeano il nostro agire, ci abbiamo a che fare ogni giorno». Ma di fronte a un'emozione, che non è toccabile, cosa posso fare? «Fino a 20 anni fa si associava ciò che è intangibile all'irrazionalità. Nella società della logica, il pensiero deve dominare e controllare. Tuttora molti pensano che le emozioni debbano essere messe da parte nei processi decisionali, ma scelte come che lavoro fare, che persona volere al proprio fianco o dove andare a vivere hanno una grossa componente emotiva; nemmeno gli acquisti o la gestione del denaro.

Le checklist e i pro e contro lasciano il tempo che trovano».

Emozioni: cosa fa la scuola oggi e in che direzione dovrebbe cambiare

Le emozioni ci sono anche in classe, naturalmente. Sia perché è un luogo di relazioni umane, sia perché argomenti trattati, compiti e verifiche suscitano eccitazione, ansia, delusione: «La scuola è ancora orientata principalmente alla performance e allo sviluppo delle competenze cognitive più che emotive, ma è ormai consapevolezza generale che il mondo emotivo influenzi l'apprendimento. Se una materia piace o un docente è coinvolgente, i ragazzi stanno attenti proprio grazie a un aggancio emotivo e non alla loro capacità di adempiere a un dovere. A partire da ciò l'attenzione verso Soft skills e transversal skills è in forte aumento e questo sta portando a rivedere l'organizzazione delle lezioni, perché affrontare il sentire degli alunni richiede tempo».

Consigli di educazione emotiva per genitori e insegnanti

  1. Date un nome a ciò che provate. La prima cosa con i bambini è aiutarli a riconoscere ciò che provano, partendo dal presupposto che le emozioni non sono invisibili: «Avviene sempre un cambiamento: di espressione, di postura, di tono della voce. Per parlare di qualcosa devo dargli una definizione e questo è il primo passo per lavorare di pari passo su tre fronti: saper fare, saper essere e saper sentire. Interrogarsi su cosa si sta provando e perché aiuta a rendersi consapevoli di come si funziona, di come ci si relaziona con il mondo e che alcuni meccanismi sono costitutivi di sé. Se mi conosco, cerco di fare le cose che mi fanno stare meglio».

  2. Accogliete l'emozione, educate il comportamento. Tutte le emozioni sono accettabili: sono il prodotto della nostra evoluzione e anche le più brutte (come la paura) sono utili all'uomo. Non tutti i comportamenti però sono accettabili: anche la reazione più istintiva è un atto tangibile orientato da un'emozione.

    «Non possiamo dire a un bambino "non ti arrabbiare" o "non essere triste": sta già provando quell'emozione e non c'è nulla di male. Certo ha senso non voler provare le sensazioni più negative, ma è impossibile che non capitino mai. Fate capire a vostro figlio che essere sballottati emotivamente non è un problema, lo è se quello stato dura giorni e le emozioni (a volte frutto di valutazioni veloci e per questo grossolane e non precise) diventano pensieri e idee strutturate».

  3. Trovate i momenti giusti. Nel momento di una grossa manifestazione emotiva limitatevi ad accettare e contenere, il bambino non è pronto a rielaborare ciò che gli sta succedendo. «Quando la spinta emotiva si placa, tornate sul tema: "Cosa è successo, come sei stato?"; "Come la chiamiamo questa cosa?"; "Dove ti ha portato la tua reazione?"; "Come si sono sentite secondo te le persone attorno?". Oppure, se l'emozione è altrui, chiedete a vostro figlio: "Ti sei accorto che era triste?". Riconoscere la situazione è iniziare ad affrontare ciò che siamo. Non create dei momenti forzati, ma trovate spazi nel flusso della giornata: non è detto che i momenti maggiormente educativi siano quelli più eclatanti o "solenni"».

  4. Sintonizzatevi con la classe. Prima di iniziare la lezione, dedicate qualche minuto a connettervi con il mood della classe: «Partire in quarta con i paraocchi, se la classe è agitata o distratta, è controproducente. Meglio chiedere loro come stanno, magari ogni tanto facendoglielo scrivere su un post it. Non solo è un momento di apprendimento puro e fornisce a voi informazioni utili sugli alunni, ma trasmette loro che anche l'altro sta provando qualcosa: lo sviluppo dell'empatia parte da qui».

  5. No all'ora di educazione emotiva. «Consiglio l'ora di educazione emotiva al massimo alla scuola dell'infanzia.

    Poi il discorso sulle emozioni dovrebbe permeare la vita famigliare e scolastica: la letteratura, la storia hanno degli aspetti emotivi (pensiamo alle poesie o al morale delle truppe in guerra), l'ansia prima di una verifica di matematica può essere un ottimo pretesto di discussione». Se genitori, insegnanti, educatori e psicologi scolastici affrontassero i temi del sentire, sia con chiacchierate individuali sia con momenti meno strutturati, i ragazzi vedranno come naturale parlare delle loro emozioni: «Si tratta di dedicarvi più tempo possibile e offrire più occasioni da più lati possibile. Poi il lavoro lo deve fare il ragazzo».

L'intervistato

Davide Antognazza è pedagogista formatosi in psicologia cognitiva alla Yale University e in seguito alla Harvard University, presso la Graduate School of Education. Oggi è docente ricercatore senior presso il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI di Locarno e docente della Scuola Francesco Berto. Per le Edizioni La Meridiana ha scritto 'Crescere emotivamente competenti' (2017), 'Dentro l'aula' (2020), 'Evermind. Educare all'attenzione e alla concentrazione' (2021) e ha tenuto i 3 webinar del Ciclo 'In principio c'è la E'.

 

 

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